La sopravvivenza all'orrore della deportazione contiene un prezioso insegnamento per un mondo che non sa più sopportare il dolore.
Invece è dimostrato che inculcare l'orrore della guerra non serve proprio a nulla.
Se la gente continuerà a farsi irretire dal demagogo di turno, non c'è speranza.
1. ENRICO VANZINI
CONTRO LA GUERRA
UNA SALA STRACOLMA AD ASCOLTARLO
Siamo intossicati da una comunicazione enfatica e seduttiva, dalle cui insidie siamo allenati a proteggerci con
lo scetticismo.
Il racconto di Enrico Vanzini, con la sua semplicità e schiettezza, annulla subito ogni pregiudizio : arriva diritto
al cuore.
UN MANUALE DI SOPRAVVIVENZA ALL’ORRORE
Ho letto, mezzo secolo fa, “Se questo è un uomo” di Primo Levi ed è come se avessi ritrovato, in Enrico
Vanzini, un buon compagno di un mio carissimo amico.
Quanti malati, anche oggi, dimostrano di poter sopportare esperienze terribili, prolungate e senza speranza,
senza farsi distruggere psicologicamente.
Come ha suggerito l’oratore, nei campi di concentramento, era l’aggravante morale che, spesso, spezzava
definitivamente ogni resistenza psicologica.
Uomini come Enrico e Primo sembrano aver attraversato “quasi indenni”, miracolosamente, quell’inferno.
E’ come se si fossero protetti in una “cella di sicurezza”, come quella dalla quale fuoriescono,
sorprendentemente vivi, i piloti di formula uno.
Enrico Vanzini ci ha rivelato il suo segreto: un quadro di valori molto semplice, ma, forse proprio per questo,
solidissimo, assimilato profondamente, con il latte materno.
Considera essenziale sopratutto una profonda adesione alla visione cristiana.
Levi invece descrive una ricetta completamente diversa: intellettuale profondo e raffinato, i suoi valori sono
decisamente laici e affondano le radici nell’umanesimo.
2. LA MORALE DELLA SUA STORIA NON STA IN UN TWEET
LA FORMULA MAGICA PER NON FARSI SPEZZARE DAL DOLORE
E’ stata sollecitata ad Enrico Vanzini una qualche conclusione sintetica, per i numerosi ragazzi presenti.
Intellettualmente onesto, non ha nemmeno provato a banalizzare, con qualche slogan, un tema così
complesso e lacerante.
Con la depressione che dilaga e tanti suicidi apparentemente poco motivati, queste storie sono più che mai
attuali e contengono insegnamenti profondi ed efficaci, collaudati.
Tuttavia non si può sempre sintetizzare tutto in un tweet, come va di moda adesso.
SULLA GUERRA: TROPPA RETORICA SUPERFICIALE E BUONISTA
Far risaltare l’orrore non è un antidoto efficace
Le ferite del primo conflitto mondiale erano ancora ben aperte quando il popolo italiano è entrato nel
secondo, l’opposizione fu irrilevante.
I cattivi non sono sempre gli “altri”
E’ una pericolosa sciocchezza spiegare ai ragazzi che le guerre avvengono perché ci sono dei popoli cattivi!
In questo senso noi potremmo definirci buoni?
Nell’ultimo conflitto abbiamo dichiarato una guerra di aggressione a tutto il mondo evoluto.
Abbiamo compiuto tutti i misfatti che ogni esercito compie in guerra, ma raccontiamo solo quelli degli altri.
Il rifiuto della guerra dipende dalla maturità, dall’autonomia di giudizio di un popolo
Mussolini ci condusse al macello, ben due volte in un ventennio, la prima come “opinion leader”, la seconda
come capo della nazione: l’abbiamo seguito ogni volta come il più docile e stupido degli animali!
Gli italiani saprebbero rifiutare la guerra oggi?
I sondaggi dimostrano che la maggior parte dell’opinione pubblica ondeggia da questo a quel demagogo.
Sono ancora tantissimi i topolini, pronti a seguire ovunque il pifferaio di Hamelin.