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ECO VOCABOLARIO DELLA PLASTICA
AZOTO E POLVERI SOTTILI
Questo elemento costituisce ben il 78% dell’aria ed è perfettamente innocuo come tale.
E sempre presente anche nelle biomasse, per questa ragione, se non si reintegra con il
letame, bisogna aggiungerlo massicciamente con i fertilizzanti.
Pur essendo presente in piccola quantità, è la più grave causa ambientale di mortalità nella
pianura padana, quando si brucia qualsiasi tipo di biomassa, senza eliminarlo
preventivamente.
Gli ossidi che si formano sono i principali precursori delle polveri peggiori, quelle ultrasottili.
L’industri petrolchimica gestisce, da molto tempo, il problema con la raffinazione
(depurazione), obbligatoria per legge.
Per la solita, colossale, ottusità ambientalista, tale inderogabile necessità preventiva non è
ancora del tutto metabolizzata nei confronti del riscaldamento a legna p.e., considerato
virtuoso per verità di fede, tutti ipnotizzati dal prefisso “bio”.
BIODEGRADABILE
Sostanza di origine organica, soggetta ad una serie di reazioni chimiche di degradazione,
accelerate da uno o più fattori ambientali, come temperatura ed umidità ecc.
Non ha alcun senso parlare di una proprietà assoluta, “si degrada o non si degrada”, ma di
velocità del fenomeno.
Frutto della labilità scientifica dei divulgatori incompetenti, vengono così indentificati, del
tutto erroneamente, i polimeri che vengono ottenuti da biomassa “fresca”, di solito prodotta
ad hoc, che il chimico ha imparato a manipolare in modo da garantire una degradazione un
po’ più veloce di quella di un polimero “tradizionale”.
Una volta, la degradazione “veloce” era un gravissimo difetto
Durante tutto il secolo scorso, gli scienziati si sono affannati a progettare molecole molto
resistenti ai fattori ambientali, era un’ossessione, la chiamavamo resistenza
all’invecchiamento.
Adesso bisogna fare marcia indietro, in fretta e furia.
Meglio una degradazione lenta o una veloce?
Consideriamo un’ecatombe degli stessi animali all’equatore e proviamo ad immaginare
l’impatto dello stesso fenomeno su un villaggio primitivo vicino, però collocato al polo nord.
Il paragone didattico calza discretamente, se consideriamo che la velocità di degradazione
non è fissa e dipende molto da fattori ambientali, spesso aumenta molto con la temperatura.
Nessun scienziato al mondo, io credo, sarà in grado di definire semplicisticamente quale
insediamento umano soffrirebbe di meno tra le due locazioni.
La semplice verità è che il mondo ambientalista è ignorantissimo e non vuole mai guardare
in faccia la realtà.
La parola stessa, biodegradabile, è un patente di fesseria per chi la usa, in qualsiasi modo.
La verità, a me ben nota, è che la gente ed illustri scienziati con la massa, si schierano in
base a pulsioni subliminali, del tutto avulse da ogni ansia di verità e rigore scientifico.
Per i superficiali, gli ignoranti fanatici, il male è solo quello che si vede
Una decennale esperienza di non confronto con l’ottusissimo mondo degli ambientalisti, mi
rafforza nella convinzione che, anche illustri scienziati seguono servilmente l’onda della
massa che “ragiona con la pancia”.
Il brutto, il male è quello che si vede.
Qualsiasi materiale abbandonato all’ambiente può fare male
Meglio attenzionare soprattutto il pericolo “che non si vede”
Il legno considerato dagli stolti il materiale ecologicamente virtuoso per eccellenza, combina
guai immensi se marcisce all’aria, chiedete a chi sta patendo gli effetti del disastro successo
nelle nostre montagne del nord est.
Naturalmente, nessun tipo di attenuante neanche per la plastica, è la divisione tra “bio e non
bio” che è intrinsecamente fasulla, fatto salvo il comfort psicologico per la vista degli esteti.
BIOGAS
La fermentazione anaerobica delle biomasse
Lo stesso processo naturale che ha prodotto il petrolio, vedi PETROLIO, viene replicato in
modo controllato dall’uomo, potendo scegliere applicazioni ecologicamente “virtuose”, cioè
materiali di difficile smaltimento con tecnologie alternative, i quali, con questo processo,
possono generare anche un‘utilità energetica.
Il requisito virtuoso è semplice ed unico; bisogna sempre depurare il biogas stesso, prima
della combustione, esattamente come si fa con il metano che usiamo nelle nostre cucine.
Oggi c’è una legge, formalmente in vigore, non si riesce a capire se sia davvero applicata,
la lobby che vuole e potrebbe boicottarla è potentissima.
Biogas non virtuoso: la coltivazione finalizzata di mais a questo scopo.
Senza dilungarmi su questioni specialistiche, in un approccio divulgativo e semplificato,
basti considerare che, buona parte degli elementi (N P K), che bisogna reintegrare dopo
ogni raccolto, finiscono poi tutti in aria con la combustione del biogas, tonnellate di inquinanti
pericolosissimi, se non si depura.
Aggiungo che il bilancio energetico, non esaltante, deve tener conto anche dei consumi che
comporta la lavorazione ed il trasporto.
BIOMASSA
Composti di C, H, O, materiale organico, vegetale o animale, prodotto dalla sintesi di CO2 +
H2O con le radiazioni solari che attivano e conferiscono energia alla reazione.
Contiene sempre piccole quantità di N, P ecc. elementi molto problematici in un’eventuale
combustione successiva, perché generano anidridi/ossidi molto pericolosi.
Tutti conoscono i danni dei famigerati Nox, promotori, della formazione di polveri sottili.
Dunque qualsiasi combustione di biomassa non depurata, rappresenta il principale,
peggiore, attentato alla nostra salute nella pianura padana, un dramma gravissimo ed
attuale, a fronte della minaccia, per ora solo tale, perché non genera morti constatabili,
dell’effetto serra.
Nessuna sottovalutazione del secondo, ma enfasi sull’attualità del primo.
BIO POLIMERI
Tutte le materie plastiche comuni sono derivate da materiale organico, bio masse appunto,
vedi PETROLIO.
Si fregiano impropriamente del commercialmente vantaggioso prefisso “bio”, quelle materie
plastiche che partono da vegetali prodotti attualmente, ad hoc.
Esistono anche filoni di ricerca che puntano ad utilizzare masse vegetali a crescita
spontanea, come le alghe, con risultati non esaltanti.
Quali virtù vantano le “bio” plastiche rispetto a quelle derivate dal petrolio?
-Prestazioni nell’uso.
La competizione è ancora molto aperta ed incerta, con la ricerca sicuramente le prime si
avvicineranno, prima o poi, alle performances di quelle derivate dal petrolio.
-Esposte all’ambiente
Essendo identiche come elementi chimici, presentano gli stessi problemi se abbandonate
all’ambiente, vedi BIODEGRADABILI.
-Impatto ecologico della produzione
Con la produzione di biomassa ad hoc, necessaria come materia prima, indubbiamente si
immagazzina un po’ di CO2 nell’oggetto prodotto, diminuendo l’effetto serra.
La produzione agricola comporta i soliti svantaggi: sottrae risorse all’alimentazione,
comporta un impatto ambientale ed energetico per le varie fasi delle lavorazioni; consumo
energetico, impiego di concimi e diserbanti ecc.
Solo l’impiego di biomassa marginale, cioè che si sviluppa spontaneamente in ambiente
sicuramente non idoneo ad altri usi prioritari, come l’alimentazione, si può definire senz’altro
ambientalmente virtuosa.
LIFE CYCLE ANALYSIS
Per decidere se un determinato prodotto sia preferibile, dal punto di vista dell’impatto
ambientale, produrlo con la filiera A (materiale + tecnologia), oppure B, gli specialisti si sono
inventati questo bellissimo ed elegante indice.
Per farla corta, non essendo questa la sede per un tema molto complesso, bisogna tenere
conto di una miriade di fattori, non solo inerenti alla produzione dell’oggetto, ma anche, o
soprattutto, al suo riciclo.
PETROLIO
Miscela di idrocarburi, derivati dalla fermentazione anaerobica naturale delle biomasse: C,
H, O.
In miliardi di anni, i batteri “anaerobici” hanno vissuto consumando tutto, o quasi, l’ossigeno
presente e sono rimasti solo i due elementi C, H, donde il nome di idrocarburi.
Essendo materiale derivato dalle biomasse, naturalmente contiene anche altri elementi
come, N, S, P, tutti molto dannosi se il petrolio viene bruciato e si diffondono in aria come
ossidi.
La raffinazione è stata la risposta dell’industria petrolchimica, virtuosa solo in proporzione
alle sollecitazioni che è in grado di sviluppare la sensibilità ambientalista.
Piogge acide
I più giovani non ricordano questa espressione.
Non molti anni fa, le prescrizioni per quanto riguarda la depurazione dello zolfo, S, non erano
abbastanza stringenti, fino a quando non si è stabilita una sicura correlazione con il
fenomeno summenzionato.
Depurare meglio ha i suoi costi, che si riesce ad imporre all’industria solo se c’è una
pressione proporzionata dell’opinione pubblica e questo è accaduto positivamente in questo
caso.
POLIMERI
Molecole molto grandi, macromolecole, costituite essenzialmente da C e H, i due elementi
più innocui del creato, dato che sono i costituenti principali del nostro stesso corpo.
La materia prima è bell’e pronta, in quantità sconfinata, vedi PETROLIO.
Se si decidesse di non “bruciarlo più” scelta inderogabile, prima o poi, a mio giudizio, per il
solo impiego nelle materie plastiche ed affini, basterebbe per l’eternità…
Se i prodotti in plastica hanno avuto tanto successo finora, dipende, tra l’altro, dal fatto che
sono imbattibili, anche proprio ecologicamentecome “Life Cycle Analysisi”, vedi LCA.
Naturalmente se non se ne fa un uso dissennato, questo è il vero problema.
La caccia alle streghe sulla plastica è puro oscurantismo scientifico, qualsiasi altro
materiale, abbandonato all’ambiente potrebbe causare guai uguali o maggiori.
Ironia della sorte; gli scienziati si sono dannati nel secolo scorso per migliorarne alcuni punti
deboli, come la scarsa resistenza all’invecchiamento.
Adesso, a quanto pare, bisogna fare marcia indietro in fretta e furia, vedi
BIODEGRADAZIONE.
RICICLABILITA’
In termini di Life Cycle Analysis (vedi LCA) non conosco una famiglia di materiali che possa
competere con i polimeri, soprattutto come riciclabilità.
Il grande, gravissimo difetto della plastica è l’incompatibilità tra una famiglia e l’altra di
polimeri e ce ne sono moltissime.
Tenerle separate, sarebbe la soluzione perfetta di tutti i problemi, difficilissima da abbordare.
La legislazione ha fatto grandissimi progressi, nel cercare di affrontare alla fonte il problema.
Oggi una commissione esamina ogni singolo prodotto immesso nel mercato, proprio da
questo punto di vista e cerca di predeterminare un’imposizione fiscale che penalizzi le scelte
tecniche più dannose ecologicamente.
Il principio è valido ed ineccepibile, siamo sulla strada giusta.
Tuttavia, nessuna facile illusione, come sempre, il suo pieno successo dipende da come
viene messa in pratica la legge.
Se sei interessato ad un approfondimento di questi temi puoi consultare anche questi due
documenti:
http://bit.ly/DAL-BIOGAS-AL-BIOMETANO
http://bit.ly/PLASTICA-AMBIENTE

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  • 1. ECO VOCABOLARIO DELLA PLASTICA AZOTO E POLVERI SOTTILI Questo elemento costituisce ben il 78% dell’aria ed è perfettamente innocuo come tale. E sempre presente anche nelle biomasse, per questa ragione, se non si reintegra con il letame, bisogna aggiungerlo massicciamente con i fertilizzanti. Pur essendo presente in piccola quantità, è la più grave causa ambientale di mortalità nella pianura padana, quando si brucia qualsiasi tipo di biomassa, senza eliminarlo preventivamente. Gli ossidi che si formano sono i principali precursori delle polveri peggiori, quelle ultrasottili. L’industri petrolchimica gestisce, da molto tempo, il problema con la raffinazione (depurazione), obbligatoria per legge. Per la solita, colossale, ottusità ambientalista, tale inderogabile necessità preventiva non è ancora del tutto metabolizzata nei confronti del riscaldamento a legna p.e., considerato virtuoso per verità di fede, tutti ipnotizzati dal prefisso “bio”. BIODEGRADABILE Sostanza di origine organica, soggetta ad una serie di reazioni chimiche di degradazione, accelerate da uno o più fattori ambientali, come temperatura ed umidità ecc. Non ha alcun senso parlare di una proprietà assoluta, “si degrada o non si degrada”, ma di velocità del fenomeno. Frutto della labilità scientifica dei divulgatori incompetenti, vengono così indentificati, del tutto erroneamente, i polimeri che vengono ottenuti da biomassa “fresca”, di solito prodotta ad hoc, che il chimico ha imparato a manipolare in modo da garantire una degradazione un po’ più veloce di quella di un polimero “tradizionale”. Una volta, la degradazione “veloce” era un gravissimo difetto Durante tutto il secolo scorso, gli scienziati si sono affannati a progettare molecole molto resistenti ai fattori ambientali, era un’ossessione, la chiamavamo resistenza all’invecchiamento. Adesso bisogna fare marcia indietro, in fretta e furia. Meglio una degradazione lenta o una veloce? Consideriamo un’ecatombe degli stessi animali all’equatore e proviamo ad immaginare l’impatto dello stesso fenomeno su un villaggio primitivo vicino, però collocato al polo nord. Il paragone didattico calza discretamente, se consideriamo che la velocità di degradazione non è fissa e dipende molto da fattori ambientali, spesso aumenta molto con la temperatura. Nessun scienziato al mondo, io credo, sarà in grado di definire semplicisticamente quale insediamento umano soffrirebbe di meno tra le due locazioni. La semplice verità è che il mondo ambientalista è ignorantissimo e non vuole mai guardare in faccia la realtà. La parola stessa, biodegradabile, è un patente di fesseria per chi la usa, in qualsiasi modo. La verità, a me ben nota, è che la gente ed illustri scienziati con la massa, si schierano in base a pulsioni subliminali, del tutto avulse da ogni ansia di verità e rigore scientifico. Per i superficiali, gli ignoranti fanatici, il male è solo quello che si vede Una decennale esperienza di non confronto con l’ottusissimo mondo degli ambientalisti, mi rafforza nella convinzione che, anche illustri scienziati seguono servilmente l’onda della massa che “ragiona con la pancia”. Il brutto, il male è quello che si vede. Qualsiasi materiale abbandonato all’ambiente può fare male
  • 2. Meglio attenzionare soprattutto il pericolo “che non si vede” Il legno considerato dagli stolti il materiale ecologicamente virtuoso per eccellenza, combina guai immensi se marcisce all’aria, chiedete a chi sta patendo gli effetti del disastro successo nelle nostre montagne del nord est. Naturalmente, nessun tipo di attenuante neanche per la plastica, è la divisione tra “bio e non bio” che è intrinsecamente fasulla, fatto salvo il comfort psicologico per la vista degli esteti. BIOGAS La fermentazione anaerobica delle biomasse Lo stesso processo naturale che ha prodotto il petrolio, vedi PETROLIO, viene replicato in modo controllato dall’uomo, potendo scegliere applicazioni ecologicamente “virtuose”, cioè materiali di difficile smaltimento con tecnologie alternative, i quali, con questo processo, possono generare anche un‘utilità energetica. Il requisito virtuoso è semplice ed unico; bisogna sempre depurare il biogas stesso, prima della combustione, esattamente come si fa con il metano che usiamo nelle nostre cucine. Oggi c’è una legge, formalmente in vigore, non si riesce a capire se sia davvero applicata, la lobby che vuole e potrebbe boicottarla è potentissima. Biogas non virtuoso: la coltivazione finalizzata di mais a questo scopo. Senza dilungarmi su questioni specialistiche, in un approccio divulgativo e semplificato, basti considerare che, buona parte degli elementi (N P K), che bisogna reintegrare dopo ogni raccolto, finiscono poi tutti in aria con la combustione del biogas, tonnellate di inquinanti pericolosissimi, se non si depura. Aggiungo che il bilancio energetico, non esaltante, deve tener conto anche dei consumi che comporta la lavorazione ed il trasporto. BIOMASSA Composti di C, H, O, materiale organico, vegetale o animale, prodotto dalla sintesi di CO2 + H2O con le radiazioni solari che attivano e conferiscono energia alla reazione. Contiene sempre piccole quantità di N, P ecc. elementi molto problematici in un’eventuale combustione successiva, perché generano anidridi/ossidi molto pericolosi. Tutti conoscono i danni dei famigerati Nox, promotori, della formazione di polveri sottili. Dunque qualsiasi combustione di biomassa non depurata, rappresenta il principale, peggiore, attentato alla nostra salute nella pianura padana, un dramma gravissimo ed attuale, a fronte della minaccia, per ora solo tale, perché non genera morti constatabili, dell’effetto serra. Nessuna sottovalutazione del secondo, ma enfasi sull’attualità del primo. BIO POLIMERI Tutte le materie plastiche comuni sono derivate da materiale organico, bio masse appunto, vedi PETROLIO. Si fregiano impropriamente del commercialmente vantaggioso prefisso “bio”, quelle materie plastiche che partono da vegetali prodotti attualmente, ad hoc. Esistono anche filoni di ricerca che puntano ad utilizzare masse vegetali a crescita spontanea, come le alghe, con risultati non esaltanti. Quali virtù vantano le “bio” plastiche rispetto a quelle derivate dal petrolio? -Prestazioni nell’uso. La competizione è ancora molto aperta ed incerta, con la ricerca sicuramente le prime si avvicineranno, prima o poi, alle performances di quelle derivate dal petrolio.
  • 3. -Esposte all’ambiente Essendo identiche come elementi chimici, presentano gli stessi problemi se abbandonate all’ambiente, vedi BIODEGRADABILI. -Impatto ecologico della produzione Con la produzione di biomassa ad hoc, necessaria come materia prima, indubbiamente si immagazzina un po’ di CO2 nell’oggetto prodotto, diminuendo l’effetto serra. La produzione agricola comporta i soliti svantaggi: sottrae risorse all’alimentazione, comporta un impatto ambientale ed energetico per le varie fasi delle lavorazioni; consumo energetico, impiego di concimi e diserbanti ecc. Solo l’impiego di biomassa marginale, cioè che si sviluppa spontaneamente in ambiente sicuramente non idoneo ad altri usi prioritari, come l’alimentazione, si può definire senz’altro ambientalmente virtuosa. LIFE CYCLE ANALYSIS Per decidere se un determinato prodotto sia preferibile, dal punto di vista dell’impatto ambientale, produrlo con la filiera A (materiale + tecnologia), oppure B, gli specialisti si sono inventati questo bellissimo ed elegante indice. Per farla corta, non essendo questa la sede per un tema molto complesso, bisogna tenere conto di una miriade di fattori, non solo inerenti alla produzione dell’oggetto, ma anche, o soprattutto, al suo riciclo. PETROLIO Miscela di idrocarburi, derivati dalla fermentazione anaerobica naturale delle biomasse: C, H, O. In miliardi di anni, i batteri “anaerobici” hanno vissuto consumando tutto, o quasi, l’ossigeno presente e sono rimasti solo i due elementi C, H, donde il nome di idrocarburi. Essendo materiale derivato dalle biomasse, naturalmente contiene anche altri elementi come, N, S, P, tutti molto dannosi se il petrolio viene bruciato e si diffondono in aria come ossidi. La raffinazione è stata la risposta dell’industria petrolchimica, virtuosa solo in proporzione alle sollecitazioni che è in grado di sviluppare la sensibilità ambientalista. Piogge acide I più giovani non ricordano questa espressione. Non molti anni fa, le prescrizioni per quanto riguarda la depurazione dello zolfo, S, non erano abbastanza stringenti, fino a quando non si è stabilita una sicura correlazione con il fenomeno summenzionato. Depurare meglio ha i suoi costi, che si riesce ad imporre all’industria solo se c’è una pressione proporzionata dell’opinione pubblica e questo è accaduto positivamente in questo caso. POLIMERI Molecole molto grandi, macromolecole, costituite essenzialmente da C e H, i due elementi più innocui del creato, dato che sono i costituenti principali del nostro stesso corpo. La materia prima è bell’e pronta, in quantità sconfinata, vedi PETROLIO. Se si decidesse di non “bruciarlo più” scelta inderogabile, prima o poi, a mio giudizio, per il solo impiego nelle materie plastiche ed affini, basterebbe per l’eternità… Se i prodotti in plastica hanno avuto tanto successo finora, dipende, tra l’altro, dal fatto che sono imbattibili, anche proprio ecologicamentecome “Life Cycle Analysisi”, vedi LCA.
  • 4. Naturalmente se non se ne fa un uso dissennato, questo è il vero problema. La caccia alle streghe sulla plastica è puro oscurantismo scientifico, qualsiasi altro materiale, abbandonato all’ambiente potrebbe causare guai uguali o maggiori. Ironia della sorte; gli scienziati si sono dannati nel secolo scorso per migliorarne alcuni punti deboli, come la scarsa resistenza all’invecchiamento. Adesso, a quanto pare, bisogna fare marcia indietro in fretta e furia, vedi BIODEGRADAZIONE. RICICLABILITA’ In termini di Life Cycle Analysis (vedi LCA) non conosco una famiglia di materiali che possa competere con i polimeri, soprattutto come riciclabilità. Il grande, gravissimo difetto della plastica è l’incompatibilità tra una famiglia e l’altra di polimeri e ce ne sono moltissime. Tenerle separate, sarebbe la soluzione perfetta di tutti i problemi, difficilissima da abbordare. La legislazione ha fatto grandissimi progressi, nel cercare di affrontare alla fonte il problema. Oggi una commissione esamina ogni singolo prodotto immesso nel mercato, proprio da questo punto di vista e cerca di predeterminare un’imposizione fiscale che penalizzi le scelte tecniche più dannose ecologicamente. Il principio è valido ed ineccepibile, siamo sulla strada giusta. Tuttavia, nessuna facile illusione, come sempre, il suo pieno successo dipende da come viene messa in pratica la legge. Se sei interessato ad un approfondimento di questi temi puoi consultare anche questi due documenti: http://bit.ly/DAL-BIOGAS-AL-BIOMETANO http://bit.ly/PLASTICA-AMBIENTE