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1
Dall’atomo al bit:
per una nuova distribuzione HoReCa.
F. Leondini, M. De Angelis.
2
Abstract.
Compito del presente lavoro è quello di proporre un metodo per ridefinire ed
oggettivare le determinanti di creazione del valore per la distribuzione
HoReCa in Italia. L’obiettivo finale cui lo studio vuole giungere è triplice, e
precisamente:
- Dare contenuti al valore d’impresa;
- Riportare il distributore al centro dell’ecosistema HoReCa;
- Definire nuovi standard di processo, interoperabili con gli altri attori
dell’ecosistema.
Il percorso metodologico seguito è stato quello di scomporre i tre processi
costitutivi dell’impresa di distribuzione, e precisamente quelli:
- Logistico,
- Commerciale,
- Finanziario,
per rimodellarne i profili alla luce sia delle tecnologie disponibili, che delle
derive assunte dal mercato di riferimento nel suo complesso.
Se, infatti, l’obiettivo è quello di tratteggiare un nuovo modello di business
distributivo, è necessario partire da un’analisi puntuale delle singole
componenti operative che costituiscono i diversi processi caratteristici delle
imprese oggetto di analisi, per poi provare a ricomporle individuando le
sinergie nascoste e proponendo una visione di sintesi che, senza snaturare
le caratteristiche del mercato di riferimento, definisca le basi su cui
incardinare un nuovo modo di affrontare il mercato. In questo lavoro,
quindi, si sono scomposti i processi principali tipici di un’azienda di
distribuzione, per poi riaggregarne i determinanti alla luce dei nessi causali
emersi.
3
1. Le ragioni di una proposta.
Perché si è arrivati a sentire l’esigenza di una proposta di rifondazione del
modello distributivo nell’HoReCa? La risposta, come sempre, non è univoca
e circostanziata in modo preciso, ma prende le mosse da una serie di
osservazioni che, partendo dalle dinamiche del Mercato di riferimento,
cercano di contestualizzare il senso profondo dei cambiamenti in atto.
Una prima considerazione va fatta sul processo latente di progressiva
disintermediazione del Distributore. Negli ultimi due anni, infatti, il
Mercato HoReCa è cresciuto di quasi il 9%1, mentre i Distributori di
bevande sono cresciuti del 3% circa2. Una delle spiegazioni va ricercata
nella proliferazione dei cd. “PdV in Catena” il cui volume d’affari si aggira
sui 2 miliardi di Euro3, si pensi, per esempio a insegne quali “Old Wild
West” o “Piadineria” o “Acqua e Farina”. Da questa stima, però, mancano le
varie iniziative proprietarie. Solo a titolo d’esempio, i Punti di ristoro di
proprietà IKEA realizzano un fatturato vicino ai 100 milioni di € (dati 2016)
e i “Bar Atlantic”, interni alle strutture Esselunga, si attestano sui 62
milioni di Euro. A tutto questo si aggiungono le strutture di Meal&Food
delivery quali, ad esempio, Foodora e Just Eat che fungono da piattaforme
digitali d’offerta diretta tra i PdV e il consumatore, disintermediando il
distributore, e che raggiungono, complessivamente, un giro d’affari di “pasti
equivalenti” di circa 300 milioni di euro. Si tratta di fatturato che non tocca
il Distributore perché intermediato completamente dall’Industria attraverso
accordi nazionali.
Una seconda riflessione riguarda la tendenza della distribuzione HoReCa ad
allargare il mix di prodotti verso il settore del food come risposta operativa
alla perdita di quota di mercato complessiva. Si tratta di una scelta che, al
massimo, può ricoprire un ruolo tattico di temporaneo tampone di
emergenza ma che non ha alcun afflato strategico. Il settore, infatti, è
fortemente polarizzato: da un lato operano distributori mainstream, di
dimensioni colossali (si pensi ai 350 milioni di fatturato di DAC) o che,
addirittura, si sanno integrando a valle (si pensi all’esperienza RED tra
Feltrinelli e CIR) e, quindi, competitivamente fuori portata, dall’altro c’è il
segmento delle nicchie e delle specialità, declinate nelle diverse IGP, DOP,
DOC et alia. La distribuzione delle vendite per canale, in questo segmento4,
evidenzia un crollo della quota di fatturato intermediata dai grossisti di
quasi 12 punti percentuali negli ultimi 10 anni e, quindi, si tratta di
un’arena competitiva molto fragile e in recessione. Questo significa che il
settore “food” non può rappresentare una reale risposta strategica alle
difficoltà di mercato che il distributore sta incontrando ma, tuttalpiù, è una
possibile via per una modesta dilatazione delle dimensioni operative.
Il terzo argomento di analisi riguarda la distribuzione della ricchezza
prodotta dalle aziende di distribuzione. Da un lato stiamo assistendo ad
1
Rapporti FIPE 2015, 2016 e 2017
2
IRI, atti del 7° International Horeca Meeting, Roma, 2018
3
Assofranchising, Rapporto, 2016
4
Rapporto ISMEA, 2017
4
una polarizzazione reddituale sempre più marcata5, dall’altro il valore
patrimoniale di queste aziende continua ad impoverirsi di contenuti sia per
le dinamiche sopra evidenziate che, altrettanto importante, per
l’impermeabilità degli attuali imprenditori alla revisione dei processi, presi
completamente dalle negoziazioni sui prodotti.
5
Rapporto sulla Distribuzione HoReCa, Italgrob, 2018
5
2. Il processo logistico.
Parlare di logistica nel segmento HoReCa significa affrontare un tema
complesso. Non si tratta, infatti, di analizzare il processo solamente nelle
sue componenti tecniche e operative, ma anche di considerarne le
implicazioni indirette quali, nello specifico, il coinvolgimento del legislatore
pubblico locale (norme di accesso alle ZTL, orari di consegna,
regolamentazione del traffico), le ricadute sull’ambiente (produzione di CO2,
inquinamento acustico) e la frammentazione del mercato sia dal lato della
domanda (poco meno di 400.000 Pubblici Esercizi (PdV)6) che da quello
dell’offerta (circa 4.500 Grossisti, di cui 1.800 specializzati nel beverage)7.
Per questi motivi è importante, in prima battuta, tratteggiare le
caratteristiche, dirette e indirette, che fanno da sfondo ai processi logistici
nell’HoReCa.
Una prima considerazione da fare è relativa ai costi legati alla distribuzione
HoReCa che, rispetto a quanto avviene per il Retail moderno (GDO), sono
circa 4 volte maggiori.8 Le cause di questa sproporzione sono riconducibili
alla frammentazione delle consegne e degli operatori, ai ridotti spazi di
stoccaggio, ai problemi legati alla reverse logistics (ritiro degli imballaggi
vuoti), alla localizzazione dei PdV, alle difficoltà di accesso ai magazzini, sia
sotto il profilo della mobilità (parcheggio) che dal punto di vista della
manipolazione delle merci (consegna fisica del bene in cantina).
Dal punto di vista delle emissioni di CO2, e di altri inquinanti, va ricordato
che, data una distanza di 10 Km, la differenza tra percorrere per intero il
tragitto senza soste e, di contro, effettuarlo con 5 soste incrementa il solo
consumo di carburante del 140%9. A questo dato occorre, per completezza,
ricordare che il parco circolante italiano, riferito ai soli mezzi commerciali e
suddiviso per categoria Euro, vede il 21% degli automezzi appartenenti alla
categoria Euro 0 e il 74% compreso tra Euro 0 ed Euro 3 compresi10,
stando all’ultimo censimento disponibile.
A conclusione di questa brevissima sintesi dei problemi legati alla consegna
dei beni nell’HoReCa, è importante cercare di inquadrare cosa può essere
fatto dagli operatori, di concerto con il Legislatore, per sviluppare una
logistica sostenibile. Sul punto è possibile immaginare l’istituzione di un
tavolo di lavoro tra Italgrob e ANCI che analizzi la possibilità di creare11:
- Piazzole di sosta affittabili, con finestre temporali definite ed eventuali
penali;
- Piattaforme on line per le notizie relative alle chiusure temporanee di vie
e percorsi anche per incidenti;
- Co-accesso regolamentato alle corsie preferenziali dei mezzi pubblici;
6
Rapporto FIPE, 2017
7
Rapporto sulla Distribuzione HoReCa, Italgrob, 2018
8
Ponce-Cueto, Carrasco-Gallego, Distribution Models for logistics in HORECA Channel, Escuela Técnica Superior de
Ingenieros Industriales, Universidad Politecnica de Madrid, 2006.
9
Schoemaker, J, Allen, J, Huschenbeck, M, Monigl, J, Best Urban Freight Solution II, 2006
10
Rapporto ANFIA, 2013
11
Pronello, C, Camusso, C, Rappazzo, V, Last mile freight distribution and transport operator’s needs: which targets
and challenges?, Interuniversity Department of Regional and Urban Studies and Planning, Politecnico di Torino, 2017
6
- Accesso alle ZTL solo per automezzi a partire da un certa categoria di
Euro in poi.
Dal punto di vista della misurazione degli effetti, infine, va ricordata la
possibilità di misurare la quantità di CO2 emessa da ogni automezzo, grazie
alla piattaforma “Ecologistico2” sviluppata da GS112. E, per ampliare il
tema della trasparenza, potrebbe essere presa in considerazione l’idea di
esporre in fattura, per conoscenza, la quantità di CO2 emessa per
effettuare la consegna, per dare conto anche al cliente che l’opportunismo
ha sempre un costo per la collettività13.
Chiarite le caratteristiche proprie del processo logistico del segmento, è
possibile proporne una sua reinterpretazione compenetrando esigenze
operative contingenti, miglioramento dell’efficienza di processo basata sulla
tecnologia e sul concetto di “logistica cooperativa”, e nuovo modello di
business distributivo. Il modello proposto, descritto nella Fig. 1, prevede il
disaccoppiamento del processo logistico rispetto alle altre funzioni aziendali
consentendo, però, di mantenere il controllo sia del flusso dei prodotti che,
aspetto molto più importante, del grado di soddisfazione del cliente.
L’esternalizzazione della funzione logistica trova la sua logica non solo nella
possibilità di aumentare l’efficienza del processo e l’efficacia delle azioni
commerciali conseguenti, ma anche nel riconoscimento che si tratta di una
funzione il cui valore si estrinseca solo in contesti altamente specializzati.
Figura 1 Il Processo Logistico
12
GS1 Italy, Un anno di Tendenze, 2017
13
Malvestio, A, Presidente Freight Leader Council, in Un anno di tendenze, GS1, 2017
7
Nel prosieguo si procederà ad analizzare le singole parti del processo, così
da rendere con maggior chiarezza i concetti sottostanti al modello.
Nella Fig. 2 è evidenziato il primo passaggio che pertiene alla negoziazione
commerciale tra Industria e Distribuzione.
Figura 2 Il Rapporto Industria-Distribuzione
Le fasi prevedono che:
a. Il rapporto commerciale tra Industria e Distributore resti diretto e
personale;
b. Il soggetto negoziale possa essere indifferentemente la singola azienda di
distribuzione o il consorzio di appartenenza;
c. Definite le condizioni di fornitura, sia il distributore, o il consorzio, ad
abilitare presso la piattaforma logistica il fornitore.
In questo modo non si perdono le competenze negoziali e le conoscenze
specifiche del mercato proprie del distributore che rimane l’arbitro finale
del processo di abilitazione e inclusione.
La fig. 3, che è il cuore del processo, spiega il meccanismo di
disaccoppiamento delle funzioni logistica e commerciale.
8
Figura 3 Il Rapporto Distribuzione-Logistica-PdV
Nello specifico, dal punto di vista commerciale:
a. Il distributore continua ad acquisire direttamente gli ordini dal PdV,
mantenendo così la titolarità del rapporto;
mentre, sotto il profilo logistico outbound:
a. Il distributore trasmette gli ordini all’azienda di logistica, via EDI (protocollo
di comunicazione con standard internazionali) o attraverso altri protocolli
standard di comunicazione, così da automatizzare il flusso delle
informazioni.
L’azienda di logistica:
a. Riceve gli ordini, e ne dà conferma all’azienda di distribuzione attraverso gli
stessi protocolli di invio;
b. Consegna la merce al PdV emettendo una bolla di consegna (o DdT)
intestato all’azienda di distribuzione con “luogo di consegna” il PdV. Il
documento che accompagna la merce NON riporta i prezzi, a garanzia della
riservatezza delle condizioni commerciali proprie di ciascuna azienda
commerciale. Questo consente all’azienda di logistica di poter garantire i
propri servizi a più distributori contemporaneamente;
c. L’azienda di logistica fattura all’azienda di distribuzione la merce
consegnata al PdV, al prezzo di costo aumentato di un minimo ricarico per
questioni fiscali;
d. L’azienda di distribuzione fattura a sua volta la merce al PdV, richiamando
il documento emesso dall’azienda di logistica, alle condizioni pattuite.
9
Questa impostazione permette di:
- Ottimizzare i percorsi di consegna (economie di adozione);
- Limitare, o comunque ridurre, le emissioni di CO2 a parità di volumi
trasportati (Logistica sostenibile);
- Ridurre il costo delle fermate per consegna;
- Aumentare il livello di servizio per tutti gli attori coinvolti. Questo
perché, grazie alla professionalità specifica, è possibile realizzare una
serie di operazioni che sarebbero impensabili al di fuori di un operatore
professionale (Fig. 4)14.
Figura 4 I Servizi di una Logistica specializzata
Per quanto riguarda, invece, la gestione dei processi logistici inbound, la
Fig. 5 evidenzia le possibilità di adottare moduli di logistica collaborativa, con
particolare riferimento all’EDI (visto in precedenza) e al VMI.
Figura 5 Il Rapporto Industria-Logistica-PdV
14
XPO Logistics, WeAreXPO, working paper, 2016
10
Una parentesi esplicativa la merita il Vendor Management Inventory, cioè la
gestione delle scorte di magazzino affidata al fornitore, sia esso l’Industria (nel
caso della logistica distributiva) o la logistica stessa (nel caso dei rifornimenti al
PdV). Lo schema classico di un processo VMI è spiegato dalla Fig. 615:
Figura 6 Il VMI
In sostanza si tratta di adottare dei meccanismi di trasparenza
interaziendale, basati su flussi automatici di comunicazione di dati, finalizzati
all’automazione dei processi di rifornimento relativi ad ordini ripetitivi di merce.
Questo modo di operare introduce grandi economie di gestione delle scorte
(efficienza di processo) e aumenta l’efficacia delle proposte commerciali, limitando
i disservizi legati alle rotture di stock che nel Retail moderno sono responsabili di
mancate vendite in ragione del 4,3% del fatturato complessivo16.
La sottoscrizione di SLA sia con l’Industria che con alcuni PdV, basati su
Tempo e Frammentazione, diventa un pilastro del vantaggio competitivo
difficilmente replicabile perché fondato su una serie di competenze proprietarie
delle aziende appartenenti al circuito.
I minori costi generati dall’applicazione del sistema si suddividono tra i vari
attori del processo, generando effetti di premium price per i partecipanti ed
evidenziando il costo dell’opportunismo logistico.
15
GS1 Switzerland, Best practice in implementing VMI, working paper, 2016
16
ECR Italy, Barometro OSA, febbraio 2018
11
3. Il processo commerciale.
La revisione del modello di business della distribuzione HoReCa deve
passare anche attraverso una definizione diversa del ruolo del distributore
all’interno dell’ecosistema HoReCa. Ne consegue che devono essere
rimodellati non solo i rapporti plurilaterali del settore, ma anche le
determinanti del vantaggio competitivo che, va ricordato, devono essere
proprietarie e costituire una barriera all’ingresso oggettiva. In questo modo
si può configurare un percorso che porti all’oggettivazione dell’asset
costituito dal cosiddetto “avviamento commerciale” che, in questo caso, è
definibile come “il brand del distributore”.
Il processo commerciale è esposto nella Fig. 7:
Figura 7 Il Processo Commerciale
Anche in questo caso, come nel precedente riferito alla logistica, si
procederà isolando i singoli passaggi, commentandone le caratteristiche
principali.
In Fig. 8 è rappresentata la nuova funzione che il distributore dovrà
ricoprire nell’ecosistema di competenza.
12
Figura 8 Il distributore: un nuovo HUB informativo
Nello specifico il distributore diventa un HUB informativo che ha il compito
di mantenere allineate le esigenze del consum-autore con le funzioni di marketing
e R&D dell’Industria. La perdita di contatto con il Consumatore da parte del PdV
ha creato un vuoto metodologico nell’analisi del mercato17. Ne è derivata, come
conseguenza, una serie di equivoci che hanno portato all’adozione di strumenti di
analisi inadeguati che hanno prodotto risultati molto spesso fuorvianti18.
Il processo si compone di due fasi distinte:
a. Raccolta di informazioni strutturate (dati di cassa) e non strutturate
(data lake di presenza, gender & Age, post su Trip Advisor e sentiment
dei consumatori presenti nel PdV);
b. Creazione di un DB consultabile a disposizione degli attori coinvolti per
affinare l’analisi dei processi di consumo.
Vedere il distributore come attante dei processi di comunicazione
ecosistemica permette di fare un ulteriore passo avanti nella definizione del
modello di business (Fig. 9):
17
De Angelis, M, Leondini, F, From a metaphysic of the consumer to an anthropology of consumption: A novel
methodological approach to the study of food and beverage consumption, working paper, 2017
18
Leondini, F, De Angeli, M, Chiacchiere da Bar. Fenomenologia del Consumo fuori Casa: Una ricerca fuzzy tra
induzione e deduzione, working paper, 2016
13
Figura 9 La gestione delle esternalità “same side” e le politiche di trade marketing
La gestione delle informazioni, abbinata ad una conoscenza di base del
mercato di riferimento, permette al distributore di guidare le esternalità positive
“same side” di esclusività del PdV e di experience del Consumatore. Ne consegue
che, grazie alla messa a disposizione di informazioni proprietarie e strutturate,
anche l’Industria indirizza meglio le proprie politiche di trade marketing e trova
più efficiente veicolarle attraverso l’HUB distributivo piuttosto che
disintermediarlo. Una prima ricaduta pratica, per esempio, può essere
l’internalizzazione della gestione di tutto il materiale PoP.
L’utilizzo di una piattaforma digitale B2B per la gestione degli aspetti
routinari del rapporto con il cliente rende l’intero processo ancora più efficiente e
dai risultati misurabili e, quindi, apre la strada a notevoli miglioramenti negoziali
e di rapporto. Passare dalla negoziazione sul prezzo della merce a quella sul
valore del dato significa ridisegnare i driver di ricavo e cambiare le modalità di
ingaggio dei rapporti, spostando l’attenzione dalle dinamiche quantitative ai nessi
causali del consumo. In particolare nei confronti dei PdV si passa da una
indiscriminata politica push, ad una più attenta gestione delle proposte
commerciali ritagliata sulle necessità del consum-autore, creando valore anche
per il PdV (Fig. 10).
14
Figura 10 Le esternalità “cross side”
Il distributore, a questo punto, è titolato a gestire le esternalità “cross side”
per consentire:
- All’Industria di sollecitare l’attenzione del Consumatore;
- Al PdV di differenziare la sua offerta esperienziale.
Solo a titolo di conoscenza, e di provocazione, si ricorda che quando esiste
un mercato primario di qualcosa (DB del distributore) ne nasce subito uno
secondario correlato (future sul consumo) che in questo caso potrebbe essere
rappresentato da “Horecoupon” creati per la promozione di eventi e brands, la cui
rendicontazione è certificata dai protocolli digitali del processo. Si tratta di
passare dalla “carta dei prodotti” alla “carta delle esperienze”.
Un accenno va fatto ai protocolli di intelligenza artificiale che possono
permettere di internalizzare le competenze proprie della forza vendita fornendo
alla stessa un aiuto sul campo, ma di tipo derivato, così da limitare i danni dovuti
alla gestione non convenzionale dei comportamenti competitivi, tipica del settore.
In questa direzione si sta muovendo IBM attraverso Watson (Fig.11)19 i cui costi
di implementazione e gestione sono scalabili e possono agevolare anche le
funzioni di data mining.
19
Gigante, F, Watson API: come costruire una soluzione cognitive, working paper, IBM, 2018
15
Figura 11 Il venditore virtuale: una professionalità aziendale proprietaria
16
4. Il processo finanziario
La gestione finanziaria, ai fini di questo documento, è riferita ai soli crediti
verso i clienti. Si tratta di un argomento che nel tempo ha subito uno
slittamento pragmatico da “servizio” a “problema”. In realtà la definizione
originaria è anche quella corretta, perché permette ad un lavoro di
intermediazione all’ingrosso di FMCG di conseguire primi margini al di fuori
di qualunque possibile confronto. Le difficoltà di gestione del processo,
unite alla possibilità di creare valore attraverso l’utilizzo corretto di
strumenti finanziari, hanno guidato la ricerca di nuove soluzioni operative
per questo processo, sintetizzate nella Fig. 12.
Figura 12 Il Processo finanziario
Il processo, in questo caso, è stato scomposto in tre distinte fasi.
La prima è illustrata dalla Fig. 13 e prevede una serie di passaggi:
a. La creazione di una SPV (Special Purpose Vehicle, in sostanza una
NewCo finanziaria);
b. L’apertura di un rapporto con Cerved che serve ad assegnare un merito
creditizio, rivisto mensilmente, ai singoli PdV del distributore;
c. La cessione pro soluto dei crediti dal distributore alla SPV con cadenza
settimanale;
d. La SPV paga al distributore il controvalore dei crediti acquistati ma
scontando:
a. Il merito creditizio assegnato al PdV da Cerved attraverso il DB di
PayLine;
b. La durata del credito (i termini di pagamento).
17
Figura 13 La cessione dei crediti
In questo contesto non va sottovalutato il recupero di efficienza interna che
l’azienda di distribuzione ottiene per effetto dell’eliminazione della figura del credit
manager con tutte le funzioni operative collegate.
La seconda fase (Fig. 14), entra nelle modalità con cui la SPV finanzia
l’acquisto dei crediti.
Figura 14 La cartolarizzazione dei crediti
18
Il modello prevede che la SPV emetta obbligazioni, differenziate in base al
merito creditizio e alla durata del credito sottostante, e le collochi presso fondi di
private equity. L’ingresso di fondi di private equity è una novità nel settore che,
però, consente di ampliare gli orizzonti strategici dei distributori. D’altra parte,
visti i tassi di crescita dell’HoReCa, la frammentazione della domanda e
dell’offerta e la ancora scarsa regolamentazione, i fondi possono trovare in questo
settore una concreta possibilità di sviluppo.
La terza fase del processo serve per indirizzare gli investimenti (Fig. 15).
Figura 15 Il finanziamento di nuove forma di PdV
Il margine di intermediazione che realizza la SPV, dopo aver coperto i propri
costi di funzionamento, serve per co-finanziare, insieme ad altri venture
capitalist, nuove forme di offerta nell’HoReCa. In questo modo il distributore si
copre, partecipando alle iniziative, verso potenziali rischi di disintermediazione. In
questo modello, dunque, poco importa quale sarà la forma che prenderà l’HoReCa
del futuro perché le eventuali asimmetrie organizzative sono governate ex ante
attraverso la partecipazione finanziaria alle nascenti nuove strutture. Si tratta di
un allargamento degli orizzonti strategici di portata straordinaria e che
permetterebbe alla distribuzione di rendere ancora più pervasivo il proprio ruolo
all’interno dell’ecosistema HoReCa.
La circolarità del modello prevede che, partendo dal distributore, ad esso si
ritorni (Fig. 16), questo per mantenere una concretezza di fondo, soprattutto sotto
il profilo della formazione dei ricavi, in assenza della quale aumenterebbe
l’aleatorietà della proposta.
19
Figura 16 I nuovi ricavi del distributore
L’apertura degli orizzonti negoziali verso i venture capitalist amplia le
possibilità di business del distributore in modo significativo. Nel dettaglio, i ricavi
potenziali possono essere di tre tipologie diverse:
- Diretti: attraverso la nascita e la fornitura di nuovi clienti HoReCa in
catena o franchising;
- Indiretti: derivati dall’essere co-finanziatori di start up innovative nel
settore (B2B Portal: Direttoo, Bluecart; Growzer; M&F Delivery: Just Eat,
Deliveroo…);
- Trasversali: grazie all’allargamento del DB informativo sui processi di
consumo.
20
5. Il distributore 4.0: un nuovo modello di business.
La ristrutturazione dei processi fondamentali della distribuzione, così come
descritta, rappresenta, da un punto di vista operativo, la proposizione di un
nuovo modello di business per il distributore HoReCa.
Il nuovo modo di intendere un’azienda di distribuzione HoReCa prevede, in
conclusione, di:
- Eliminare i vincoli
o Logistici, mantenendo il controllo del flusso della merce;
o Finanziari, mantenendo il controllo del rapporto con il cliente;
- Ampliare le fonti di reddito attraverso
o Il cofinanziamento di nuove forme d’offerta nell’HoReCa;
o L’ampliamento e la valorizzazione di asset informativi proprietari;
o Efficientamento della supply chain in tutti i suoi aspetti.
Il distributore, a questo punto, diventa un intermediario commerciale puro
che compra e vende contratti, dati e futures sul consumo, sussidiati dalla
merce, basandosi su una struttura dinamica, snella, efficiente e con
competenze proprietarie.
6. Il distributore 4.0: la valutazione del rapporto con il cliente.
I diversi processi descritti nel presente studio hanno delle ricadute dirette
sui PdV. L’adesione, o meno, ai passaggi descritti definisce un rating
oggettivo, e certificato da terzi, e quantitativamente definito al rapporto
esistente tra distributore e PdV. L’affermazione è importante perché riuscire
a definire una proxy di valutazione del rapporto intercorrente tra le parti in
un business di relazione, quale è quello proprio dell’HoReCa, significa
trovare una formula oggettiva per attribuire un valore all’avviamento
commerciale.
I parametri di valutazione del rapporto tra distributore e PdV che sono stati
individuati si articolano su tutti i processi descritti, e sono:
- Processo Logistico:
o Sottoscrizione di contratto sui livelli di servizio basati su Tempo e
Frammentazione;
o Adesione al programma di VMI;
- Processo Commerciale:
o Conferimento dati cassa;
o Utilizzo delle piattaforme digitali B2B del Distributore;
o Loyalty rate;
- Processo Finanziario:
o Merito creditizio assegnato da Cerved;
o Utilizzo piattaforme di ePayment (PSP).
L’insieme delle adesioni alle distinte fasi dei diversi processi determina il
rating del PdV che non rappresenta un valore fisso nel tempo, ma che è
soggetto ad un aggiornamento mensile legato alle performance conseguite.
Si tratta di realizzare una vera e propria quotazione di borsa del PdV che
rappresenta non tanto il valore intrinseco del PdV, quanto piuttosto la base
per oggettivare l’avviamento commerciale del distributore.
21
7. Il distributore 4.0: l’avviamento commerciale.
Come evidenziato in altri studi20, l’avviamento commerciale di un’azienda di
distribuzione HoReCa presenta un problema di definizione puntuale dei
valori ma, soprattutto, sconta la difficoltà ad essere oggettivato in un
definito asset proprietario21. Questi due ostacoli creano i presupposti per
una aleatorietà di valori, superata solo dalla gestione delle asimmetrie
negoziali contingenti, che nei fatti blocca il mercato delle transazioni
aziendali e rende del tutto opinabile qualsiasi tentativo di analisi.
Nel modello proposto entrambi questi ostacoli sono superati perché il valore
dell’avviamento commerciale di un’azienda di distribuzione si basa su
parametri oggettivi, quantificati e certificati da terzi.
Nello specifico l’avviamento commerciale di un’azienda di distribuzione è il
risultato:
- Della media ponderata del valore di borsa dei singoli PdV;
- Della disponibilità di tecnologia proprietaria a supporto delle funzioni
commerciali (AI);
- Della adesione ai processi di dialogo con l’Industria sulla CE.
Tanto maggiori saranno le adesioni ai processi di cui sopra, tanto maggiore
sarà il valore dell’intangible sottostante.
La conclusione è importante, oltre che per i suoi aspetti legati alla
negoziazione diretta sul mercato, perché permette di tracciare un metodo di
trattamento contabile dell’avviamento commerciale interno molto simile a
quello relativo ai “marchi e brevetti”. In altre parole nel momento in cui il
controvalore di avviamento è certificabile oggettivamente e misurabile
quantitativamente è ipotizzabile, almeno a livello metodologico, di poterne
iscrivere la posta tra gli asset immateriali. Così facendo, di fatto, si
riconosce non solo il valore patrimoniale dell’attività d’impresa ma,
altrettanto importante, si attribuisce all’avviamento il valore di “marchio del
distributore” assimilabile, per specie, ai brand industriali, con tutte le
conseguenze patrimoniali e valutative che questa affermazione porta con sé.
L’aver aperto la via per trasformare la ricchezza (risultati economici) in
valore (asset patrimoniali) significa iniziare ad affrancare la distribuzione
dal ruolo di “parente povero” dell’ecosistema HoReCa, riconoscendone il
valore di HUB informativo insostituibile.
8. Il distributore 4.0: la finanza come piattaforma di creazione di valore.
La ristrutturazione del processo finanziario, oltre ad una diversa gestione
dei crediti clienti e delle funzioni ad essa collegate, permette di far entrare
nell’HoReCa gli operatori finanziari strutturati. I vantaggi dell’ingresso dei
venture capitalist sono già stati velocemente accennati più sopra; diversa è,
invece, la presenza dei fondi private equity. L’azione diretta di fondi di
private equity nell’HoReCa, oltre a svolgere la funzione di comburenti nel
20
Rapporto sulla Distribuzione HoReCa, Italgrob, 2018
21
Leondini, F, De Angelis, M, L’evoluzione dei modelli imprenditoriali nel settore della distribuzione di bevande sul
segmento HORECA, working paper, 2016
22
processo finanziario, permette di costruire degli scenari del tutto nuovi in
termini di modalità aggregative del settore. In sostanza, con i fondi di
private equity è possibile:
- Pianificare una way out aziendale vera e propria, basata su parametri
oggettivi definiti ex ante;
- Costituire una SPAC finalizzata alla creazione del primo polo distributivo
italiano, privato e indipendente.
Per chiarezza, di seguito, è evidenziato il funzionamento di una SPAC:
Figura 17
Figura 18
23
Si tratta di scenari non tanto fantasiosi, soprattutto se incardinati nella
realtà distributiva italiana: frammentata, padronale, diffusa.
Pertanto, il modello, nella sua configurazione completa, attraverso:
- La standardizzazione delle competenze richieste per la gestione
aziendale,
- L’oggettivazione delle grandezze di riferimento,
- La certificazione dei processi da parte di enti terzi,
- La proprietà delle piattaforme tecnologiche di sviluppo del Business,
permette di acquisire i vantaggi della modernità, senza perdere il controllo
dell’azienda.
24
9. Conclusioni
Come concludere una proposta di revisione così radicale del modello di
business della distribuzione HoReCa? Ma, soprattutto, come riuscire a
trasferire ai distributori i vantaggi che questa nuova impostazione aziendale
può consentire?
Una prima importante considerazione va fatta sul nuovo ruolo centrale che
il distributore ricopre all’interno del nuovo ecosistema. Si tratta di mettere
a fuoco il passaggio dall’attuale funzione di aggregatore logistico di brands,
a quella di piattaforma digitale di analisi e gestione delle informazioni di
mercato. Il passaggio “dall’atomo al bit” è il passaggio dalla logistica alla
digitalizzazione, da un vantaggio competitivo basato sulle difficoltà
orografiche ad uno fondato sulla conoscenza, e per questo non sostituibile.
Una seconda osservazione riguarda il cambio di prospettiva commerciale
che, grazie alla piattaforma informativa sviluppata dal distributore,
interessa tutti gli attori. Si tratta di passare da una logica “push”, in cui
vince chi è ubiquo, ad una modalità fondata sull’analisi fine dei consumi, in
cui vince chi è al posto giusto quando serve. Oltre alle notevolissime
efficienze di processo in tutta la supply chain22, è importante ribadire il
passaggio concettuale, e pratico, dalla “carta dei prodotti” alla “carta delle
esperienze”, da una logica governata da astrazioni ex ante, ad una basata
sullo studio empirico dei fenomeni di consumo. Riportare al centro
dell’analisi il consumatore, e non una sua idealizzazione, significa
reimpostare le modalità di analisi e studio del mercato HoReCa, partendo
dalla piattaforma distributiva.
Una terza riflessione pertiene alla possibilità di oggettivare l’avviamento
commerciale del distributore, trattandolo contabilmente come un vero e
proprio marchio. Si tratta di una importante proposta innovativa perché
introduce, per la prima volta, una serie di criteri oggettivi per misurare una
grandezza che, sino ad ora, è dipesa esclusivamente dall’abilità levantina
nella gestione delle asimmetrie negoziali.
Una quarta, e ultima, puntualizzazione riguarda il coinvolgimento di
operatori finanziari strutturati in un settore che, fino a questo momento, ne
è stato escluso. Anche in questo caso la portata innovativa è notevole,
perché permette di allargare gli orizzonti del business tradizionale verso
forme d’offerta oggi solo subite. Si tratta di passare da una posizione di
mercato passiva ad una proattiva, finalizzata a divenire driver costitutivi dei
processi di cambiamento.
In chiusura è agevole riepilogare i vantaggi che il nuovo modello porta con
sé:
- Eliminazione dei vincoli territoriali:
o Non essendoci più la necessità di una logistica proprietaria, il
raggio d’azione commerciale è potenzialmente senza limiti;
- Despecializzazione e standardizzazione delle competenze gestorie:
22
Politecnico di Milano, L’eSpply chain collaboration in Italia, Osservatori.net, 2017
25
o Avendo scorporato i servizi finanziari e logistici, la gestione di
un’azienda di distribuzione richiede competenze molto più
facilmente reperibili sul mercato ordinario del lavoro rispetto allo
stato attuale;
- Eliminazione dei vincoli dimensionali:
o La gestione esterna dei servizi finanziari e logistici permette alle
aziende del Segmento di recuperare redditività e crea un Mercato
sostenibile anche per le piccole realtà imprenditoriali. Aspetto,
questo, fondamentale perché incardina il modello nella realtà
italiana, da sempre incapace di concentrazioni epocali23;
- Creazione di un Mercato potenziale di compravendita aziendale:
o La condivisione, nella separazione, di processi trasparenti crea i
presupposti per la nascita di un mercato di transazioni aziendali,
basato su criteri oggettivi e professionali.
Si tratta, a questo punto, di capire se il Distributore intenda provare a
cambiare il suo mondo, rimettendo in discussione se stesso, o preferisca,
visitando l’ennesima azienda agricola biologica, rispondere: “I would prefer
not to.”24
23
Censis, L’inarrestabile proliferazione dei soggetti nel sistema italiano, Censis, 2018
24
Melville, H, Bartleby lo scrivano, Feltrinelli, 2015
26
Bibliografia di riferimento
1 ANFIA, Rapporto trasporto merci su strada, 2013;
2 Assofranchising, Rapporto Italia 2016, Assofranchising, 2016;
3 Censis, L’innarrestabile proliferazione dei soggetti nel sistema italiano,
Censis, 2018;
4 De Angelis, Leondini, F, From a metaphysic of the consumer to an
antropology of consumption: a novel methodological approach to the study
of food and beverage consuption, working paper, 2017;
5 ECR Italy, Barometro OSA, working paper 2018;
6 FIPE, Rapporti sulla ristorazione 2015, 2016, 2017, FIPE;
7 Gigante, F, Watson API: come costruire una soluzione cognitive, IBM,
working paper, 2018;
8 GS1 Italy, Un anno di tendenze 2017, GS1 2018;
9 GS1 Switzerland, Best practice in implementing VMI, GS1, working paper
2016;
10 IRI, Atti del 7° Intenational Horeca Meeting, Roma, 2018;
11 ISMEA, Rapporto 2017 Qualivita, ISMEA, 2018;
12 ITALGROB, Rapporto sulla Distribuzione HoReCa, ITALGROB, 2018;
13 Leondini, F, De Angelis, M, Chiacchiere da bar. Fenomenologia del
consumo fuori casa: una ricerca fuzzy tra induzione e deduzione, working
paper, 2016;
14 Leondini F, De Angelis, M, L’evoluzione dei modelli imprenditoriali nel
settore della distribuzione sul segmento HoReCa, working paper, 2016;
15 Melville, H, Bartleby lo scrivano, Feltrinelli, 2015;
16 Politecnico di Milano, L’eSupply chain collaboration in Italia,
Osservatori.net, 2017;
17 Ponce-Cueto, E, Carrasco-Gallego, R, Distribution models for logistics in
HoReCa channel, Escuela Técnica Superior de Ingenieros Industriales,
Universidad Politecnica de Madrid, 2006;
18 Pronello, C, Camusso, C, Rappazzo, V, Last mile freight distribution and
transport operator’s needs: which targets and challenges?,
Interuniversity Department of Regional and Urban Studies and
Planning, Politecnico di Torino, 2017;
19 Shoemaker, J, Allen, J, Huschenbeck, M, Monigl, J, Best Urban Freight
Solution II, working paper, 2006;
20 XPO Logistics, WeAreXPO, Company presentation, 2016

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  • 1. 1 Dall’atomo al bit: per una nuova distribuzione HoReCa. F. Leondini, M. De Angelis.
  • 2. 2 Abstract. Compito del presente lavoro è quello di proporre un metodo per ridefinire ed oggettivare le determinanti di creazione del valore per la distribuzione HoReCa in Italia. L’obiettivo finale cui lo studio vuole giungere è triplice, e precisamente: - Dare contenuti al valore d’impresa; - Riportare il distributore al centro dell’ecosistema HoReCa; - Definire nuovi standard di processo, interoperabili con gli altri attori dell’ecosistema. Il percorso metodologico seguito è stato quello di scomporre i tre processi costitutivi dell’impresa di distribuzione, e precisamente quelli: - Logistico, - Commerciale, - Finanziario, per rimodellarne i profili alla luce sia delle tecnologie disponibili, che delle derive assunte dal mercato di riferimento nel suo complesso. Se, infatti, l’obiettivo è quello di tratteggiare un nuovo modello di business distributivo, è necessario partire da un’analisi puntuale delle singole componenti operative che costituiscono i diversi processi caratteristici delle imprese oggetto di analisi, per poi provare a ricomporle individuando le sinergie nascoste e proponendo una visione di sintesi che, senza snaturare le caratteristiche del mercato di riferimento, definisca le basi su cui incardinare un nuovo modo di affrontare il mercato. In questo lavoro, quindi, si sono scomposti i processi principali tipici di un’azienda di distribuzione, per poi riaggregarne i determinanti alla luce dei nessi causali emersi.
  • 3. 3 1. Le ragioni di una proposta. Perché si è arrivati a sentire l’esigenza di una proposta di rifondazione del modello distributivo nell’HoReCa? La risposta, come sempre, non è univoca e circostanziata in modo preciso, ma prende le mosse da una serie di osservazioni che, partendo dalle dinamiche del Mercato di riferimento, cercano di contestualizzare il senso profondo dei cambiamenti in atto. Una prima considerazione va fatta sul processo latente di progressiva disintermediazione del Distributore. Negli ultimi due anni, infatti, il Mercato HoReCa è cresciuto di quasi il 9%1, mentre i Distributori di bevande sono cresciuti del 3% circa2. Una delle spiegazioni va ricercata nella proliferazione dei cd. “PdV in Catena” il cui volume d’affari si aggira sui 2 miliardi di Euro3, si pensi, per esempio a insegne quali “Old Wild West” o “Piadineria” o “Acqua e Farina”. Da questa stima, però, mancano le varie iniziative proprietarie. Solo a titolo d’esempio, i Punti di ristoro di proprietà IKEA realizzano un fatturato vicino ai 100 milioni di € (dati 2016) e i “Bar Atlantic”, interni alle strutture Esselunga, si attestano sui 62 milioni di Euro. A tutto questo si aggiungono le strutture di Meal&Food delivery quali, ad esempio, Foodora e Just Eat che fungono da piattaforme digitali d’offerta diretta tra i PdV e il consumatore, disintermediando il distributore, e che raggiungono, complessivamente, un giro d’affari di “pasti equivalenti” di circa 300 milioni di euro. Si tratta di fatturato che non tocca il Distributore perché intermediato completamente dall’Industria attraverso accordi nazionali. Una seconda riflessione riguarda la tendenza della distribuzione HoReCa ad allargare il mix di prodotti verso il settore del food come risposta operativa alla perdita di quota di mercato complessiva. Si tratta di una scelta che, al massimo, può ricoprire un ruolo tattico di temporaneo tampone di emergenza ma che non ha alcun afflato strategico. Il settore, infatti, è fortemente polarizzato: da un lato operano distributori mainstream, di dimensioni colossali (si pensi ai 350 milioni di fatturato di DAC) o che, addirittura, si sanno integrando a valle (si pensi all’esperienza RED tra Feltrinelli e CIR) e, quindi, competitivamente fuori portata, dall’altro c’è il segmento delle nicchie e delle specialità, declinate nelle diverse IGP, DOP, DOC et alia. La distribuzione delle vendite per canale, in questo segmento4, evidenzia un crollo della quota di fatturato intermediata dai grossisti di quasi 12 punti percentuali negli ultimi 10 anni e, quindi, si tratta di un’arena competitiva molto fragile e in recessione. Questo significa che il settore “food” non può rappresentare una reale risposta strategica alle difficoltà di mercato che il distributore sta incontrando ma, tuttalpiù, è una possibile via per una modesta dilatazione delle dimensioni operative. Il terzo argomento di analisi riguarda la distribuzione della ricchezza prodotta dalle aziende di distribuzione. Da un lato stiamo assistendo ad 1 Rapporti FIPE 2015, 2016 e 2017 2 IRI, atti del 7° International Horeca Meeting, Roma, 2018 3 Assofranchising, Rapporto, 2016 4 Rapporto ISMEA, 2017
  • 4. 4 una polarizzazione reddituale sempre più marcata5, dall’altro il valore patrimoniale di queste aziende continua ad impoverirsi di contenuti sia per le dinamiche sopra evidenziate che, altrettanto importante, per l’impermeabilità degli attuali imprenditori alla revisione dei processi, presi completamente dalle negoziazioni sui prodotti. 5 Rapporto sulla Distribuzione HoReCa, Italgrob, 2018
  • 5. 5 2. Il processo logistico. Parlare di logistica nel segmento HoReCa significa affrontare un tema complesso. Non si tratta, infatti, di analizzare il processo solamente nelle sue componenti tecniche e operative, ma anche di considerarne le implicazioni indirette quali, nello specifico, il coinvolgimento del legislatore pubblico locale (norme di accesso alle ZTL, orari di consegna, regolamentazione del traffico), le ricadute sull’ambiente (produzione di CO2, inquinamento acustico) e la frammentazione del mercato sia dal lato della domanda (poco meno di 400.000 Pubblici Esercizi (PdV)6) che da quello dell’offerta (circa 4.500 Grossisti, di cui 1.800 specializzati nel beverage)7. Per questi motivi è importante, in prima battuta, tratteggiare le caratteristiche, dirette e indirette, che fanno da sfondo ai processi logistici nell’HoReCa. Una prima considerazione da fare è relativa ai costi legati alla distribuzione HoReCa che, rispetto a quanto avviene per il Retail moderno (GDO), sono circa 4 volte maggiori.8 Le cause di questa sproporzione sono riconducibili alla frammentazione delle consegne e degli operatori, ai ridotti spazi di stoccaggio, ai problemi legati alla reverse logistics (ritiro degli imballaggi vuoti), alla localizzazione dei PdV, alle difficoltà di accesso ai magazzini, sia sotto il profilo della mobilità (parcheggio) che dal punto di vista della manipolazione delle merci (consegna fisica del bene in cantina). Dal punto di vista delle emissioni di CO2, e di altri inquinanti, va ricordato che, data una distanza di 10 Km, la differenza tra percorrere per intero il tragitto senza soste e, di contro, effettuarlo con 5 soste incrementa il solo consumo di carburante del 140%9. A questo dato occorre, per completezza, ricordare che il parco circolante italiano, riferito ai soli mezzi commerciali e suddiviso per categoria Euro, vede il 21% degli automezzi appartenenti alla categoria Euro 0 e il 74% compreso tra Euro 0 ed Euro 3 compresi10, stando all’ultimo censimento disponibile. A conclusione di questa brevissima sintesi dei problemi legati alla consegna dei beni nell’HoReCa, è importante cercare di inquadrare cosa può essere fatto dagli operatori, di concerto con il Legislatore, per sviluppare una logistica sostenibile. Sul punto è possibile immaginare l’istituzione di un tavolo di lavoro tra Italgrob e ANCI che analizzi la possibilità di creare11: - Piazzole di sosta affittabili, con finestre temporali definite ed eventuali penali; - Piattaforme on line per le notizie relative alle chiusure temporanee di vie e percorsi anche per incidenti; - Co-accesso regolamentato alle corsie preferenziali dei mezzi pubblici; 6 Rapporto FIPE, 2017 7 Rapporto sulla Distribuzione HoReCa, Italgrob, 2018 8 Ponce-Cueto, Carrasco-Gallego, Distribution Models for logistics in HORECA Channel, Escuela Técnica Superior de Ingenieros Industriales, Universidad Politecnica de Madrid, 2006. 9 Schoemaker, J, Allen, J, Huschenbeck, M, Monigl, J, Best Urban Freight Solution II, 2006 10 Rapporto ANFIA, 2013 11 Pronello, C, Camusso, C, Rappazzo, V, Last mile freight distribution and transport operator’s needs: which targets and challenges?, Interuniversity Department of Regional and Urban Studies and Planning, Politecnico di Torino, 2017
  • 6. 6 - Accesso alle ZTL solo per automezzi a partire da un certa categoria di Euro in poi. Dal punto di vista della misurazione degli effetti, infine, va ricordata la possibilità di misurare la quantità di CO2 emessa da ogni automezzo, grazie alla piattaforma “Ecologistico2” sviluppata da GS112. E, per ampliare il tema della trasparenza, potrebbe essere presa in considerazione l’idea di esporre in fattura, per conoscenza, la quantità di CO2 emessa per effettuare la consegna, per dare conto anche al cliente che l’opportunismo ha sempre un costo per la collettività13. Chiarite le caratteristiche proprie del processo logistico del segmento, è possibile proporne una sua reinterpretazione compenetrando esigenze operative contingenti, miglioramento dell’efficienza di processo basata sulla tecnologia e sul concetto di “logistica cooperativa”, e nuovo modello di business distributivo. Il modello proposto, descritto nella Fig. 1, prevede il disaccoppiamento del processo logistico rispetto alle altre funzioni aziendali consentendo, però, di mantenere il controllo sia del flusso dei prodotti che, aspetto molto più importante, del grado di soddisfazione del cliente. L’esternalizzazione della funzione logistica trova la sua logica non solo nella possibilità di aumentare l’efficienza del processo e l’efficacia delle azioni commerciali conseguenti, ma anche nel riconoscimento che si tratta di una funzione il cui valore si estrinseca solo in contesti altamente specializzati. Figura 1 Il Processo Logistico 12 GS1 Italy, Un anno di Tendenze, 2017 13 Malvestio, A, Presidente Freight Leader Council, in Un anno di tendenze, GS1, 2017
  • 7. 7 Nel prosieguo si procederà ad analizzare le singole parti del processo, così da rendere con maggior chiarezza i concetti sottostanti al modello. Nella Fig. 2 è evidenziato il primo passaggio che pertiene alla negoziazione commerciale tra Industria e Distribuzione. Figura 2 Il Rapporto Industria-Distribuzione Le fasi prevedono che: a. Il rapporto commerciale tra Industria e Distributore resti diretto e personale; b. Il soggetto negoziale possa essere indifferentemente la singola azienda di distribuzione o il consorzio di appartenenza; c. Definite le condizioni di fornitura, sia il distributore, o il consorzio, ad abilitare presso la piattaforma logistica il fornitore. In questo modo non si perdono le competenze negoziali e le conoscenze specifiche del mercato proprie del distributore che rimane l’arbitro finale del processo di abilitazione e inclusione. La fig. 3, che è il cuore del processo, spiega il meccanismo di disaccoppiamento delle funzioni logistica e commerciale.
  • 8. 8 Figura 3 Il Rapporto Distribuzione-Logistica-PdV Nello specifico, dal punto di vista commerciale: a. Il distributore continua ad acquisire direttamente gli ordini dal PdV, mantenendo così la titolarità del rapporto; mentre, sotto il profilo logistico outbound: a. Il distributore trasmette gli ordini all’azienda di logistica, via EDI (protocollo di comunicazione con standard internazionali) o attraverso altri protocolli standard di comunicazione, così da automatizzare il flusso delle informazioni. L’azienda di logistica: a. Riceve gli ordini, e ne dà conferma all’azienda di distribuzione attraverso gli stessi protocolli di invio; b. Consegna la merce al PdV emettendo una bolla di consegna (o DdT) intestato all’azienda di distribuzione con “luogo di consegna” il PdV. Il documento che accompagna la merce NON riporta i prezzi, a garanzia della riservatezza delle condizioni commerciali proprie di ciascuna azienda commerciale. Questo consente all’azienda di logistica di poter garantire i propri servizi a più distributori contemporaneamente; c. L’azienda di logistica fattura all’azienda di distribuzione la merce consegnata al PdV, al prezzo di costo aumentato di un minimo ricarico per questioni fiscali; d. L’azienda di distribuzione fattura a sua volta la merce al PdV, richiamando il documento emesso dall’azienda di logistica, alle condizioni pattuite.
  • 9. 9 Questa impostazione permette di: - Ottimizzare i percorsi di consegna (economie di adozione); - Limitare, o comunque ridurre, le emissioni di CO2 a parità di volumi trasportati (Logistica sostenibile); - Ridurre il costo delle fermate per consegna; - Aumentare il livello di servizio per tutti gli attori coinvolti. Questo perché, grazie alla professionalità specifica, è possibile realizzare una serie di operazioni che sarebbero impensabili al di fuori di un operatore professionale (Fig. 4)14. Figura 4 I Servizi di una Logistica specializzata Per quanto riguarda, invece, la gestione dei processi logistici inbound, la Fig. 5 evidenzia le possibilità di adottare moduli di logistica collaborativa, con particolare riferimento all’EDI (visto in precedenza) e al VMI. Figura 5 Il Rapporto Industria-Logistica-PdV 14 XPO Logistics, WeAreXPO, working paper, 2016
  • 10. 10 Una parentesi esplicativa la merita il Vendor Management Inventory, cioè la gestione delle scorte di magazzino affidata al fornitore, sia esso l’Industria (nel caso della logistica distributiva) o la logistica stessa (nel caso dei rifornimenti al PdV). Lo schema classico di un processo VMI è spiegato dalla Fig. 615: Figura 6 Il VMI In sostanza si tratta di adottare dei meccanismi di trasparenza interaziendale, basati su flussi automatici di comunicazione di dati, finalizzati all’automazione dei processi di rifornimento relativi ad ordini ripetitivi di merce. Questo modo di operare introduce grandi economie di gestione delle scorte (efficienza di processo) e aumenta l’efficacia delle proposte commerciali, limitando i disservizi legati alle rotture di stock che nel Retail moderno sono responsabili di mancate vendite in ragione del 4,3% del fatturato complessivo16. La sottoscrizione di SLA sia con l’Industria che con alcuni PdV, basati su Tempo e Frammentazione, diventa un pilastro del vantaggio competitivo difficilmente replicabile perché fondato su una serie di competenze proprietarie delle aziende appartenenti al circuito. I minori costi generati dall’applicazione del sistema si suddividono tra i vari attori del processo, generando effetti di premium price per i partecipanti ed evidenziando il costo dell’opportunismo logistico. 15 GS1 Switzerland, Best practice in implementing VMI, working paper, 2016 16 ECR Italy, Barometro OSA, febbraio 2018
  • 11. 11 3. Il processo commerciale. La revisione del modello di business della distribuzione HoReCa deve passare anche attraverso una definizione diversa del ruolo del distributore all’interno dell’ecosistema HoReCa. Ne consegue che devono essere rimodellati non solo i rapporti plurilaterali del settore, ma anche le determinanti del vantaggio competitivo che, va ricordato, devono essere proprietarie e costituire una barriera all’ingresso oggettiva. In questo modo si può configurare un percorso che porti all’oggettivazione dell’asset costituito dal cosiddetto “avviamento commerciale” che, in questo caso, è definibile come “il brand del distributore”. Il processo commerciale è esposto nella Fig. 7: Figura 7 Il Processo Commerciale Anche in questo caso, come nel precedente riferito alla logistica, si procederà isolando i singoli passaggi, commentandone le caratteristiche principali. In Fig. 8 è rappresentata la nuova funzione che il distributore dovrà ricoprire nell’ecosistema di competenza.
  • 12. 12 Figura 8 Il distributore: un nuovo HUB informativo Nello specifico il distributore diventa un HUB informativo che ha il compito di mantenere allineate le esigenze del consum-autore con le funzioni di marketing e R&D dell’Industria. La perdita di contatto con il Consumatore da parte del PdV ha creato un vuoto metodologico nell’analisi del mercato17. Ne è derivata, come conseguenza, una serie di equivoci che hanno portato all’adozione di strumenti di analisi inadeguati che hanno prodotto risultati molto spesso fuorvianti18. Il processo si compone di due fasi distinte: a. Raccolta di informazioni strutturate (dati di cassa) e non strutturate (data lake di presenza, gender & Age, post su Trip Advisor e sentiment dei consumatori presenti nel PdV); b. Creazione di un DB consultabile a disposizione degli attori coinvolti per affinare l’analisi dei processi di consumo. Vedere il distributore come attante dei processi di comunicazione ecosistemica permette di fare un ulteriore passo avanti nella definizione del modello di business (Fig. 9): 17 De Angelis, M, Leondini, F, From a metaphysic of the consumer to an anthropology of consumption: A novel methodological approach to the study of food and beverage consumption, working paper, 2017 18 Leondini, F, De Angeli, M, Chiacchiere da Bar. Fenomenologia del Consumo fuori Casa: Una ricerca fuzzy tra induzione e deduzione, working paper, 2016
  • 13. 13 Figura 9 La gestione delle esternalità “same side” e le politiche di trade marketing La gestione delle informazioni, abbinata ad una conoscenza di base del mercato di riferimento, permette al distributore di guidare le esternalità positive “same side” di esclusività del PdV e di experience del Consumatore. Ne consegue che, grazie alla messa a disposizione di informazioni proprietarie e strutturate, anche l’Industria indirizza meglio le proprie politiche di trade marketing e trova più efficiente veicolarle attraverso l’HUB distributivo piuttosto che disintermediarlo. Una prima ricaduta pratica, per esempio, può essere l’internalizzazione della gestione di tutto il materiale PoP. L’utilizzo di una piattaforma digitale B2B per la gestione degli aspetti routinari del rapporto con il cliente rende l’intero processo ancora più efficiente e dai risultati misurabili e, quindi, apre la strada a notevoli miglioramenti negoziali e di rapporto. Passare dalla negoziazione sul prezzo della merce a quella sul valore del dato significa ridisegnare i driver di ricavo e cambiare le modalità di ingaggio dei rapporti, spostando l’attenzione dalle dinamiche quantitative ai nessi causali del consumo. In particolare nei confronti dei PdV si passa da una indiscriminata politica push, ad una più attenta gestione delle proposte commerciali ritagliata sulle necessità del consum-autore, creando valore anche per il PdV (Fig. 10).
  • 14. 14 Figura 10 Le esternalità “cross side” Il distributore, a questo punto, è titolato a gestire le esternalità “cross side” per consentire: - All’Industria di sollecitare l’attenzione del Consumatore; - Al PdV di differenziare la sua offerta esperienziale. Solo a titolo di conoscenza, e di provocazione, si ricorda che quando esiste un mercato primario di qualcosa (DB del distributore) ne nasce subito uno secondario correlato (future sul consumo) che in questo caso potrebbe essere rappresentato da “Horecoupon” creati per la promozione di eventi e brands, la cui rendicontazione è certificata dai protocolli digitali del processo. Si tratta di passare dalla “carta dei prodotti” alla “carta delle esperienze”. Un accenno va fatto ai protocolli di intelligenza artificiale che possono permettere di internalizzare le competenze proprie della forza vendita fornendo alla stessa un aiuto sul campo, ma di tipo derivato, così da limitare i danni dovuti alla gestione non convenzionale dei comportamenti competitivi, tipica del settore. In questa direzione si sta muovendo IBM attraverso Watson (Fig.11)19 i cui costi di implementazione e gestione sono scalabili e possono agevolare anche le funzioni di data mining. 19 Gigante, F, Watson API: come costruire una soluzione cognitive, working paper, IBM, 2018
  • 15. 15 Figura 11 Il venditore virtuale: una professionalità aziendale proprietaria
  • 16. 16 4. Il processo finanziario La gestione finanziaria, ai fini di questo documento, è riferita ai soli crediti verso i clienti. Si tratta di un argomento che nel tempo ha subito uno slittamento pragmatico da “servizio” a “problema”. In realtà la definizione originaria è anche quella corretta, perché permette ad un lavoro di intermediazione all’ingrosso di FMCG di conseguire primi margini al di fuori di qualunque possibile confronto. Le difficoltà di gestione del processo, unite alla possibilità di creare valore attraverso l’utilizzo corretto di strumenti finanziari, hanno guidato la ricerca di nuove soluzioni operative per questo processo, sintetizzate nella Fig. 12. Figura 12 Il Processo finanziario Il processo, in questo caso, è stato scomposto in tre distinte fasi. La prima è illustrata dalla Fig. 13 e prevede una serie di passaggi: a. La creazione di una SPV (Special Purpose Vehicle, in sostanza una NewCo finanziaria); b. L’apertura di un rapporto con Cerved che serve ad assegnare un merito creditizio, rivisto mensilmente, ai singoli PdV del distributore; c. La cessione pro soluto dei crediti dal distributore alla SPV con cadenza settimanale; d. La SPV paga al distributore il controvalore dei crediti acquistati ma scontando: a. Il merito creditizio assegnato al PdV da Cerved attraverso il DB di PayLine; b. La durata del credito (i termini di pagamento).
  • 17. 17 Figura 13 La cessione dei crediti In questo contesto non va sottovalutato il recupero di efficienza interna che l’azienda di distribuzione ottiene per effetto dell’eliminazione della figura del credit manager con tutte le funzioni operative collegate. La seconda fase (Fig. 14), entra nelle modalità con cui la SPV finanzia l’acquisto dei crediti. Figura 14 La cartolarizzazione dei crediti
  • 18. 18 Il modello prevede che la SPV emetta obbligazioni, differenziate in base al merito creditizio e alla durata del credito sottostante, e le collochi presso fondi di private equity. L’ingresso di fondi di private equity è una novità nel settore che, però, consente di ampliare gli orizzonti strategici dei distributori. D’altra parte, visti i tassi di crescita dell’HoReCa, la frammentazione della domanda e dell’offerta e la ancora scarsa regolamentazione, i fondi possono trovare in questo settore una concreta possibilità di sviluppo. La terza fase del processo serve per indirizzare gli investimenti (Fig. 15). Figura 15 Il finanziamento di nuove forma di PdV Il margine di intermediazione che realizza la SPV, dopo aver coperto i propri costi di funzionamento, serve per co-finanziare, insieme ad altri venture capitalist, nuove forme di offerta nell’HoReCa. In questo modo il distributore si copre, partecipando alle iniziative, verso potenziali rischi di disintermediazione. In questo modello, dunque, poco importa quale sarà la forma che prenderà l’HoReCa del futuro perché le eventuali asimmetrie organizzative sono governate ex ante attraverso la partecipazione finanziaria alle nascenti nuove strutture. Si tratta di un allargamento degli orizzonti strategici di portata straordinaria e che permetterebbe alla distribuzione di rendere ancora più pervasivo il proprio ruolo all’interno dell’ecosistema HoReCa. La circolarità del modello prevede che, partendo dal distributore, ad esso si ritorni (Fig. 16), questo per mantenere una concretezza di fondo, soprattutto sotto il profilo della formazione dei ricavi, in assenza della quale aumenterebbe l’aleatorietà della proposta.
  • 19. 19 Figura 16 I nuovi ricavi del distributore L’apertura degli orizzonti negoziali verso i venture capitalist amplia le possibilità di business del distributore in modo significativo. Nel dettaglio, i ricavi potenziali possono essere di tre tipologie diverse: - Diretti: attraverso la nascita e la fornitura di nuovi clienti HoReCa in catena o franchising; - Indiretti: derivati dall’essere co-finanziatori di start up innovative nel settore (B2B Portal: Direttoo, Bluecart; Growzer; M&F Delivery: Just Eat, Deliveroo…); - Trasversali: grazie all’allargamento del DB informativo sui processi di consumo.
  • 20. 20 5. Il distributore 4.0: un nuovo modello di business. La ristrutturazione dei processi fondamentali della distribuzione, così come descritta, rappresenta, da un punto di vista operativo, la proposizione di un nuovo modello di business per il distributore HoReCa. Il nuovo modo di intendere un’azienda di distribuzione HoReCa prevede, in conclusione, di: - Eliminare i vincoli o Logistici, mantenendo il controllo del flusso della merce; o Finanziari, mantenendo il controllo del rapporto con il cliente; - Ampliare le fonti di reddito attraverso o Il cofinanziamento di nuove forme d’offerta nell’HoReCa; o L’ampliamento e la valorizzazione di asset informativi proprietari; o Efficientamento della supply chain in tutti i suoi aspetti. Il distributore, a questo punto, diventa un intermediario commerciale puro che compra e vende contratti, dati e futures sul consumo, sussidiati dalla merce, basandosi su una struttura dinamica, snella, efficiente e con competenze proprietarie. 6. Il distributore 4.0: la valutazione del rapporto con il cliente. I diversi processi descritti nel presente studio hanno delle ricadute dirette sui PdV. L’adesione, o meno, ai passaggi descritti definisce un rating oggettivo, e certificato da terzi, e quantitativamente definito al rapporto esistente tra distributore e PdV. L’affermazione è importante perché riuscire a definire una proxy di valutazione del rapporto intercorrente tra le parti in un business di relazione, quale è quello proprio dell’HoReCa, significa trovare una formula oggettiva per attribuire un valore all’avviamento commerciale. I parametri di valutazione del rapporto tra distributore e PdV che sono stati individuati si articolano su tutti i processi descritti, e sono: - Processo Logistico: o Sottoscrizione di contratto sui livelli di servizio basati su Tempo e Frammentazione; o Adesione al programma di VMI; - Processo Commerciale: o Conferimento dati cassa; o Utilizzo delle piattaforme digitali B2B del Distributore; o Loyalty rate; - Processo Finanziario: o Merito creditizio assegnato da Cerved; o Utilizzo piattaforme di ePayment (PSP). L’insieme delle adesioni alle distinte fasi dei diversi processi determina il rating del PdV che non rappresenta un valore fisso nel tempo, ma che è soggetto ad un aggiornamento mensile legato alle performance conseguite. Si tratta di realizzare una vera e propria quotazione di borsa del PdV che rappresenta non tanto il valore intrinseco del PdV, quanto piuttosto la base per oggettivare l’avviamento commerciale del distributore.
  • 21. 21 7. Il distributore 4.0: l’avviamento commerciale. Come evidenziato in altri studi20, l’avviamento commerciale di un’azienda di distribuzione HoReCa presenta un problema di definizione puntuale dei valori ma, soprattutto, sconta la difficoltà ad essere oggettivato in un definito asset proprietario21. Questi due ostacoli creano i presupposti per una aleatorietà di valori, superata solo dalla gestione delle asimmetrie negoziali contingenti, che nei fatti blocca il mercato delle transazioni aziendali e rende del tutto opinabile qualsiasi tentativo di analisi. Nel modello proposto entrambi questi ostacoli sono superati perché il valore dell’avviamento commerciale di un’azienda di distribuzione si basa su parametri oggettivi, quantificati e certificati da terzi. Nello specifico l’avviamento commerciale di un’azienda di distribuzione è il risultato: - Della media ponderata del valore di borsa dei singoli PdV; - Della disponibilità di tecnologia proprietaria a supporto delle funzioni commerciali (AI); - Della adesione ai processi di dialogo con l’Industria sulla CE. Tanto maggiori saranno le adesioni ai processi di cui sopra, tanto maggiore sarà il valore dell’intangible sottostante. La conclusione è importante, oltre che per i suoi aspetti legati alla negoziazione diretta sul mercato, perché permette di tracciare un metodo di trattamento contabile dell’avviamento commerciale interno molto simile a quello relativo ai “marchi e brevetti”. In altre parole nel momento in cui il controvalore di avviamento è certificabile oggettivamente e misurabile quantitativamente è ipotizzabile, almeno a livello metodologico, di poterne iscrivere la posta tra gli asset immateriali. Così facendo, di fatto, si riconosce non solo il valore patrimoniale dell’attività d’impresa ma, altrettanto importante, si attribuisce all’avviamento il valore di “marchio del distributore” assimilabile, per specie, ai brand industriali, con tutte le conseguenze patrimoniali e valutative che questa affermazione porta con sé. L’aver aperto la via per trasformare la ricchezza (risultati economici) in valore (asset patrimoniali) significa iniziare ad affrancare la distribuzione dal ruolo di “parente povero” dell’ecosistema HoReCa, riconoscendone il valore di HUB informativo insostituibile. 8. Il distributore 4.0: la finanza come piattaforma di creazione di valore. La ristrutturazione del processo finanziario, oltre ad una diversa gestione dei crediti clienti e delle funzioni ad essa collegate, permette di far entrare nell’HoReCa gli operatori finanziari strutturati. I vantaggi dell’ingresso dei venture capitalist sono già stati velocemente accennati più sopra; diversa è, invece, la presenza dei fondi private equity. L’azione diretta di fondi di private equity nell’HoReCa, oltre a svolgere la funzione di comburenti nel 20 Rapporto sulla Distribuzione HoReCa, Italgrob, 2018 21 Leondini, F, De Angelis, M, L’evoluzione dei modelli imprenditoriali nel settore della distribuzione di bevande sul segmento HORECA, working paper, 2016
  • 22. 22 processo finanziario, permette di costruire degli scenari del tutto nuovi in termini di modalità aggregative del settore. In sostanza, con i fondi di private equity è possibile: - Pianificare una way out aziendale vera e propria, basata su parametri oggettivi definiti ex ante; - Costituire una SPAC finalizzata alla creazione del primo polo distributivo italiano, privato e indipendente. Per chiarezza, di seguito, è evidenziato il funzionamento di una SPAC: Figura 17 Figura 18
  • 23. 23 Si tratta di scenari non tanto fantasiosi, soprattutto se incardinati nella realtà distributiva italiana: frammentata, padronale, diffusa. Pertanto, il modello, nella sua configurazione completa, attraverso: - La standardizzazione delle competenze richieste per la gestione aziendale, - L’oggettivazione delle grandezze di riferimento, - La certificazione dei processi da parte di enti terzi, - La proprietà delle piattaforme tecnologiche di sviluppo del Business, permette di acquisire i vantaggi della modernità, senza perdere il controllo dell’azienda.
  • 24. 24 9. Conclusioni Come concludere una proposta di revisione così radicale del modello di business della distribuzione HoReCa? Ma, soprattutto, come riuscire a trasferire ai distributori i vantaggi che questa nuova impostazione aziendale può consentire? Una prima importante considerazione va fatta sul nuovo ruolo centrale che il distributore ricopre all’interno del nuovo ecosistema. Si tratta di mettere a fuoco il passaggio dall’attuale funzione di aggregatore logistico di brands, a quella di piattaforma digitale di analisi e gestione delle informazioni di mercato. Il passaggio “dall’atomo al bit” è il passaggio dalla logistica alla digitalizzazione, da un vantaggio competitivo basato sulle difficoltà orografiche ad uno fondato sulla conoscenza, e per questo non sostituibile. Una seconda osservazione riguarda il cambio di prospettiva commerciale che, grazie alla piattaforma informativa sviluppata dal distributore, interessa tutti gli attori. Si tratta di passare da una logica “push”, in cui vince chi è ubiquo, ad una modalità fondata sull’analisi fine dei consumi, in cui vince chi è al posto giusto quando serve. Oltre alle notevolissime efficienze di processo in tutta la supply chain22, è importante ribadire il passaggio concettuale, e pratico, dalla “carta dei prodotti” alla “carta delle esperienze”, da una logica governata da astrazioni ex ante, ad una basata sullo studio empirico dei fenomeni di consumo. Riportare al centro dell’analisi il consumatore, e non una sua idealizzazione, significa reimpostare le modalità di analisi e studio del mercato HoReCa, partendo dalla piattaforma distributiva. Una terza riflessione pertiene alla possibilità di oggettivare l’avviamento commerciale del distributore, trattandolo contabilmente come un vero e proprio marchio. Si tratta di una importante proposta innovativa perché introduce, per la prima volta, una serie di criteri oggettivi per misurare una grandezza che, sino ad ora, è dipesa esclusivamente dall’abilità levantina nella gestione delle asimmetrie negoziali. Una quarta, e ultima, puntualizzazione riguarda il coinvolgimento di operatori finanziari strutturati in un settore che, fino a questo momento, ne è stato escluso. Anche in questo caso la portata innovativa è notevole, perché permette di allargare gli orizzonti del business tradizionale verso forme d’offerta oggi solo subite. Si tratta di passare da una posizione di mercato passiva ad una proattiva, finalizzata a divenire driver costitutivi dei processi di cambiamento. In chiusura è agevole riepilogare i vantaggi che il nuovo modello porta con sé: - Eliminazione dei vincoli territoriali: o Non essendoci più la necessità di una logistica proprietaria, il raggio d’azione commerciale è potenzialmente senza limiti; - Despecializzazione e standardizzazione delle competenze gestorie: 22 Politecnico di Milano, L’eSpply chain collaboration in Italia, Osservatori.net, 2017
  • 25. 25 o Avendo scorporato i servizi finanziari e logistici, la gestione di un’azienda di distribuzione richiede competenze molto più facilmente reperibili sul mercato ordinario del lavoro rispetto allo stato attuale; - Eliminazione dei vincoli dimensionali: o La gestione esterna dei servizi finanziari e logistici permette alle aziende del Segmento di recuperare redditività e crea un Mercato sostenibile anche per le piccole realtà imprenditoriali. Aspetto, questo, fondamentale perché incardina il modello nella realtà italiana, da sempre incapace di concentrazioni epocali23; - Creazione di un Mercato potenziale di compravendita aziendale: o La condivisione, nella separazione, di processi trasparenti crea i presupposti per la nascita di un mercato di transazioni aziendali, basato su criteri oggettivi e professionali. Si tratta, a questo punto, di capire se il Distributore intenda provare a cambiare il suo mondo, rimettendo in discussione se stesso, o preferisca, visitando l’ennesima azienda agricola biologica, rispondere: “I would prefer not to.”24 23 Censis, L’inarrestabile proliferazione dei soggetti nel sistema italiano, Censis, 2018 24 Melville, H, Bartleby lo scrivano, Feltrinelli, 2015
  • 26. 26 Bibliografia di riferimento 1 ANFIA, Rapporto trasporto merci su strada, 2013; 2 Assofranchising, Rapporto Italia 2016, Assofranchising, 2016; 3 Censis, L’innarrestabile proliferazione dei soggetti nel sistema italiano, Censis, 2018; 4 De Angelis, Leondini, F, From a metaphysic of the consumer to an antropology of consumption: a novel methodological approach to the study of food and beverage consuption, working paper, 2017; 5 ECR Italy, Barometro OSA, working paper 2018; 6 FIPE, Rapporti sulla ristorazione 2015, 2016, 2017, FIPE; 7 Gigante, F, Watson API: come costruire una soluzione cognitive, IBM, working paper, 2018; 8 GS1 Italy, Un anno di tendenze 2017, GS1 2018; 9 GS1 Switzerland, Best practice in implementing VMI, GS1, working paper 2016; 10 IRI, Atti del 7° Intenational Horeca Meeting, Roma, 2018; 11 ISMEA, Rapporto 2017 Qualivita, ISMEA, 2018; 12 ITALGROB, Rapporto sulla Distribuzione HoReCa, ITALGROB, 2018; 13 Leondini, F, De Angelis, M, Chiacchiere da bar. Fenomenologia del consumo fuori casa: una ricerca fuzzy tra induzione e deduzione, working paper, 2016; 14 Leondini F, De Angelis, M, L’evoluzione dei modelli imprenditoriali nel settore della distribuzione sul segmento HoReCa, working paper, 2016; 15 Melville, H, Bartleby lo scrivano, Feltrinelli, 2015; 16 Politecnico di Milano, L’eSupply chain collaboration in Italia, Osservatori.net, 2017; 17 Ponce-Cueto, E, Carrasco-Gallego, R, Distribution models for logistics in HoReCa channel, Escuela Técnica Superior de Ingenieros Industriales, Universidad Politecnica de Madrid, 2006; 18 Pronello, C, Camusso, C, Rappazzo, V, Last mile freight distribution and transport operator’s needs: which targets and challenges?, Interuniversity Department of Regional and Urban Studies and Planning, Politecnico di Torino, 2017; 19 Shoemaker, J, Allen, J, Huschenbeck, M, Monigl, J, Best Urban Freight Solution II, working paper, 2006; 20 XPO Logistics, WeAreXPO, Company presentation, 2016