1. Ad Antonino
Colpa dell’alba
L'alba, capisci?, me la sono presa pure con l'alba. Ho
maledetto così tante volte il silenzio omertoso di quel
mattino senza cuore; nemmeno la tazzina di caffè che
risvegliava i tuoi sorrisi stanchi t'ha detto: "Resta qua, oggi
muori".
Non sentivo mai la tua sveglia, ma so che ti sei alzato alle
cinque; che sei salito sul pullman con il tuo tutone blu
stinto e gli scarponi duri. Un'ora dopo eri già lì, aggrappato
al filo della nostra vita, in quel meccanismo fumeggiante
che di notte sembra uno stratosferico complesso di
giostre. Preoccupata dalle tue nausee sempre più
frequenti, ti dicevo: "Manda tutto a quel paese, cambia
lavoro".
“Servono i soldi, smettila! Se lascio, chi ci mantiene?”. Ma
la tua voce si indeboliva, parlavi quasi a te stesso.
Ci manteneva l’ILVA. Quando la sento nominare, ancora
oggi vorrei soffocare e trascinarmi addosso il resto del
mondo.
2. Ma come ogni giorno, ti calavi nel ventre putrido di quella
macchina mortale che attraverso potenti prodotti chimici
riesce a snaturare la materia e renderla fruttuosa. Lavoravi
per una ditta appaltatrice; eri diventato un vice-
capocantiere motivato da quel riscatto meritato.
Ti chiedevo dei tuoi giovani compagni di squadra e mi
dicevi: “Quelli non sanno manco salire sull'impalcatura!
Hanno bisogno di me”.
Dovevi svolgere una procedura di manutenzione, quella
mattina: la sostituzione di una valvola di un tubo di gas
costeggiato da ballatoi sui cui ti muovevi affannosamente.
Eri a venti metri d'altezza e bisognava sezionare la zona del
tubo su cui lavorare con dei "dischi ciechi". Erano sorte
complicazioni; il flusso gassoso era incessante e i dischi
traballavano. Indossavate delle maschere antigas collegate
a bombole d’aria che venivano sostituite nella "zona di
sicurezza". Ma quell'aria avida, di chimica andata a male,
non veniva bloccata dai filtri, arrivava anche lì. Ha iniziato a
girarti la testa. Ma continuavi a rispondere a interminabili
chiamate per coordinare le operazioni. Poi la tua
testardaggine nel proseguire oltre l'orario del tuo turno:
mancava il responsabile della squadra successiva, perché?
3. Esistono maschere antigas che ti permettono anche di
parlare al telefono, lo sapevi?
Se solo avessi potuto, t'avrei strappato da quel posto e ti
avrei portato al mare.
Prima della manutenzione, quel giorno, qualcuno avrebbe
dovuto immettere azoto nell'area per bonificare ogni
residuo traditore. Chissà se sapevi che in quel gas
potente,"afo", c’è il monossido di carbonio che, quando
viene inalato, si lega con l'emoglobina del sangue e non dà
scampo. Non ce l'avevi neanche tu. Il tubo da scavalcare
era troppo largo.
Sei rimasto steso per terra sul selciato limitrofo della vita.
Continuavi a inalare gas; qualcuno ha cercato di aiutarti,
ma muoversi su quel ballatoio strettissimo, seppur
nell'abominevole grandezza di quella fabbrica, era
impossibile. Chissà a cosa pensavi mentre te ne andavi.
“Ci hai la faccia cadaverica, scendi!”.
“No -avevi risposto poco prima-, bisogna finire!”.
Nessun piano d'emergenza per dare senso all'azione
disperata dei tuoi colleghi. Pure la bombola d’ossigeno
dell’ambulanza era scarica. Quando mi dicono "doveva
succedere", "è morto da eroe", vorrei ammazzarli tutti,
4. vederli inscatolati in bare trasparenti a respirare
quest'ingiustizia asfittica.
Ti “guardo” morire e me la prendo con te perché dare la
colpa a chi è ancora qui mi costa troppo. Non ho più
lacrime. M'è venuta la fissa della sicurezza; torturo i ragazzi
con la "roba pallosa" delle cinture e dei caschi. Provo a
salvarti ogni giorno. Cerco di smaltire l'eco indelebile delle
tue vocali chiuse, delle S stridenti come gessi su lavagne
abbandonate a se stesse.
A chi devo dare la colpa? A te? Facevi il tuo lavoro e non
potevi perderlo, avevi il mutuo da pagare.
Ad "Afo"? quella massa spregevole, inodore e insapore,
che ti spegneva pian piano? Anche lui faceva il suo lavoro.
Ma sì, sarà stata colpa dell’alba.
Lory Disco
(Liceo Cisternino
4^ D scienze umane)