2. Analisi del rendiconto finanziario
I dati di flusso contenuti nel rendiconto riferiti alle aree di gestione hanno già
un loro preciso significato.
Ad esempio, un flusso di cassa operativo corrente negativo è un segnale di
serio squilibrio della gestione.
Analogamente, un free cash flow from operations negativo denuncia una
incapacità dell’impresa di sostenere autonomamente gli investimenti nella
propria struttura produttiva.
Questi segnali, tuttavia, possono essere approfonditi, rendendoli più chiari e
di univoca interpretazione grazie ad ulteriori elaborazioni. Assai utile, a
questo fine, si rivelano specifici indici costruiti utilizzando dati di flusso. Si
parla, in proposito, di indici di cash flow.
3. Analisi del rendiconto finanziario
Esaminati segno e intensità della variazione subita dalla risorsa finanziaria,
l’analisi deve andare avanti restando fedele alla logica generale adottata per
la costruzione del rendiconto.
Oltre a ciò, la costruzione del rendiconto ha messo in evidenza tre
fondamentali zone monetarie della gestione, variamente alimentate dalle
diverse aree funzionali :
• produzione;
• assorbimento;
• raccolta.
4. Analisi del rendiconto finanziario
La produzione corrisponde al volume di moneta che l’impresa è in grado di
generare autonomamente e ripetitivamente, grazie ai propri processi di
gestione.
L’assorbimento è riconducibile a quelle operazioni che determinano, nel loro
complesso e per loro intrinseca natura, esborsi di moneta, contribuendo a
causare la formazione di fabbisogno finanziario. Si tratta quindi, tipicamente,
delle operazioni di: investimento (specie in immobilizzazioni impiegate nella
gestione operativa); servizio del debito; remunerazione del capitale di rischio.
Il momento della raccolta si configura quando il volume di risorse monetarie
prodotte internamente non è sufficiente a coprire il fabbisogno suscitato dalle
operazioni che generano assorbimento. Esso si traduce nella contrazione di
nuovi debiti e/o in aumenti di capitale sociale.
5. Analisi del rendiconto finanziario
Questi tre momenti corrispondono a tre sezioni ideali del rendiconto monetario
che abbiamo costruito. In particolare:
• la produzione è rappresentata, nella sua dimensione quantitativa e nel suo
profilo qualitativo, dal flusso di cassa operativo corrente;
• l’assorbimento è descritto e quantificato dagli investimenti dell’area
operativa strutturale (capex), dagli investimenti finanziari, dal servizio e
rimborso dei prestiti e dalla remunerazione del capitale di rischio, Si tratta,
a ben vedere, di un assorbimento netto in quanto la gestione finanziaria
attiva e, talvolta anche quella operativa strutturale possono generare risorse
finanziarie, invece di assorbirle;
• la raccolta è descritta nella parte finale del rendiconto, laddove vengono
isolate e messe in luce le politiche finanziarie adottate dall’impresa nel corso
del periodo di riferimento.
7. La produzione di moneta
La costruzione del rendiconto inizia con la misurazione del flusso di cassa
generato dallo svolgimento del ciclo operativo. La centralità del ciclo operativo
nell’economia dell’impresa è di assoluta evidenza.
L’analisi del flusso operativo corrente va condotta su più piani, utilizzando
strumenti diversi. In primo luogo, si tratta di verificare il grado di efficienza
mostrato dalla gestione nella generazione di tale flusso.
In sostanza, occorre rispondere a domande del tipo: quanto flusso di cassa
operativo corrente l’impresa è stata capace di tirar fuori da…?.
flusso di cassa operativo corrente / fatturato
8. La produzione di moneta
L’indice esprime la capacità dell’impresa di estrarre risorse monetarie da ogni
Euro di fatturato. Siamo dunque di fronte a un tasso percentuale che
sostanzialmente ricalca il tasso di redditività delle vendite, comunemente
detto ROS; non a caso, frequentemente si parla di cash flow return on sales.
L’interpretazione dell’indice è agevole: più alto è, maggiore è la capacità
dell’impresa di trasformare valori economici in quantità monetarie; il reddito,
in sostanza, è monetariamente disponibile in misura rilevante e, quindi,
presenta una qualità elevata.
9. La produzione di moneta
L’evidente importanza dell’indice spinge ad approfondire i fattori causali che
ne influenzano il livello. La direzione nella quale muoversi è dettata dalla
sequenza di calcolo seguita per determinare il flusso operativo corrente. Il
flusso in analisi risulta dalla combinazione di più elementi:
• l’autofinanziamento operativo;
• il capitale circolante netto commerciale (CCNc).
10. Analisi dell’autofinanziamento
L’analisi e l’interpretazione del ritorno monetario sulle vendite trova un suo
primo approfondimento nel calcolo del seguente indicatore:
autofinanziamento operativo lordo / fatturato
Molto spesso, tale indice è approssimato dal seguente rapporto, denominato
ebitda margin:
EBITDA (MOL) / fatturato
Entrambi i rapporti esprimono, in termini percentuali, la capacità potenziale
dell’impresa di generare risorse monetarie attraverso le vendite del ciclo
operativo. Livelli elevati degli indici segnalano un rilevante grado di efficienza
monetaria della gestione e, dunque, un’alta qualità dei risultati aziendali.
11. Analisi del capitale circolante
L’analisi dell’autofinanziamento deve essere condotta in parallelo a quella del
CCNc. A questo fine, di grande interesse è il calcolo e l’interpretazione del
tasso di intensità del circolante, ossia:
CCNc / fatturato
L’indice esprime il fabbisogno finanziario per unità di fatturato. Esso dipende
dalle politiche commerciali adottate o subite dall’impresa sul fabbisogno
finanziario corrente. Si tratta, cioè, delle politiche di: dilazione concesse ai
clienti, costituzione delle scorte di magazzino e dilazioni ottenute dai fornitori.
12. Analisi del capitale circolante
Tenuto conto dell’effetto di assorbimento/rilascio di risorse monetarie
esercitato dal CCNc, l’analisi si deve concentrare:
• da un lato, sull’entità del rapporto. Più alto è il livello dell’indice, più severo
è il giudizio sulle condizioni dell’impresa in quanto maggiore è il fabbisogno
finanziario per unità di fatturato che essa deve soddisfare per sostenere
quest’ultimo;
• dall’altro, sulle variazioni subite dall’indice nel corso degli esercizi. A parità
di tutti gli altri fattori, infatti, il CCNc dovrebbe rimanere proporzionato alle
vendite; per cui un 10% in più di vendite dovrebbe, più o meno, determinare
un’analoga crescita del CCNc, mantenendo invariato il rapporto. Un
aumento dell’indice, dunque, segnala il manifestarsi di effetti di
assorbimento che, se particolarmente intensi, sono spia di condizioni di
overtrading.
13. Analisi del capitale circolante
In via generale, gli effetti esercitati dalla dinamica del CCNc sul flusso di
cassa operativo corrente possono essere sinteticamente apprezzati attraverso
il calcolo del seguente indicatore:
flusso di cassa operativo corrente / autofinanziamento operativo lordo
L’interpretazione dell’indice è immediata: ogni volta che esso è inferiore
all’unità si segnala l’azione di assorbimento di risorse esercitata dal CCNc;
laddove, invece, sia superiore all’unità, emerge il contributo monetario
derivante dalla compressione del circolante.
Infatti, se il sovrassorbimento di risorse monetarie dovuto all’espansione del
CCNc è senz’altro pericoloso, non meno insidioso può risultare il fenomeno
opposto.
In sostanza, in ogni impresa esiste un livello oltre il quale il CCNc non può
essere ulteriormente compresso senza danneggiare il cuore dell’operatività
aziendale.
14. L’assorbimento di moneta
I flussi monetari prodotti dalla gestione operativa corrente costituiscono
risorse finanziarie destinate a soddisfare i fabbisogni derivanti dalle altre aree
di gestione. Le aree di gestione che tipicamente determinano assorbimento di
moneta sono rappresentate da:
• la gestione operativa strutturale
• la gestione finanziaria passiva
Dopo aver misurato il grado di efficienza nella produzione di moneta, l’analisi
del rendiconto prosegue verificando il grado di sufficienza di tale produzione.
La domanda alla quale dare risposta è la seguente: il flusso di cassa operativo
corrente prodotto nell’esercizio è sufficiente a …?
15. L’assorbimento di moneta
Tenuto conto delle attività di gestione che possono richiedere risorse
monetarie, l’analisi di sufficienza si articola su due piani:
• sufficienza rispetto alle esigenze di finanziamento della struttura operativa;
• sufficienza rispetto alle esigenze di rimborso e remunerazione dei
finanziatori, portatori vuoi di capitale di credito, vuoi di capitale di rischio.
16. L’assorbimento di moneta
Prima ancora di verificare il grado di sufficienza, comunque, è opportuno
compiere una semplice analisi di composizione dell’area di assorbimento. Per
ricostruire la composizione degli impieghi occorre:
• individuare le voci del rendiconto che esercitano un effetto di assorbimento
di risorse monetarie. Queste sono sostanzialmente tre:
incrementi di investimenti nella struttura operativa (capex);
servizio del debito;
distribuzione di utili;
• determinare l’importo totale di tali voci;
• pesare l’importo di ciascuna voce di assorbimento sul totale.
18. Analisi del free cash flow
Sottraendo dal flusso di cassa operativo corrente gli esborsi monetari netti
relativi alla gestione operativa strutturale si ottiene il free cash flow from
operations.
Questo margine monetario consente di verificare se i flussi prodotti
internamente l’impresa sono sufficienti a coprire il fabbisogno finanziario
derivante dagli investimenti in immobilizzazioni tecniche, materiali e
immateriali, comunemente definiti capex.
Anche in questo caso, come già nell’esame delle relazioni fra
autofinanziamento e CCNc, il free cash flow può essere espresso mediante un
indicatore.
19. Analisi del free cash flow
flusso di cassa operativo corrente / capex
L’indice sintetizza, meglio di quanto possa fare un valore assoluto, la
proporzione fra le due componenti essenziali del free cash flow: la moneta
prodotta internamente e gli esborsi per investimenti strutturali.
L’impresa deve essere in grado di soddisfare, autonomamente, i fabbisogni
finanziari relativi agli investimenti necessari per consolidare e sviluppare la
struttura con la quale compete nei business di riferimento. E’ grazie a questi
investimenti, infatti, che si producono i flussi correnti.
20. Analisi del free cash flow
Un’impresa che non sappia sostenere adeguatamente la propria struttura
produttiva, rappresentata dalle immobilizzazioni materiali e immateriali,
perderà la propria posizione di vantaggio competitivo e inaridirà, ben presto,
la capacità di generare un congruo autofinanziamento.
In questo senso, valori dell’indice inferiori all’unità sono da giudicare
negativamente, salvo che l’impresa non abbia avviato un intenso processo di
sviluppo degli investimenti. In tal caso, per finanziarie la struttura è sempre
possibile ricorrere all’indebitamento o alla raccolta di capitale di rischio.
21. Analisi del free cash flow
Il richiamo al ruolo svolto dagli investimenti strutturali nell’economia
dell’impresa, comunque, suggerisce di distinguere, all’interno del capex, fra:
• investimenti di rinnovo, mirati al mantenimento della struttura produttiva
Gli investimenti di mantenimento, infatti, si configurano come esborsi
vincolati e inderogabili per la sopravvivenza nel breve termine
dell’impresa;
• investimenti di sviluppo, sostenuti per accrescere la struttura e/o realizzare
un suo profondo ricambio tecnologico.
Gli investimenti per lo sviluppo hanno carattere discrezionale,
ancorché risultino critici, nel medio-lungo termine, per fronteggiare la
concorrenza e assicurare il successo aziendale.
22. Analisi del free cash flow
In questo senso, l’adeguatezza dei flussi correnti rispetto ai fabbisogni derivanti
dagli investimenti strutturali dovrebbe essere analizzata con attenzione,
valutando separatamente:
• la sufficienza del flusso corrente rispetto agli investimenti di rinnovo;
• la sufficienza del flusso corrente rispetto agli investimenti di sviluppo.
Utile è il ricorso al calcolo del seguente indice:
Capex / ammortamenti
Con valori uguali a uno, questo significa che i nuovi investimenti pareggiano il
“consumo” delle immobilizzazioni preesistenti, idealmente espresso dalla quota di
ammortamento; dunque, siamo di fronte a investimenti di mero mantenimento.
Quando, invece, l’indice assume valori superiori all’unità si configura un processo
di sviluppo degli investimenti.
23. Analisi del free cash flow
Questi spunti interpretativi possono essere integrati con il calcolo del tasso di
sviluppo delle immobilizzazioni, e del grado di ammortamento.
Il primo indice evidenzia l’importanza relativa dei nuovi investimenti rispetto
allo stock già disponibile; esso, quindi, sintetizza il tasso di crescita delle
immobilizzazioni.
Il secondo segnala l’anzianità media del complesso delle immobilizzazioni; un
valore del grado di ammortamento che, a parità di tasso di ammortamento, si
mantenga costante prospetta un’impresa impegnata in politiche di mero
mantenimento della struttura.
Un abbassamento del grado, sempre però sostenuto da un congruo tasso,
rivela gli effetti di politiche di sviluppo.
24. Analisi del free cash flow
I vari indici presentati finora permettono di spingere l’analisi verso le cause
dei risultati monetari, evidenziando le relazioni che fra esse esistono. Ciò
permette di non fermarsi ad una misurazione quantitativa dei risultati, ma di
arrivare ad un’interpretazione qualitativa degli stessi.
Viene proposta un’analisi del free cash flow condotto secondo una logica ad
albero.
Muovendosi lungo questa strada, grazie all’impiego di specifici indicatori,
quelle relazioni fra dinamica monetaria, componenti reddituali, condizioni
patrimoniali e variabili fisico-tecniche, già prospettate nell’analisi del flusso
corrente, si possono ulteriormente allargare ed infittire, arrivando a coprire
l’intero ambito della gestione operativa.
25. Analisi del free cash flow
L’albero del free cash flow può essere integrato con alcuni indici che esprimono
questo margine non in valore assoluto, ma in termini percentuali. In questo
senso, il free cash flow viene impiegato per costruire indici di efficienza
attraverso i quali misurare percentualmente il rendimento monetario della
gestione operativa.
Tipici esempi sono rappresentati da:
free cash flow form operations / fatturato
free cash flow from operations / COIN
Il primo dei due indicatori si muove nella logica del cash flow ROS; il secondo
si configura come una sorta di cash flow ROI.
26. Analisi del free cash flow
free cash flow from operations / COIN
Assume particolare rilievo nella prospettiva di un investitore. Il cash flow
ROI, infatti, rappresenta il rendimento monetario degli investimenti operativi.
E’ attraverso esso che vengono remunerati i finanziatori dell’impresa, ossia i
creditori finanziari (banche ed obbligazionisti) e i soci.
Tale rendimento trova, dunque, il suo naturale termine di confronto nel costo
del capitale. In una prospettiva di medio-lungo termine, il valore economico -
sia del complesso degli investimenti, sia del patrimonio netto - di un’impresa
con rendimento monetario operativo inferiore al costo del capitale non potrà
che essere negativo.
28. Il servizio degli investitori
La moneta prodotta dal ciclo operativo deve trovare impiego, oltre che nel
finanziamento della struttura, nel soddisfacimento delle attese degli
investitori.
Questi sono rappresentati da coloro che hanno conferito capitale di credito
(banche ed obbligazionisti) e dai portatori di capitale di rischio.
Si entra così nell’area finanziaria della gestione. L’attenzione si deve
concentrare sulle operazioni passive di tale gestione, ossia:
• il pagamento degli interessi ed il rimborso delle quote di indebitamento;
• la distribuzione di utili ai soci e gli eventuali rimborsi di capitale sociale.
Gli indicatori che possono essere costruiti per analizzare questi aspetti della
dinamica monetaria dell’impresa appartengono alla famiglia degli indici di
sufficienza; infatti, si tratta di capire se le risorse rese disponibili dalla
gestione operativa sono sufficienti a servire i finanziatori.
29. Il servizio del debito
Esaminando l’assorbimento di risorse esercitato dal servizio dei debiti
finanziari è cruciale scegliere opportunamente la misura di flusso monetario
da contrapporre agli esborsi causati dai debiti.
Frequentemente, nella pratica aziendale, la grandezza presa a riferimento è
l’EBITDA (o MOL), ossia un’approssimazione dell’autofinanziamento operativo
lordo.
Si costruiscono, così, due fondamentali indici di coverage:
EBITDA / oneri finanziari
EBITDA / rimborsi debiti finanziari
30. Il servizio del debito
I due indici presentano alcuni limiti non trascurabili.
Il primo è costituito dall’impiego dell’EBITDA come misura della moneta,
autoprodotta dall’impresa, effettivamente disponibile per servire i debiti. Si
tratta di un’approssimazione che può risultare grossolana in periodi
caratterizzati da un’intensa dinamica del CCNc e in fasi di riduzioni
dell’organico, con conseguenti cospicui esborsi per trattamenti di fine
rapporto. Inoltre, l’autofinanziamento al quale ci si riferisce è al lordo delle
imposte.
Il secondo è che fra i debiti si ritrovano anche posizioni a medio-lungo termine
che impegneranno la gestione degli anni futuri e troveranno copertura nei
flussi che si formeranno in tali anni. Gli unici debiti confrontabili con il flusso
di un singolo esercizio, dunque, appaiono quelli a rimborso nell’anno.
31. Il servizio del debito
Dunque è meglio procedere al calcolo del coverage finanziario impiegando i
dati del rendiconto. In particolare, l’indice da costruire è il seguente:
free cash flow from operations / (oneri finanziari + rimborso debiti)
Il grado di coverage poteva essere verificato anche impiegando il flusso di
cassa operativo corrente. L’idea di fondo sottesa all’impiego del free cash flow
è che l’impresa è veramente solvibile se è in grado di pagare gli interessi e
rimborsare i debiti senza sacrificare lo sviluppo degli investimenti relativi alla
struttura operativa.
Per questo, il flusso operativo corrente viene, dapprima, contrapposto ai
fabbisogni monetari legati alla struttura operativa (capex) e, solo
successivamente, ai fabbisogni generati dal servizio dei debiti.
32. Il servizio del debito
Alla luce di quanto osservato approfondendo l’analisi degli investimenti operativi strutturali,
può essere opportuna una rielaborazione dei dati del rendiconto al fine accrescere il
significato informativo dell’indice.
Infatti, come già sottolineato, se è condivisibile richiedere che il flusso corrente di un singolo
esercizio debba anzitutto coprire il capex ricorrente, legato agli investimenti di mantenimento
della struttura sostenuti in quel periodo, non è necessario, né spesso possibile, che esso copra
anche il capex riconducibile agli investimenti di sviluppo che si riverbereranno su più esercizi.
In momenti di intensi programmi di espansione dimensionale o di ristrutturazione
produttiva, la crescita del capex può avvenire solo attingendo a risorse esterne (di debito come
di rischio).
In queste circostanze, il free cash flow sarà sempre negativo.
L’indice proposto, pertanto, segnalerà sistematicamente problemi di solvibilità. In questo
senso, dunque, il free cash flow al servizio del debito potrà essere più pertinentemente
ricalcolato sottraendo dal flusso operativo corrente i soli esborsi strutturali per investimenti
di mantenimento; in tal modo si individua una particolare configurazione di free cash flow, il
free cash flow per pagamenti vincolati.
33. Il servizio dell’equity
In una visione allargata della gestione finanziaria passiva rientra anche la
gestione delle risorse finanziarie investite dai soci. Similmente all’analisi
dell’indebitamento, si tratta di verificare se i flussi monetari prodotti sono
sufficienti a coprire gli esborsi legati alla remunerazione del capitale di
rischio.
Siamo ancora nell’ambito degli indici di sufficienza.
Tenuto conto che la remunerazione del capitale di rischio è subordinata al
servizio dei debiti, l’attenzione si deve concentrare sul free cash flow to equity.
In questa prospettiva, la sufficienza del free cash flow to equity può essere
misurata dal seguente indice:
free cash flow to equity / dividendi
34. Il servizio dell’equity
free cash flow to equity / dividendi
Un valore dell’indice inferiore all’unità segnala che l’impresa, per distribuire
ai soci i risultati della gestione, deve ridurre la consistenza della risorsa
finanziaria di riferimento (nella nostra trattazione, la dotazione di cassa) o,
più frequentemente, fare ricorso alla raccolta di risorse esterne, solitamente
sotto forma di nuovi debiti.
35. La gestione finanziaria attiva
Alla gestione finanziaria pertengono anche le operazioni di
investimento/disinvestimento di attività finanziarie e i relativi risultati
reddituali sotto forma di plus e minusvalenze, cedole, interessi attivi; è questo
l’ambito della gestione finanziaria attiva.
Si tratta di un’area che, molto spesso, ha un ruolo accessorio nella vita
dell’impresa. Nelle realtà di maggiori dimensioni, specie laddove esistano
rapporti di gruppo con altre imprese, la gestione finanziaria attiva riveste,
invece, notevole importanza e, quindi, deve essere oggetto di attenta analisi.
Esaminando il contributo monetario della gestione finanziaria attiva, occorre
distinguere fra impieghi (assorbimento) e fonti (produzione) di risorse
monetarie.
36. La gestione finanziaria attiva
Gli impieghi nella gestione finanziaria attiva possono avere causali diverse:
• acquisizione di partecipazioni per espandere o diversificare la gestione
operativa;
• concessione di prestiti a società consociate;
• acquisto di titoli con finalità speculative;
• costituzione di riserve di liquidità.
Quanto alle fonti di risorse, occorre distinguere fra:
• flussi monetari generati da disinvestimenti;
• flussi monetari derivanti da interessi, cedole e simili.
37. La raccolta delle risorse
Dopo aver condotto l’analisi delle zone di produzione e di assorbimento di
moneta, il passo successivo fondamentale consiste nell’analizzare e valutare le
operazioni di raccolta, ossia le attività attraverso le quali i mezzi monetari
sono acquisiti dall’esterno dell’impresa, attraverso il ricorso al mercato
finanziario.
Le fonti possono essere divise in due macro classi:
• Capitale di debito, ossia nuovi debiti finanziari che possono, a loro volta,
essere suddivisi in debiti a medio-lungo termine ed a breve;
• Capitale di rischio, ossia aumenti di capitale sociale.
La finalità dell’analisi delle fonti di raccolta consiste nel verificare se, ed in
quale misura, l’impresa ha attinto dalle due tipologie di fonti, e valutare la
composizione della raccolta.
38. La raccolta delle risorse
L’analisi della raccolta, dunque, deve, in primo luogo, consentire di apprezzare
se ed in che misura l’impresa ha attinto dalle due fonti.
Si deve condurre un’analisi di composizione della raccolta. Con riferimento al
capitale di credito, l’analisi di composizione dovrà anche distinguere i nuovi
debiti in relazione alle forme tecniche di negoziazione e alla durata del vincolo
(debiti a breve o a medio-lungo termine).
L’analisi di composizione della raccolta presuppone di determinare il totale dei
mezzi monetari acquisiti, sia sotto forma di debiti che di capitale di rischio.
40. La raccolta delle risorse
Ancorché non si tratti di raccolta in senso stretto, il quadro delle fonti
monetarie dell’esercizio potrebbe essere integrato considerando anche il
contributo fornito dall’autofinanziamento e quello di eventuali introiti
derivanti dalla gestione degli investimenti finanziari.
Si tratta, infatti, di vere e proprie fonti di finanziamento, ancorché interne.
Grazie a questo allargamento di prospettiva, è possibile comprendere la
proporzione secondo la quale i mezzi monetari provengono dall’interno
dell’impresa o dal suo esterno.
42. La raccolta delle risorse
La composizione della raccolta deve essere interpretata muovendosi lungo due
coordinate:
• valutazione della scelta fra mezzi propri e mezzi di terzi;
• valutazione della scelta fra fonti durevoli e fonti a breve termine.
Queste valutazioni, tuttavia, non possono essere basate solo sui dati del
rendiconto. Questi, infatti, rappresentano flussi manifestatisi nell’anno e
prescindono dagli assetti patrimoniali e finanziari dai quali derivano e sui quali
influiscono, nonché dalle ricadute economiche alle quali danno luogo. Occorre,
dunque, assumere una prospettiva più ampia valutando le scelte di finanziamento
alla luce della complessiva struttura finanziaria dell’impresa.
L’analisi dei dati del rendiconto, pertanto, si deve collegare all’analisi dei rapporti
patrimoniali di composizione e correlazione basati sulle quantità rappresentate
nello Stato Patrimoniale. Così facendo, è possibile comprendere se la raccolta
monetaria ha contribuito a migliorare o a peggiorare gli equilibri finanziari di
breve e di medio-lungo termine dell’impresa.
43. Perché usare gli indici del cash flow
Gli indici di cash flow hanno un grado di oggettività maggiore rispetto ad
indici costruiti usando altre quantità contabili. Le principali politiche di
bilancio (ad esempio, la manovra degli ammortamenti e delle scorte di
magazzino) vengono di fatto neutralizzate se si fa ricorso ai flussi finanziari.
Gli indici di cash flow non si sovrappongono ad altre categorie di indicatori
(redditività, liquidità, etc.), replicandone il contenuto informativo; al contrario,
hanno un forte e autonomo valore predittivo delle possibilità che un’impresa
possa incorrere in future crisi finanziarie ed economiche. Essi, quindi, aiutano
a discriminare le imprese a più alto rischio di solvibilità dalle altre.
44. Bibliografia
*L’analisi di Bilancio, F.Giunta e M.Pisani
*Il controllo della liquidità nelle PMI, F.Manca
*Cash Management e Gestione Tesoreria, il sole 24ore