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«Noi nel Mediterraneo - Itinerari sensibili e multiculturali»
Convegno Ischia 09-10 Marzo 2019
“L’uomo custode del creato”
Don Carlo Ambrosio Setti
Quando si parla di “Creato”, non possiamo
mettere da parte, almeno nel nostro contesto
cristiano, chi è l’autore di tutto ciò che definiamo
“Creato” e cioè Dio! “Ante omnia Deus”. Prima
di tutto Dio, diceva San Benedetto, patrono
d’Europa!
Per trattare il tema che mi è stato proposto,
"L’uomo custode del creato”,
seguirò e citerò i seguenti documenti:
- Il Libro della Genesi;
- Il cantico delle creature di San Francesco
d’Assisi;
- L’Enciclica di Papa Francesco: “Laudato Si”;
-Considerazioni e conclusione ispirate al
gemellaggio tra l’isola di Ischia e Matera.
Buonasera!
Inizio il mio intervento portandovi il saluto del mio e del vostro “Capo”: Dio!
Il libro della Genesi
Questo libro, come ben sappiamo, narra della creazione del
mondo e del genere umano da parte di Dio. Questo racconto
richiede una lettura profonda e sapienziale per non cadere in
considerazioni non corrette. Infatti, fino a non molto tempo fa, noi
cristiani venivamo considerati i soli e veri responsabili della
distruzione della terra e del creato per aver interpretato male
e alla lettera quel “soggiogate e dominate” riportato nel dialogo tra
Dio e gli uomini in Genesi 1:26-28.
Credo però che si possa dire la stessa cosa anche per gli altri
contesti di fede monoteistica. Tutti e noi cristiani per primo
abbiamo abusato del nostro “potere” e abbiamo ridotto il nostro
pianeta ad una pattumiera…
Ora abbiamo finalmente capito che l’essenza del “dominio”
non sta in una qualche superiorità dell’uomo sul creato, ma
nella sua capacità di amare il creato come Dio lo ama.
Dio ama senza fare preferenza e soprattutto non escludendo niente e
nessuno dal suo pensiero e dalla sua azione d’amore. Se andiamo a veder
bene, Dio creando assegna ad ogni essere vivente un posto ed un modo di
vivere in questo posto e l’uomo, poiché è “immagine di Dio” e in altre
parole, essere a immagine e somiglianza significa “essere figlio”, un buon
figlio non può non fare ciò che ha stabilito il padre.
Questo rispetto dato al padre, significa rispetto della realtà così come il
padre l’ha realizzata, tanto da poter affermare che l’uomo esercita bene il
suo “potere” con amore rispettoso. Ciò significa che niente e nessuno può
perdere, ciò che Dio ha dato…!
Un comportamento diverso dell’uomo porta a squilibri, ai cosiddetti
cambiamenti climatici che sono sotto gli occhi di tutti e nonostante ciò, chi
ha responsabilità di “governo” continua a proporre “ecologie superficiali”,
che fanno pensare che ciò che sta succedendo non è certo e solo per non
far cambiare gli stili di vita consumistici e di produzione sfrenata di cose
spesso superflue. L’uomo odierno sta coltivando solo vizi autodistruttivi;
rincorre sempre l’ultimo prodotto… quello con più prestazioni da ostentare
e non che servano realmente! Stiamo in altre parole “coltivando e
custodendo” una vita all’insegna dello spreco.
.
Il coltivatore, quando mette a dimora una pianta, lo fa bene secondo quanto ha
imparato dalla tradizione contadina e la cura con occhio vigile perché non si
ammali. Il potere del “dominare e soggiogare” possiamo dire che autorizza l’uomo
solo a “coltivare e a custodire”, non da padrone, ma da inquilino che abita
quel bene rispettando non un semplice regolamento condominiale “ordinario”, ma
un regolamento condominiale “contrattuale” che limita i diritti che i singoli
condomini hanno sulle rispettive proprietà individuali o sulle parti comuni.
Il Levitico parla di ciò: “la terra è mia e voi siete presso di me come forestieri e
inquilini” (Lv. 25,23).
Naturalmente, come tutti gli esempi non sono sempre calzanti, quello che ho
riportato qui del condominio e dei condomini è calzante in parte, poiché mi si
potrebbe dire che il proprietario è Dio e non l’uomo… eppure a ben riflettere,
anche questi, riguardo alla terra, l’amministra, ma bisogna vedere con quale
legge e comunque, anche se adottasse illecitamente la legge del padrone, nel
nostro caso Dio, anche questi ha un limite, quello dell’alleanza fatta dopo il diluvio
universale che gli impone di non distruggere più l’uomo. E quindi questi, pur
se si ritenesse padrone e non inquilino, ha comunque un limite da osservare,
quello che gli impone l’alleanza e cioè quello di rinunciare alla distruzione del
“condominio terra”!
“Dio disse a Noè e ai suoi figli con lui: «Quanto a me, ecco io stabilisco
la mia alleanza con voi e con i vostri discendenti dopo di voi; con ogni
essere vivente che è con voi, uccelli, bestiame e bestie selvatiche, con
tutti gli animali che sono usciti dall’arca. Io stabilisco la mia alleanza
con voi: non sarà più distrutto nessun vivente dalle acque del diluvio,
né più il diluvio devasterà la terra. Questo è il segno dell’alleanza che
io pongo tra me e voi e tra ogni essere vivente che è con voi per le
generazioni eterne: Il mio arco pongo sulle nubi ed esso sarà il segno
dell'alleanza fra me e la terra»” (Gen9,8-11).Ammesso e non concesso che l’uomo sia “il padrone” della terra, egli
ha per così dire “il limite” che anche Dio si impone e cioè quello di non
“distruggere nessun vivente dalle acque del diluvio, né più il diluvio
devasterà la terra”, ma di fatto l’uomo, lo ripeto, lentamente
sta distruggendo col “diluvio”, non solo fatto di acqua, ma anche e
soprattutto di assenza di valori assoluti che riportano a Dio e alle sue
leggi scritte in tutto il creato.
In conclusione, il libro della Genesi, se interpretato bene,
senza addomesticarlo per i nostri fini egoistici di interessi
vari, ci abilita a guidare con una patente a punti, e molti di noi
hanno quasi esaurito questi punti, e stiamo guidando
col rischio di perdere tutti i punti che Dio, per così dire, ci ha
assegnato per la patente di guida per il rispetto del creato, in
primo luogo, della terra e di tutti gli esseri viventi. Perdere i
punti significa che non possiamo più guidare e per farlo
dobbiamo essere riabilitati alla guida, nel nostro discorso,
alla “guida della terra”!
E’ arrivato il momento di recuperare i punti e lo si può fare
solo se rispettiamo il “codice” di comportamento che Dio ha
scritto in tutto il creato e cioè quello di “camminare con Lui”
come fece Noè! Noè è presentato dalla Bibbia come uomo
“giusto e integro tra i suoi contemporanei e camminava con
Dio” (Gen 6,9).
Il cantico delle creature di San Francesco d’Assisi
Certamente, un altro uomo che
ha “camminato” con Dio è stato San
Francesco d’Assisi che, a proposito del creato,
ha composto una delle poesie più belle della
nostra letteratura italiana. L’ha scritta nel 1226.
Questa poesia innanzitutto è una lode a Dio e a
tutto ciò che è nato dalle sue mani: la vita, in
senso lato e la natura, anche questa in senso
più ampio possibile. San Francesco prende le
sue decisioni mettendo in pratica “la Parola di
Dio” contenuta nelle sacre scritture. Capisce che
“abitare” la terra significa “custodirla” come si fa
con tutto ciò che noi riteniamo essere un’opera
d’arte e la terra e tutto il
creato è certamente l’opera d’arte per eccellenza, perché ha come autore Dio che ha chiamato
all’esistenza tutto all’insegna della “bellezza”, perché Dio è bello! Nel creato, ci fa capire Francesco, è
riflessa l'immagine della bellezza del Creatore; ne deriva così il senso di fratellanza fra l'uomo e tutto il
creato.
La creazione diventa così un grandioso mezzo di lode al Creatore, quando l’uomo “fratello” del creato non si
comporta come Caino che uccide il fratello Abele, perché quest’ultimo aveva capito che al Dio bello non si
potevano che donare che cose belle e buone.
Francesco così canta:
“Tu sia lodato, mio Signore, per nostra sorella
madre terra, la quale ci dà nutrimento, ci
mantiene e produce diversi frutti con fiori
colorati ed erba”.
Nella composizione di Francesco, tutte le
creature sono viste positivamente e sono
chiamate "sorella" e “fratello”. San Francesco,
infatti, mette l’uomo allo stesso livello di ogni
creatura, poiché egli stesso è una creatura;
rispetto alle creature, però, ha una maggiore
responsabilità morale, in quanto dotato di
libero arbitrio e pensa che l'uomo trova
beatitudine solo nel rispetto della legge divina.
La lode al Signore Francesco la esprime attraverso i quattro elementi
fondamentali:
il vento, l'acqua, il fuoco e la terra! In questi elementi Francesco vede solo gli
aspetti belli e positivi.
Ad esempio, nel vento canta la presenza di Dio come viene riportata nel primo
libro dei Re, dove Elia trova Dio “non nel vento impetuoso e gagliardo né nel
terremoto e neppure nel fuoco, ma nel vento leggero” (1Re 19,11-12).
“Lodato sii, mio Signore, per fratello vento, e per l'aria e per il cielo; quello
nuvoloso e quello sereno, ogni tempo tramite il quale alle creature dai
sostentamento.
Lodato sii mio Signore, per sorella acqua, la quale è molto utile e umile,
preziosa e pura.
Lodato sii mio Signore, per fratello fuoco, attraverso il quale illumini la notte. È
bello, giocondo, robusto e forte.”.
Per Francesco, poi , gli elementi vento, acqua, fuoco, riportano ai sacramenti e
a Dio.
Egli, però, non tralascia di combattere la mentalità utilitaristica ed affaristica, già
presente nella società di allora, per la quale la natura era solo da sfruttare a fini
economici e sottolinea che la natura dà già tutto ciò di cui l’uomo ha bisogno, senza
affannarsi a ricercare cose per lo più inutili: “Lodato sii mio Signore, per nostra sorella
madre terra, la quale ci dà nutrimento e ci mantiene: produce diversi frutti variopinti,
con fiori ed erba”.
Nella penultima strofa del suo cantico, Francesco passa a
scrivere di sorella morte ed anche per essa esprime una
considerazione positiva, in quanto con la morte l’uomo giusto e
in stato di grazia finalmente vivrà la vera vita, la vita eterna con
Dio!
“Lodato sii mio Signore per la nostra morte corporale, dalla
quale nessun essere umano può scappare, guai a quelli che
moriranno mentre sono in situazione di peccato mortale.
Beati quelli che la troveranno mentre stanno rispettando le tue
volontà. La seconda morte non farà loro alcun male”.
Nell’ultima strofa Francesco invita ogni uomo a lodare e
benedire Dio, servendolo con umiltà. “Lodate e benedite il mio
Signore, ringraziatelo e servitelo con grande umiltà”.
Secondo Dante Alighieri, tutta la gloria di Francesco dipende
dal suo “essersi fatto pusillo”, cioè piccolo; nella sua umiltà è
il successo del suo pensiero e del suo operato!
Umiltà: questa parola è ancora attuale e anche da essa
dipenderà il futuro della nostra terra, se questa sarà abitata
da uomini e donne che non si ritengono come Dio, al quale
tutto è possibile. Ma all’uomo no, non è tutto possibile,
soprattutto nella “custodia del creato” che in altre
parole significa rispetto del creato, riconoscendo i propri
limiti di creatura che, come un bravo maestro d’orchestra,
“interpreta” e non riscrive le note dello spartito composto da
Dio, dove ogni nota ha il suo posto nell’unica melodia da Lui
pensata per un concerto, da Lui, eternamente presente,
affidato per amore all’uomo, “scritturato” per una “fedele”
interpretazione.
Francesco è stato per il suo e per il nostro tempo un
brillantissimo interprete, ha custodito ed eseguito con
semplicità e letizia, quella evangelica, la sinfonia scritta da
Dio in tutto il creato. In tal senso, possiamo considerare
Francesco “custode” del creato, perché ha saputo ben
relazionare Dio con l’uomo, e questo con gli altri uomini per
trovare soluzioni migliori nell’operare nella salvaguardia di
Papa Francesco nella sua enciclica “Laudato si’ ” inventa, per così dire, una nuova opera di
misericordia corporale, quella relativa alla “cura della casa comune”. Il Papa scrive ciò in
relazione alla riflessione sul libro della Genesi, soprattutto su quel passo dove si dice che
Dio pose l’uomo nel giardino terrestre perché lo “coltivasse e custodisse”. In questo modo,
non fa nient’altro che dire che Dio mise l’uomo ad “abitare” il giardino: solo chi abita una
realtà se ne può servire, ma bisogna vedere come, poiché molti uomini nell’usare la “casa
comune”, come dice il Papa, pensano solo a se stessi per trarne profitti egoistici. “Abitare” la
terra significa condividere beni dei quali nessuno può essere padrone. Tutti gli uomini, in
modo particolare, dice il Papa, quelli che credono in Dio, devono comprendere che nessuno
può ritenersi “padrone” di persone e cose. Il Papa non ha paura di affermare che gli squilibri
tra gli uomini e nella natura sono il frutto di una cattiva politica economica.
L’Enciclica di Papa
Francesco
Quindi amministrare bene, come Papa
Francesco afferma nell’enciclica “Laudato
si’”, significa che l’uomo è un
amministratore che deve riconsegnare
tutto, non tanto o non solo a Dio, che non
ha bisogno di nulla, ma a tutti gli altri
uomini, in quanto tutti hanno ricevuto da
Dio il dono della vita e tutti la devono
vivere in pienezza. Ciò significa che chi
amministra, governa, deve avere un occhio
di riguardo per chi vive una vita mortificata
per alcuni prepotenti che tra l’altro
esercitano un potere per delega… da parte
del cittadino che li vota.
Il Santo Padre si spinge oltre, tanto da affermare che chi si
occupa della cura della “casa comune” lo dovrebbe fare con un
nuovo spirito, quello della “misericordia spirituale e corporale”.
Parla infatti di una “nuova opera di misericordia”. Il Papa dice a
tutti, ma in modo particolare a chi ha responsabilità
di amministrazione della “casa comune”, che è come se
esercitasse un’opera di misericordia. “Abitare la terra”
significherebbe, soprattutto per il credente, vivere realizzando
la nuova opera di misericordia che ha, dice il Pontefice, “come
oggetto la stessa vita umana nella sua totalità”.
L’uomo è chiamato in altre parole, afferma il Papa, ad “abitare il
suo stesso essere creatura”. Possiamo dire in altre parole che l’uomo
è chiamato a conoscersi in profondità, in se stesso: “conosci te
stesso”, è una massima religiosa greco antica iscritta nel tempio di
Apollo a Delfi.
Un concetto simile si trova anche nel monito di Sant'Agostino:
"Non andare fuori, rientra in te stesso: è nel profondo dell'uomo
che risiede la verità”.
Gli studiosi, credo, anche se con alcune differenze, concordano
sul fatto che con questa sentenza Apollo intimasse agli uomini di
“riconoscere la propria limitatezza e finitezza”. Questa è la verità
più profonda che lo riguarda: Dio è il creatore, l’uomo è creatura,
mentre Satana, dice il Papa, gli fa capire che invece l’uomo è
Dio. In questo delirio di onnipotenza, l’uomo sta di struggendo “la
vigna” che gli è stata data da coltivare.
La vigna Dio l’ha piantata con cura e competenza. Deve essere
ben protetta da furti, danni ed invasioni. È la cura paterna di Dio
verso ognuno di noi. Ci ha creati a sua immagine e resi capaci di
produrre frutto ed è quindi legittimo che venga a ritirarli. Ma noi
“vignaioli” non solo non gli diamo i frutti adesso, ma stiamo
facendo in modo di distruggere la vigna per non avere più i frutti
da dare a Dio in futuro! (Mc 12,1-12). Il Santo Padre nella sua
enciclica parla di “degrado sociale e di deterioramento della
qualità della vita umana”. Lo stesso uomo ne è la causa… pare
che non voglia avere più quella “speciale dignità e quella
possibilità di vivere felice”, così è riportato il pensiero del Papa
nei vari commenti all’enciclica “Laudato Sii”.
Il tema di questo convegno
“Noi nel Mediterraneo…”
Questo tema ci spinge a fare una riflessione che va oltre i soliti luoghi comuni. Il “NOI” ci pone
sullo stesso piano, soprattutto perché il bene da tutelare, il creato, lo abbiamo avuto in prestito,
in affitto… Il creato ha un solo “padrone” Dio! E per questo, afferma il Papa, “molte cose
devono riorientare la propria rotta, ma prima di tutto è l’umanità che ha bisogno di cambiare.
Manca la coscienza di un’origine comune, di una mutua appartenenza e di un futuro condiviso
da tutti. Questa consapevolezza di base permetterebbe lo sviluppo di nuove convinzioni, nuovi
atteggiamenti e stili di vita.
Emerge così una grande sfida culturale, spirituale e educativa che implicherà lunghi processi di
rigenerazione… La situazione attuale del mondo provoca un senso di precarietà e di
insicurezza, che a sua volta favorisce forme di egoismo collettivo…Un cambiamento negli stili di
vita potrebbe arrivare ad esercitare una sana pressione su coloro che detengono il potere
politico, economico e sociale”.
Ecco il punto e lo scopo di questo convegno: far capire a chi detiene “il potere politico,
economico e sociale” che si può cambiare in meglio la gestione del patrimonio che
abbiamo come gestione e non come eredità. Tutto ciò lo dobbiamo attuare alla luce della
memoria del passato e con la scienza del futuro.
Matera, Ischia sono un’opportunità per farlo!
Matera, secondo alcune ipotesi, deriva dal
greco “Meteoron”, che significa “cielo stellato”; altre
leggende si riferiscono alle parole “Mater”, cioè “Madre”,
oppure “Me Terah”, che significa “Acqua pura”, data
la presenza nel territorio di numerose sorgenti di acqua
nel sottosuolo.
Legami meno attendibili riguardano i termini latini
“Materiae”, che significa “legno”, data la ricchezza di
boschi nel circondario. Comunque, questi significati
riportano all’idea di creato e penso che la semplicità e
laboriosità dei cittadini di Matera lo sottolineano bene e
possono dire di più ed altro sulla natura e l’ambiente da
preservare per questo loro “abitare” in una città che nel
suo significato ha la vocazione a “custodire” ciò che ha
avuto in tutti i sensi. Il Creatore ha dato la materia prima
le bellezze della natura, gli antenati il bello da preservare,
il brutto da convertire in bello.
Nello stemma di Matera vi è un bove, che in araldica
simboleggia il lavoro e la mansuetudine. Queste due parole ci
riportano al libro della Genesi 2,15, dove Dio dice all’uomo di
“coltivare” la terra, “il giardino”, un significativo lavoro, perché
in un certo qual modo lavorare significa “creare” cose buone
per il sostentamento dello stesso uomo e per fare cose
buone, esse si fanno con uno spirito mansueto. Questo
termine denota una mitezza o una docilità naturale o
acquisita, una capacità di venire incontro o di adattarsi a
necessità o esigenze… Dio si comporta così con noi uomini e
noi?!
Questo il significato del bove nello scudo di Matera, che
denota bene l’indole dei materani, lavoratori miti che pur se
affaticati affondano le mani nella materia-terra come il bove
affaticato, affonda la zampa più fermamente:
“Bos lassus firmius figit pedem”! Mi piace poi dare un altro
significato alla lettera “M” che si trova nello stesso simbolo.
Per molti significa “Matera”, ma per me
significa “M” come“Maria”, la Madre di Dio e Madre nostra. In
altre parole, Matera, come ebbe a dire San Giovanni Paolo
II, anche Lui aveva nel suo stemma la “M” per indicare il
nome di Maria, è la città di Maria, la Santa, la Tutta bella. Le
spighe di grano in bocca al bove richiamano alla bontà del
Tutta l’isola, non poteva avere una città gemella
migliore, se non Matera. La verde isola di Ischia, nata
dalle acque del meraviglioso golfo di Napoli, che
stende le braccia verso il Mediterraneo, potrebbe
essere quel giardino dove Dio ha posto l’uomo, dopo
averlo fatto-creato altrove e perché non Matera
(Materia Terra-Creta)?! Bella storia…una favola…una
narrazione possibile per dire che ogni luogo è
“giardino” creato da Dio ed ogni terra ha la “materia-
terra” usata da Dio per plasmare l’uomo! Oggi che si
gemellano Ischia e Matera è significativo e positivo
parlare così, come è significativo dire che il
Mediterraneo, mare chiuso, potrebbe essere quello del
“diluvio universale”. Infatti circa cinque milioni di anni
fa, il Mar Mediterraneo era una vallata profonda e
secca che divideva tre continenti: Europa, Africa e
Asia, fino a quando un cataclisma fece una breccia nel
muro di contenimento dell’oceano Atlantico ad ovest,
verso l’odierna Gibilterra. In un processo durato molti,
molti anni, una gigantesca cascata di acqua ha
incominciato ad inondare l’intero bacino mediterraneo,
facendo nascere un nuovo mare. Dal Mediterraneo
nasce e prende il largo il cristianesimo che ha superato
Ischia
In Genesi 7,11-24 così è scritto: “nell'anno seicentesimo della vita di Noè,
nel secondo mese, il diciassette del mese, proprio in quello stesso giorno,
eruppero tutte le sorgenti del grande abisso e le cateratte del cielo si
aprirono. Il diluvio durò sulla terra quaranta giorni: le acque crebbero
e sollevarono l'arca che si innalzò sulla terra. Le acque divennero
poderose e crebbero molto sopra la terra e l'arca galleggiava sulle
acque. Le acque si innalzarono sempre più sopra la terra e coprirono tutti
i monti più alti che sono sotto tutto il cielo. Le acque superarono in
altezza di quindici cubiti i monti che avevano ricoperto. Perì ogni essere
vivente che si muove sulla terra, uccelli, bestiame e fiere e tutti gli esseri
che brulicano sulla terra e tutti gli uomini. Ogni essere che ha un alito di
vita nelle narici, cioè quanto era sulla terra asciutta morì. Così fu
sterminato ogni essere che era sulla terra: con gli uomini, gli animali
domestici, i rettili e gli uccelli del cielo; essi furono sterminati dalla terra e
rimase solo Noè e chi stava con lui nell'arca. Le acque restarono alte sopra
la terra centocinquanta giorni”.
Questo il racconto biblico che ci dovrebbe far riflettere molto. Sappiamo che Dio
non manderà più nessun diluvio, ma questa volta potremmo essere noi stessi a
distruggere tutto e visto che l’uomo non è Dio, non ci sarà nessuna possibilità di
rinascita!
Alla fine del racconto genesiaco, Noè manda una colomba per trovare una terra emersa dalle acque.
La colomba ritorna con un ramoscello d’ulivo! Tutte le terre bagnate dal mar Mediterraneo hanno
l’ulivo, un indizio che il diluvio fu in questa parte del mondo?! Tutto lo lascia pensare… visto che la
rivelazione e l’incarnazione sono avvenute su terre bagnate dal Mediterraneo! Sono tanti gli stati
bagnati dal Mediterraneo: Albania, Algeria, Bosnia e
Erzegovina, Cipro, Croazia, Egitto, Francia, Grecia, Israele, Italia, Libano, Libia, Malta, Marocco, Mona
co, Montenegro, Siria, Slovenia, Spagna, Tunisia, Turchia.
Ripeto, in tutti questi stati si coltiva l’ulivo…anche questo è un caso?! L’albero di ulivo ha una
simbologia molto forte in tutte le culture del Mediterraneo, compresa quella cristiana: tipico della
cultura orientale, nella bibbia rappresenta invece la pace, la fecondità, benedizione e benessere. Le
prime citazioni dell’ulivo nella Bibbia appaiono alla fine del racconto del Diluvio universale, come ho già
detto, nella Genesi; precisamente quando una colomba porta a Noè un ramoscello di Ulivo, come simbolo di
pace e di fine punizione divina. L’ulivo simboleggia la riconciliazione di Dio con l’umanità peccatrice che,
rigenerata dall’acqua, è tornata a fiorire di nuovo. Non aspettiamo la distruzione totale, rifioriamo senza il
diluvio, siamo ancora in tempo! L’ulivo è la pianta che viene nominata dopo il diluvio universale, si trova in quasi
tutti, se non tutti i paesi del mediterraneo e dà come frutto l’oliva dalla quale si estrae l’olio: che sia questo olio
della pianta emersa dalle rovinose acque del diluvio, a farci riconsiderare noi sulla terra e in tutto il creato. L’olio
è prezioso e sacro, serve per nutrirci e per risanarci, fisicamente e spiritualmente, poiché ha proprietà benefiche
per molte malattie dell’uomo e viene usato nella nostra e in molte altre religioni come segno di consacrazione e
salvezza. Che sia il buon olio del mediterraneo a farci uscire dalla nostra autodistruzione.
Mi piace in questo mio intervento, ricordare una bellissima canzone di Mango,
morto qualche anno fa. Una canzone dal titolo “Mediterraneo”.
Mango, un artista lucano che ha saputo, con la sua arte fatta di parole e note, narrare il
Mediterraneo! Una narrazione che riassume e dice in versi molte cose di quelle dette e
scritte da me in questa relazione. C’è la natura in tutta sua bellezza e la gioia dell’uomo
coerente di starci dentro… “grandi come mai” nel più assoluto rispetto, pur
servendosene! “Lasciamoci andare… perché il sole entri dentro noi e respirare…” ed io
aggiungo, per respirare l’alito che Dio creatore soffiò nelle nostre narici per darci la sua
stessa vita!
“ Bianco e azzurro sei
Con le isole che stanno lì
Le rocce e il mare
Coi gabbiani
Mediterraneo da vedere
Con le arance
Mediterraneo da mangiare
La montagna là
E la strada che piano vien giù
Tra I pini e il sole
Un paese
Mediterraneo da scoprire
Con le chiese
Mediterraneo da pregare
Siedi qui
E getta lo sguardo giù
Tra gli ulivi
L'acqua è scura quasi blu
E lassù
Vola un falco lassù
Sembra guardi noi
Fermi così
Grandi come mai
Guarda là
Quella nuvola che va
Vola già
Dentro nell'eternità
Quella lunga scia
Della gente in silenzio per
via
Che prega piano
Sotto il sole
Mediterraneo da soffrire
Sotto il sole
Mediterraneo per morire
Siedi qui
E lasciati andar così
Lascia che
Entri il sole dentro te
E respira
Tutta l'aria che puoi
I profumi che
Senti anche tu
Sparsi intorno a
noi Guarda là
Quella nuvola che va
Vola già
Dentro nell'eternità”.
Questo il testo:
«Così dice il Signore:
poiché hai inciampato nella tua iniquità…
accetta ciò che è bene…
…né chiameremo più “dio nostro”
l’opera delle nostre mani…
Sarò come rugiada per Israele;
fiorirà come un giglio
e metterà radici come un albero del
Libano,
si spanderanno i suoi germogli
e avrà la bellezza dell’olivo
e la fragranza del Libano.
Ritorneranno a sedersi alla mia ombra,
Per l’argomento trattato, però, non posso non terminare alla stessa maniera di come ho iniziato e
cioè citando un passo della Sacra Scrittura. Il Profeta Osea fa al caso nostro, perché parla di una
rinascita in tutti i sensi dell’uomo, diventato iniquo, malvagio, usando immagini della natura e dei
luoghi. Dire Libano è come dire Italia o altre nazioni; dire Israele, è come dire il nostro popolo o un
altro popolo.
Sentiamo Osea (14,2-10 ). :
faranno rivivere il grano,
fioriranno come le vigne,
saranno famosi come il vino del Libano.
Che ho ancora in comune con gli ìdoli…?
…io sono come un cipresso sempre verde,
il tuo frutto è opera mia.
Chi è saggio comprenda queste cose,
chi ha intelligenza le comprenda;
poiché rette sono le vie del Signore,
i giusti camminano in esse,
mentre i malvagi v’inciampano».
E ancora un altro brano tratto dalla Bibbia:
«…Queste acque scorrono verso la regione… orientale, scendono… ed entrano nel mare: sfociate nel mare,
ne risanano le acque. Ogni essere vivente che si muove dovunque arriva il torrente, vivrà: il pesce vi sarà
abbondantissimo, perché dove giungono quelle acque, risanano, e là dove giungerà il torrente tutto rivivrà.
Lungo il torrente, su una riva e sull’altra, crescerà ogni sorta di alberi da frutto, le cui foglie non
appassiranno: i loro frutti non cesseranno e ogni mese matureranno, perché le loro acque sgorgano dal
santuario. I loro frutti serviranno come cibo e le foglie come medicina» (Ez 47,1-9.12).
Ecco Dio promette e fa per noi tutto questo. Adesso tocca a noi riordinare“la nostra casa comune”, come ha
scritto Papa Francesco nella sua enciclica “Laudato sii”.
Mi piace inoltre, per il mio argomentare, ricordare il
famoso motto di San Benedetto: “Ora, lege et labora”,
spesso ricordato senza il “lege”, che sta ad indicare la
lettura, il documentarsi per sapere… per conoscere le
problematiche, per risolverle a favore del bene comune,
senza lasciarci paralizzare dal male. Solo così possiamo
rinnovare la nostra società e perché no, la nostra
economia e una sana economia non può non tener conto
dell’ecologia, che tra l’altro hanno pure la stessa radice.
Ricordo a tal proposito un appello di Papa Francesco,
del 30 agosto del 2017, ad “ascoltare il grido della terra e
il grido dei poveri”.
Il Pontefice in quell’occasione ricordò ai fedeli presenti in
piazza SanPietro, la giornata di preghiera per il
creato, che si sarebbe celebrata il primo Settembre.
In quella circostanza si rivolse a chi ha “ruoli influenti”,
invitandoli a vedere le esigenze degli ultimi, “che più
soffrono per gli squilibri ecologici”.
Un altro pontefice, San Giovanni Paolo II, in dialetto
romanesco, il 26 febbraio del 2004, ebbe a dire:
«Damose da fa' e volemose bbene» ed io aggiungo,
finché siamo in tempo, per risolvere i problemi che hanno
danneggiato la vita della terra- creato, di conseguenza la
nostra stessa vita! A quel “volemosebbene”, credo che si
possa dare anche un altro senso e
cioè facciamo cose…che non ci portano alla rovina … a
vivere una vita inquinata, opera delle nostre mani,
chiamata “dio nostro”, come è scritto in Osea!
Camminiamo invece sulle sponde del torrente di Dio dove
crescono “foglie come medicina” e che siano la nostra
medicina, quella che guarisce noi e tutto ciò che si
ammala per colpa nostra! Allora facciamo con Dio una
cosa “nuova”, rispettandolo nelle sue scelte…
UNA COSA NUOVA… Dio suggerisce! E credo che sia la
conclusione più completa di questo mio intervento!
“Così dice il Signore,
che aprì una strada nel mare
e un sentiero in mezzo ad acque
possenti,
che fece uscire carri e cavalli,
esercito ed eroi a un tempo;
essi giacciono morti, mai più si
rialzeranno,
si spensero come un lucignolo, sono
estinti:
“Non ricordate più le cose passate,
non pensate più alle cose antiche!
Ecco, io faccio una cosa nuova:
proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?
Aprirò anche nel deserto una strada,
immetterò fiumi nella steppa.
Mi glorificheranno le bestie selvatiche,
sciacalli e struzzi,
perché avrò fornito acqua al deserto,
fiumi alla steppa,
per dissetare il mio popolo, il mio eletto.
Il popolo che io ho plasmato per me
celebrerà le mie lodi”.
Sentiamolo dal libro del profeta Isaìa:
Quindi, nel creato, Dio è creatore e per la sua creatura, l’uomo, può fare “cose nuove, aprendo vie e
sentieri nel mare e nelle acque impetuose” … se riconosce i propri limiti dell’essere creatura,
altrimenti, il contrario significherebbe “estinguersi come l’esercito di eroi”, significherebbe non avere
più “la fornitura di acqua nel deserto e fiumi nella steppa” , come è scritto in Isaia! L’uomo che si
reputa e si mette al posto di Dio, non è e non sarà mai “creatore” nelle cose che riguardano solo
Dio, se non della sua stessa estinzione per aver distrutto, con le sue “creazioni” di morte, “il
giardino”, la terra che Dio, il creatore di tutto, gli ha dato in “prestito” e le cose prestate, vanno
restituite come sono state date e cioè integre ed originali. Dio ce le ha prestate con l’unico
“interesse”, che è quello della preservazione nell’utilizzo! Se distruggiamo…lo paghiamo a caro
prezzo. Quello della “Vita” su questo pianeta-terra, chiamato “giardino”, dove l’uomo è stato posto da
Dio per “abitarlo e coltivarlo”. Carlo Ambrosio Setti
Ischia, 09 Marzo 2019.
- Pietro Ciavarella, Genesi Esodo Levitico Numeri
Deuteronomio, BE Edizioni, Firenze 2012.
- Cantico delle creature: Fonti Francescane ( FF).
- Anthologie du soufisme, Paris 1978.
- Valerio Giacomini, Perché l'Ecologia, La Scuola,
Brescia 1980.
- Papa Francesco, Laudato si', Cinisello Balsamo,
Edizioni San Paolo srl.
- Flavio Cuniberto, Madonna povertà, Vicenza, Neri
Pozza editore, 2016.
- Tommaso da Celano, Vita prima di San Francesco,
XXIX, 81: FF 460.
- Tommaso da Celano, Vita seconda di San
Francesco, CXXIV, 165: FF 750.
- Catechismo della Chiesa Cattolica, 2416.
- Romano Guardini, La fine dell’epoca moderna, 57-
58.
- Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio (26 marzo
1967).
- Gaudium et spes sulla Chiesa nel mondo
contemporaneo, 26.
- A. Farina Verso una scienza del paesaggio,
Alberto Perdisa Editore, Bologna 2004.
Bibliografia:
- V. Ingegnoli Bionomia del Paesaggio: l'ecologia del
paesaggio biologico-integrata per la formazione di un
"medico" dei sistemi ecologici. Springer-Verlag, Milano,
2011.
- Marcello Morelli, Storia di Matera, Matera, F.lli
Montemurro, 1971.
- Francesco Paolo Volpe, Memorie storiche profane e
religiose sulla città di Matera, Napoli, Simoniana, 1818.
- Raffaele Castagna, Ischia nella tradizione greca e
latina, Imagaenaria, 2002.
- Giuseppe d'Ascia, Storia dell'Isola d'Ischia, Napoli, 1867.
- Daniele Vinci, In giro per Ischia. Boschi, borghi, spiagge,
sentieri, Imagaenaria, 2010.
- David Abulafia, Il grande mare, Storia del Mediterraneo,
traduzione di Luca Vanni, Milano, Mondadori.
- Plinio il Vecchio, Naturalis historia - Cap. XVII.
- Domenico Nasini, L'olio d'oliva nelle quotidianità delle
genti mediterranee, è la Bibbia a ricordarcelo: da Teatro
Naturale – 26/10/2018.
- Mediterraneo, testo di Mogol e Mango.
- Fragmenta, pagg. 308-13.
- Sant’Agostino, De vera religione (39, 72-73).

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Convegno ischia don carlo ambrosio setti 9marzo2019

  • 1. «Noi nel Mediterraneo - Itinerari sensibili e multiculturali» Convegno Ischia 09-10 Marzo 2019 “L’uomo custode del creato” Don Carlo Ambrosio Setti
  • 2. Quando si parla di “Creato”, non possiamo mettere da parte, almeno nel nostro contesto cristiano, chi è l’autore di tutto ciò che definiamo “Creato” e cioè Dio! “Ante omnia Deus”. Prima di tutto Dio, diceva San Benedetto, patrono d’Europa! Per trattare il tema che mi è stato proposto, "L’uomo custode del creato”, seguirò e citerò i seguenti documenti: - Il Libro della Genesi; - Il cantico delle creature di San Francesco d’Assisi; - L’Enciclica di Papa Francesco: “Laudato Si”; -Considerazioni e conclusione ispirate al gemellaggio tra l’isola di Ischia e Matera. Buonasera! Inizio il mio intervento portandovi il saluto del mio e del vostro “Capo”: Dio!
  • 3. Il libro della Genesi Questo libro, come ben sappiamo, narra della creazione del mondo e del genere umano da parte di Dio. Questo racconto richiede una lettura profonda e sapienziale per non cadere in considerazioni non corrette. Infatti, fino a non molto tempo fa, noi cristiani venivamo considerati i soli e veri responsabili della distruzione della terra e del creato per aver interpretato male e alla lettera quel “soggiogate e dominate” riportato nel dialogo tra Dio e gli uomini in Genesi 1:26-28. Credo però che si possa dire la stessa cosa anche per gli altri contesti di fede monoteistica. Tutti e noi cristiani per primo abbiamo abusato del nostro “potere” e abbiamo ridotto il nostro pianeta ad una pattumiera… Ora abbiamo finalmente capito che l’essenza del “dominio” non sta in una qualche superiorità dell’uomo sul creato, ma nella sua capacità di amare il creato come Dio lo ama.
  • 4. Dio ama senza fare preferenza e soprattutto non escludendo niente e nessuno dal suo pensiero e dalla sua azione d’amore. Se andiamo a veder bene, Dio creando assegna ad ogni essere vivente un posto ed un modo di vivere in questo posto e l’uomo, poiché è “immagine di Dio” e in altre parole, essere a immagine e somiglianza significa “essere figlio”, un buon figlio non può non fare ciò che ha stabilito il padre. Questo rispetto dato al padre, significa rispetto della realtà così come il padre l’ha realizzata, tanto da poter affermare che l’uomo esercita bene il suo “potere” con amore rispettoso. Ciò significa che niente e nessuno può perdere, ciò che Dio ha dato…! Un comportamento diverso dell’uomo porta a squilibri, ai cosiddetti cambiamenti climatici che sono sotto gli occhi di tutti e nonostante ciò, chi ha responsabilità di “governo” continua a proporre “ecologie superficiali”, che fanno pensare che ciò che sta succedendo non è certo e solo per non far cambiare gli stili di vita consumistici e di produzione sfrenata di cose spesso superflue. L’uomo odierno sta coltivando solo vizi autodistruttivi; rincorre sempre l’ultimo prodotto… quello con più prestazioni da ostentare e non che servano realmente! Stiamo in altre parole “coltivando e custodendo” una vita all’insegna dello spreco. .
  • 5. Il coltivatore, quando mette a dimora una pianta, lo fa bene secondo quanto ha imparato dalla tradizione contadina e la cura con occhio vigile perché non si ammali. Il potere del “dominare e soggiogare” possiamo dire che autorizza l’uomo solo a “coltivare e a custodire”, non da padrone, ma da inquilino che abita quel bene rispettando non un semplice regolamento condominiale “ordinario”, ma un regolamento condominiale “contrattuale” che limita i diritti che i singoli condomini hanno sulle rispettive proprietà individuali o sulle parti comuni. Il Levitico parla di ciò: “la terra è mia e voi siete presso di me come forestieri e inquilini” (Lv. 25,23). Naturalmente, come tutti gli esempi non sono sempre calzanti, quello che ho riportato qui del condominio e dei condomini è calzante in parte, poiché mi si potrebbe dire che il proprietario è Dio e non l’uomo… eppure a ben riflettere, anche questi, riguardo alla terra, l’amministra, ma bisogna vedere con quale legge e comunque, anche se adottasse illecitamente la legge del padrone, nel nostro caso Dio, anche questi ha un limite, quello dell’alleanza fatta dopo il diluvio universale che gli impone di non distruggere più l’uomo. E quindi questi, pur se si ritenesse padrone e non inquilino, ha comunque un limite da osservare, quello che gli impone l’alleanza e cioè quello di rinunciare alla distruzione del “condominio terra”!
  • 6. “Dio disse a Noè e ai suoi figli con lui: «Quanto a me, ecco io stabilisco la mia alleanza con voi e con i vostri discendenti dopo di voi; con ogni essere vivente che è con voi, uccelli, bestiame e bestie selvatiche, con tutti gli animali che sono usciti dall’arca. Io stabilisco la mia alleanza con voi: non sarà più distrutto nessun vivente dalle acque del diluvio, né più il diluvio devasterà la terra. Questo è il segno dell’alleanza che io pongo tra me e voi e tra ogni essere vivente che è con voi per le generazioni eterne: Il mio arco pongo sulle nubi ed esso sarà il segno dell'alleanza fra me e la terra»” (Gen9,8-11).Ammesso e non concesso che l’uomo sia “il padrone” della terra, egli ha per così dire “il limite” che anche Dio si impone e cioè quello di non “distruggere nessun vivente dalle acque del diluvio, né più il diluvio devasterà la terra”, ma di fatto l’uomo, lo ripeto, lentamente sta distruggendo col “diluvio”, non solo fatto di acqua, ma anche e soprattutto di assenza di valori assoluti che riportano a Dio e alle sue leggi scritte in tutto il creato.
  • 7. In conclusione, il libro della Genesi, se interpretato bene, senza addomesticarlo per i nostri fini egoistici di interessi vari, ci abilita a guidare con una patente a punti, e molti di noi hanno quasi esaurito questi punti, e stiamo guidando col rischio di perdere tutti i punti che Dio, per così dire, ci ha assegnato per la patente di guida per il rispetto del creato, in primo luogo, della terra e di tutti gli esseri viventi. Perdere i punti significa che non possiamo più guidare e per farlo dobbiamo essere riabilitati alla guida, nel nostro discorso, alla “guida della terra”! E’ arrivato il momento di recuperare i punti e lo si può fare solo se rispettiamo il “codice” di comportamento che Dio ha scritto in tutto il creato e cioè quello di “camminare con Lui” come fece Noè! Noè è presentato dalla Bibbia come uomo “giusto e integro tra i suoi contemporanei e camminava con Dio” (Gen 6,9).
  • 8. Il cantico delle creature di San Francesco d’Assisi Certamente, un altro uomo che ha “camminato” con Dio è stato San Francesco d’Assisi che, a proposito del creato, ha composto una delle poesie più belle della nostra letteratura italiana. L’ha scritta nel 1226. Questa poesia innanzitutto è una lode a Dio e a tutto ciò che è nato dalle sue mani: la vita, in senso lato e la natura, anche questa in senso più ampio possibile. San Francesco prende le sue decisioni mettendo in pratica “la Parola di Dio” contenuta nelle sacre scritture. Capisce che “abitare” la terra significa “custodirla” come si fa con tutto ciò che noi riteniamo essere un’opera d’arte e la terra e tutto il creato è certamente l’opera d’arte per eccellenza, perché ha come autore Dio che ha chiamato all’esistenza tutto all’insegna della “bellezza”, perché Dio è bello! Nel creato, ci fa capire Francesco, è riflessa l'immagine della bellezza del Creatore; ne deriva così il senso di fratellanza fra l'uomo e tutto il creato. La creazione diventa così un grandioso mezzo di lode al Creatore, quando l’uomo “fratello” del creato non si comporta come Caino che uccide il fratello Abele, perché quest’ultimo aveva capito che al Dio bello non si potevano che donare che cose belle e buone.
  • 9. Francesco così canta: “Tu sia lodato, mio Signore, per nostra sorella madre terra, la quale ci dà nutrimento, ci mantiene e produce diversi frutti con fiori colorati ed erba”. Nella composizione di Francesco, tutte le creature sono viste positivamente e sono chiamate "sorella" e “fratello”. San Francesco, infatti, mette l’uomo allo stesso livello di ogni creatura, poiché egli stesso è una creatura; rispetto alle creature, però, ha una maggiore responsabilità morale, in quanto dotato di libero arbitrio e pensa che l'uomo trova beatitudine solo nel rispetto della legge divina.
  • 10. La lode al Signore Francesco la esprime attraverso i quattro elementi fondamentali: il vento, l'acqua, il fuoco e la terra! In questi elementi Francesco vede solo gli aspetti belli e positivi. Ad esempio, nel vento canta la presenza di Dio come viene riportata nel primo libro dei Re, dove Elia trova Dio “non nel vento impetuoso e gagliardo né nel terremoto e neppure nel fuoco, ma nel vento leggero” (1Re 19,11-12). “Lodato sii, mio Signore, per fratello vento, e per l'aria e per il cielo; quello nuvoloso e quello sereno, ogni tempo tramite il quale alle creature dai sostentamento. Lodato sii mio Signore, per sorella acqua, la quale è molto utile e umile, preziosa e pura. Lodato sii mio Signore, per fratello fuoco, attraverso il quale illumini la notte. È bello, giocondo, robusto e forte.”. Per Francesco, poi , gli elementi vento, acqua, fuoco, riportano ai sacramenti e a Dio. Egli, però, non tralascia di combattere la mentalità utilitaristica ed affaristica, già presente nella società di allora, per la quale la natura era solo da sfruttare a fini economici e sottolinea che la natura dà già tutto ciò di cui l’uomo ha bisogno, senza affannarsi a ricercare cose per lo più inutili: “Lodato sii mio Signore, per nostra sorella madre terra, la quale ci dà nutrimento e ci mantiene: produce diversi frutti variopinti, con fiori ed erba”.
  • 11. Nella penultima strofa del suo cantico, Francesco passa a scrivere di sorella morte ed anche per essa esprime una considerazione positiva, in quanto con la morte l’uomo giusto e in stato di grazia finalmente vivrà la vera vita, la vita eterna con Dio! “Lodato sii mio Signore per la nostra morte corporale, dalla quale nessun essere umano può scappare, guai a quelli che moriranno mentre sono in situazione di peccato mortale. Beati quelli che la troveranno mentre stanno rispettando le tue volontà. La seconda morte non farà loro alcun male”. Nell’ultima strofa Francesco invita ogni uomo a lodare e benedire Dio, servendolo con umiltà. “Lodate e benedite il mio Signore, ringraziatelo e servitelo con grande umiltà”.
  • 12. Secondo Dante Alighieri, tutta la gloria di Francesco dipende dal suo “essersi fatto pusillo”, cioè piccolo; nella sua umiltà è il successo del suo pensiero e del suo operato! Umiltà: questa parola è ancora attuale e anche da essa dipenderà il futuro della nostra terra, se questa sarà abitata da uomini e donne che non si ritengono come Dio, al quale tutto è possibile. Ma all’uomo no, non è tutto possibile, soprattutto nella “custodia del creato” che in altre parole significa rispetto del creato, riconoscendo i propri limiti di creatura che, come un bravo maestro d’orchestra, “interpreta” e non riscrive le note dello spartito composto da Dio, dove ogni nota ha il suo posto nell’unica melodia da Lui pensata per un concerto, da Lui, eternamente presente, affidato per amore all’uomo, “scritturato” per una “fedele” interpretazione. Francesco è stato per il suo e per il nostro tempo un brillantissimo interprete, ha custodito ed eseguito con semplicità e letizia, quella evangelica, la sinfonia scritta da Dio in tutto il creato. In tal senso, possiamo considerare Francesco “custode” del creato, perché ha saputo ben relazionare Dio con l’uomo, e questo con gli altri uomini per trovare soluzioni migliori nell’operare nella salvaguardia di
  • 13. Papa Francesco nella sua enciclica “Laudato si’ ” inventa, per così dire, una nuova opera di misericordia corporale, quella relativa alla “cura della casa comune”. Il Papa scrive ciò in relazione alla riflessione sul libro della Genesi, soprattutto su quel passo dove si dice che Dio pose l’uomo nel giardino terrestre perché lo “coltivasse e custodisse”. In questo modo, non fa nient’altro che dire che Dio mise l’uomo ad “abitare” il giardino: solo chi abita una realtà se ne può servire, ma bisogna vedere come, poiché molti uomini nell’usare la “casa comune”, come dice il Papa, pensano solo a se stessi per trarne profitti egoistici. “Abitare” la terra significa condividere beni dei quali nessuno può essere padrone. Tutti gli uomini, in modo particolare, dice il Papa, quelli che credono in Dio, devono comprendere che nessuno può ritenersi “padrone” di persone e cose. Il Papa non ha paura di affermare che gli squilibri tra gli uomini e nella natura sono il frutto di una cattiva politica economica. L’Enciclica di Papa Francesco
  • 14. Quindi amministrare bene, come Papa Francesco afferma nell’enciclica “Laudato si’”, significa che l’uomo è un amministratore che deve riconsegnare tutto, non tanto o non solo a Dio, che non ha bisogno di nulla, ma a tutti gli altri uomini, in quanto tutti hanno ricevuto da Dio il dono della vita e tutti la devono vivere in pienezza. Ciò significa che chi amministra, governa, deve avere un occhio di riguardo per chi vive una vita mortificata per alcuni prepotenti che tra l’altro esercitano un potere per delega… da parte del cittadino che li vota.
  • 15. Il Santo Padre si spinge oltre, tanto da affermare che chi si occupa della cura della “casa comune” lo dovrebbe fare con un nuovo spirito, quello della “misericordia spirituale e corporale”. Parla infatti di una “nuova opera di misericordia”. Il Papa dice a tutti, ma in modo particolare a chi ha responsabilità di amministrazione della “casa comune”, che è come se esercitasse un’opera di misericordia. “Abitare la terra” significherebbe, soprattutto per il credente, vivere realizzando la nuova opera di misericordia che ha, dice il Pontefice, “come oggetto la stessa vita umana nella sua totalità”. L’uomo è chiamato in altre parole, afferma il Papa, ad “abitare il suo stesso essere creatura”. Possiamo dire in altre parole che l’uomo è chiamato a conoscersi in profondità, in se stesso: “conosci te stesso”, è una massima religiosa greco antica iscritta nel tempio di Apollo a Delfi.
  • 16. Un concetto simile si trova anche nel monito di Sant'Agostino: "Non andare fuori, rientra in te stesso: è nel profondo dell'uomo che risiede la verità”. Gli studiosi, credo, anche se con alcune differenze, concordano sul fatto che con questa sentenza Apollo intimasse agli uomini di “riconoscere la propria limitatezza e finitezza”. Questa è la verità più profonda che lo riguarda: Dio è il creatore, l’uomo è creatura, mentre Satana, dice il Papa, gli fa capire che invece l’uomo è Dio. In questo delirio di onnipotenza, l’uomo sta di struggendo “la vigna” che gli è stata data da coltivare. La vigna Dio l’ha piantata con cura e competenza. Deve essere ben protetta da furti, danni ed invasioni. È la cura paterna di Dio verso ognuno di noi. Ci ha creati a sua immagine e resi capaci di produrre frutto ed è quindi legittimo che venga a ritirarli. Ma noi “vignaioli” non solo non gli diamo i frutti adesso, ma stiamo facendo in modo di distruggere la vigna per non avere più i frutti da dare a Dio in futuro! (Mc 12,1-12). Il Santo Padre nella sua enciclica parla di “degrado sociale e di deterioramento della qualità della vita umana”. Lo stesso uomo ne è la causa… pare che non voglia avere più quella “speciale dignità e quella possibilità di vivere felice”, così è riportato il pensiero del Papa nei vari commenti all’enciclica “Laudato Sii”.
  • 17. Il tema di questo convegno
  • 18. “Noi nel Mediterraneo…” Questo tema ci spinge a fare una riflessione che va oltre i soliti luoghi comuni. Il “NOI” ci pone sullo stesso piano, soprattutto perché il bene da tutelare, il creato, lo abbiamo avuto in prestito, in affitto… Il creato ha un solo “padrone” Dio! E per questo, afferma il Papa, “molte cose devono riorientare la propria rotta, ma prima di tutto è l’umanità che ha bisogno di cambiare. Manca la coscienza di un’origine comune, di una mutua appartenenza e di un futuro condiviso da tutti. Questa consapevolezza di base permetterebbe lo sviluppo di nuove convinzioni, nuovi atteggiamenti e stili di vita. Emerge così una grande sfida culturale, spirituale e educativa che implicherà lunghi processi di rigenerazione… La situazione attuale del mondo provoca un senso di precarietà e di insicurezza, che a sua volta favorisce forme di egoismo collettivo…Un cambiamento negli stili di vita potrebbe arrivare ad esercitare una sana pressione su coloro che detengono il potere politico, economico e sociale”. Ecco il punto e lo scopo di questo convegno: far capire a chi detiene “il potere politico, economico e sociale” che si può cambiare in meglio la gestione del patrimonio che abbiamo come gestione e non come eredità. Tutto ciò lo dobbiamo attuare alla luce della memoria del passato e con la scienza del futuro. Matera, Ischia sono un’opportunità per farlo!
  • 19. Matera, secondo alcune ipotesi, deriva dal greco “Meteoron”, che significa “cielo stellato”; altre leggende si riferiscono alle parole “Mater”, cioè “Madre”, oppure “Me Terah”, che significa “Acqua pura”, data la presenza nel territorio di numerose sorgenti di acqua nel sottosuolo. Legami meno attendibili riguardano i termini latini “Materiae”, che significa “legno”, data la ricchezza di boschi nel circondario. Comunque, questi significati riportano all’idea di creato e penso che la semplicità e laboriosità dei cittadini di Matera lo sottolineano bene e possono dire di più ed altro sulla natura e l’ambiente da preservare per questo loro “abitare” in una città che nel suo significato ha la vocazione a “custodire” ciò che ha avuto in tutti i sensi. Il Creatore ha dato la materia prima le bellezze della natura, gli antenati il bello da preservare, il brutto da convertire in bello.
  • 20. Nello stemma di Matera vi è un bove, che in araldica simboleggia il lavoro e la mansuetudine. Queste due parole ci riportano al libro della Genesi 2,15, dove Dio dice all’uomo di “coltivare” la terra, “il giardino”, un significativo lavoro, perché in un certo qual modo lavorare significa “creare” cose buone per il sostentamento dello stesso uomo e per fare cose buone, esse si fanno con uno spirito mansueto. Questo termine denota una mitezza o una docilità naturale o acquisita, una capacità di venire incontro o di adattarsi a necessità o esigenze… Dio si comporta così con noi uomini e noi?! Questo il significato del bove nello scudo di Matera, che denota bene l’indole dei materani, lavoratori miti che pur se affaticati affondano le mani nella materia-terra come il bove affaticato, affonda la zampa più fermamente: “Bos lassus firmius figit pedem”! Mi piace poi dare un altro significato alla lettera “M” che si trova nello stesso simbolo. Per molti significa “Matera”, ma per me significa “M” come“Maria”, la Madre di Dio e Madre nostra. In altre parole, Matera, come ebbe a dire San Giovanni Paolo II, anche Lui aveva nel suo stemma la “M” per indicare il nome di Maria, è la città di Maria, la Santa, la Tutta bella. Le spighe di grano in bocca al bove richiamano alla bontà del
  • 21. Tutta l’isola, non poteva avere una città gemella migliore, se non Matera. La verde isola di Ischia, nata dalle acque del meraviglioso golfo di Napoli, che stende le braccia verso il Mediterraneo, potrebbe essere quel giardino dove Dio ha posto l’uomo, dopo averlo fatto-creato altrove e perché non Matera (Materia Terra-Creta)?! Bella storia…una favola…una narrazione possibile per dire che ogni luogo è “giardino” creato da Dio ed ogni terra ha la “materia- terra” usata da Dio per plasmare l’uomo! Oggi che si gemellano Ischia e Matera è significativo e positivo parlare così, come è significativo dire che il Mediterraneo, mare chiuso, potrebbe essere quello del “diluvio universale”. Infatti circa cinque milioni di anni fa, il Mar Mediterraneo era una vallata profonda e secca che divideva tre continenti: Europa, Africa e Asia, fino a quando un cataclisma fece una breccia nel muro di contenimento dell’oceano Atlantico ad ovest, verso l’odierna Gibilterra. In un processo durato molti, molti anni, una gigantesca cascata di acqua ha incominciato ad inondare l’intero bacino mediterraneo, facendo nascere un nuovo mare. Dal Mediterraneo nasce e prende il largo il cristianesimo che ha superato Ischia
  • 22. In Genesi 7,11-24 così è scritto: “nell'anno seicentesimo della vita di Noè, nel secondo mese, il diciassette del mese, proprio in quello stesso giorno, eruppero tutte le sorgenti del grande abisso e le cateratte del cielo si aprirono. Il diluvio durò sulla terra quaranta giorni: le acque crebbero e sollevarono l'arca che si innalzò sulla terra. Le acque divennero poderose e crebbero molto sopra la terra e l'arca galleggiava sulle acque. Le acque si innalzarono sempre più sopra la terra e coprirono tutti i monti più alti che sono sotto tutto il cielo. Le acque superarono in altezza di quindici cubiti i monti che avevano ricoperto. Perì ogni essere vivente che si muove sulla terra, uccelli, bestiame e fiere e tutti gli esseri che brulicano sulla terra e tutti gli uomini. Ogni essere che ha un alito di vita nelle narici, cioè quanto era sulla terra asciutta morì. Così fu sterminato ogni essere che era sulla terra: con gli uomini, gli animali domestici, i rettili e gli uccelli del cielo; essi furono sterminati dalla terra e rimase solo Noè e chi stava con lui nell'arca. Le acque restarono alte sopra la terra centocinquanta giorni”. Questo il racconto biblico che ci dovrebbe far riflettere molto. Sappiamo che Dio non manderà più nessun diluvio, ma questa volta potremmo essere noi stessi a distruggere tutto e visto che l’uomo non è Dio, non ci sarà nessuna possibilità di rinascita!
  • 23. Alla fine del racconto genesiaco, Noè manda una colomba per trovare una terra emersa dalle acque. La colomba ritorna con un ramoscello d’ulivo! Tutte le terre bagnate dal mar Mediterraneo hanno l’ulivo, un indizio che il diluvio fu in questa parte del mondo?! Tutto lo lascia pensare… visto che la rivelazione e l’incarnazione sono avvenute su terre bagnate dal Mediterraneo! Sono tanti gli stati bagnati dal Mediterraneo: Albania, Algeria, Bosnia e Erzegovina, Cipro, Croazia, Egitto, Francia, Grecia, Israele, Italia, Libano, Libia, Malta, Marocco, Mona co, Montenegro, Siria, Slovenia, Spagna, Tunisia, Turchia. Ripeto, in tutti questi stati si coltiva l’ulivo…anche questo è un caso?! L’albero di ulivo ha una simbologia molto forte in tutte le culture del Mediterraneo, compresa quella cristiana: tipico della cultura orientale, nella bibbia rappresenta invece la pace, la fecondità, benedizione e benessere. Le prime citazioni dell’ulivo nella Bibbia appaiono alla fine del racconto del Diluvio universale, come ho già detto, nella Genesi; precisamente quando una colomba porta a Noè un ramoscello di Ulivo, come simbolo di pace e di fine punizione divina. L’ulivo simboleggia la riconciliazione di Dio con l’umanità peccatrice che, rigenerata dall’acqua, è tornata a fiorire di nuovo. Non aspettiamo la distruzione totale, rifioriamo senza il diluvio, siamo ancora in tempo! L’ulivo è la pianta che viene nominata dopo il diluvio universale, si trova in quasi tutti, se non tutti i paesi del mediterraneo e dà come frutto l’oliva dalla quale si estrae l’olio: che sia questo olio della pianta emersa dalle rovinose acque del diluvio, a farci riconsiderare noi sulla terra e in tutto il creato. L’olio è prezioso e sacro, serve per nutrirci e per risanarci, fisicamente e spiritualmente, poiché ha proprietà benefiche per molte malattie dell’uomo e viene usato nella nostra e in molte altre religioni come segno di consacrazione e salvezza. Che sia il buon olio del mediterraneo a farci uscire dalla nostra autodistruzione.
  • 24. Mi piace in questo mio intervento, ricordare una bellissima canzone di Mango, morto qualche anno fa. Una canzone dal titolo “Mediterraneo”. Mango, un artista lucano che ha saputo, con la sua arte fatta di parole e note, narrare il Mediterraneo! Una narrazione che riassume e dice in versi molte cose di quelle dette e scritte da me in questa relazione. C’è la natura in tutta sua bellezza e la gioia dell’uomo coerente di starci dentro… “grandi come mai” nel più assoluto rispetto, pur servendosene! “Lasciamoci andare… perché il sole entri dentro noi e respirare…” ed io aggiungo, per respirare l’alito che Dio creatore soffiò nelle nostre narici per darci la sua stessa vita!
  • 25. “ Bianco e azzurro sei Con le isole che stanno lì Le rocce e il mare Coi gabbiani Mediterraneo da vedere Con le arance Mediterraneo da mangiare La montagna là E la strada che piano vien giù Tra I pini e il sole Un paese Mediterraneo da scoprire Con le chiese Mediterraneo da pregare Siedi qui E getta lo sguardo giù Tra gli ulivi L'acqua è scura quasi blu E lassù Vola un falco lassù Sembra guardi noi Fermi così Grandi come mai Guarda là Quella nuvola che va Vola già Dentro nell'eternità Quella lunga scia Della gente in silenzio per via Che prega piano Sotto il sole Mediterraneo da soffrire Sotto il sole Mediterraneo per morire Siedi qui E lasciati andar così Lascia che Entri il sole dentro te E respira Tutta l'aria che puoi I profumi che Senti anche tu Sparsi intorno a noi Guarda là Quella nuvola che va Vola già Dentro nell'eternità”. Questo il testo:
  • 26. «Così dice il Signore: poiché hai inciampato nella tua iniquità… accetta ciò che è bene… …né chiameremo più “dio nostro” l’opera delle nostre mani… Sarò come rugiada per Israele; fiorirà come un giglio e metterà radici come un albero del Libano, si spanderanno i suoi germogli e avrà la bellezza dell’olivo e la fragranza del Libano. Ritorneranno a sedersi alla mia ombra, Per l’argomento trattato, però, non posso non terminare alla stessa maniera di come ho iniziato e cioè citando un passo della Sacra Scrittura. Il Profeta Osea fa al caso nostro, perché parla di una rinascita in tutti i sensi dell’uomo, diventato iniquo, malvagio, usando immagini della natura e dei luoghi. Dire Libano è come dire Italia o altre nazioni; dire Israele, è come dire il nostro popolo o un altro popolo. Sentiamo Osea (14,2-10 ). : faranno rivivere il grano, fioriranno come le vigne, saranno famosi come il vino del Libano. Che ho ancora in comune con gli ìdoli…? …io sono come un cipresso sempre verde, il tuo frutto è opera mia. Chi è saggio comprenda queste cose, chi ha intelligenza le comprenda; poiché rette sono le vie del Signore, i giusti camminano in esse, mentre i malvagi v’inciampano».
  • 27. E ancora un altro brano tratto dalla Bibbia: «…Queste acque scorrono verso la regione… orientale, scendono… ed entrano nel mare: sfociate nel mare, ne risanano le acque. Ogni essere vivente che si muove dovunque arriva il torrente, vivrà: il pesce vi sarà abbondantissimo, perché dove giungono quelle acque, risanano, e là dove giungerà il torrente tutto rivivrà. Lungo il torrente, su una riva e sull’altra, crescerà ogni sorta di alberi da frutto, le cui foglie non appassiranno: i loro frutti non cesseranno e ogni mese matureranno, perché le loro acque sgorgano dal santuario. I loro frutti serviranno come cibo e le foglie come medicina» (Ez 47,1-9.12). Ecco Dio promette e fa per noi tutto questo. Adesso tocca a noi riordinare“la nostra casa comune”, come ha scritto Papa Francesco nella sua enciclica “Laudato sii”.
  • 28. Mi piace inoltre, per il mio argomentare, ricordare il famoso motto di San Benedetto: “Ora, lege et labora”, spesso ricordato senza il “lege”, che sta ad indicare la lettura, il documentarsi per sapere… per conoscere le problematiche, per risolverle a favore del bene comune, senza lasciarci paralizzare dal male. Solo così possiamo rinnovare la nostra società e perché no, la nostra economia e una sana economia non può non tener conto dell’ecologia, che tra l’altro hanno pure la stessa radice. Ricordo a tal proposito un appello di Papa Francesco, del 30 agosto del 2017, ad “ascoltare il grido della terra e il grido dei poveri”. Il Pontefice in quell’occasione ricordò ai fedeli presenti in piazza SanPietro, la giornata di preghiera per il creato, che si sarebbe celebrata il primo Settembre. In quella circostanza si rivolse a chi ha “ruoli influenti”, invitandoli a vedere le esigenze degli ultimi, “che più soffrono per gli squilibri ecologici”.
  • 29. Un altro pontefice, San Giovanni Paolo II, in dialetto romanesco, il 26 febbraio del 2004, ebbe a dire: «Damose da fa' e volemose bbene» ed io aggiungo, finché siamo in tempo, per risolvere i problemi che hanno danneggiato la vita della terra- creato, di conseguenza la nostra stessa vita! A quel “volemosebbene”, credo che si possa dare anche un altro senso e cioè facciamo cose…che non ci portano alla rovina … a vivere una vita inquinata, opera delle nostre mani, chiamata “dio nostro”, come è scritto in Osea! Camminiamo invece sulle sponde del torrente di Dio dove crescono “foglie come medicina” e che siano la nostra medicina, quella che guarisce noi e tutto ciò che si ammala per colpa nostra! Allora facciamo con Dio una cosa “nuova”, rispettandolo nelle sue scelte… UNA COSA NUOVA… Dio suggerisce! E credo che sia la conclusione più completa di questo mio intervento!
  • 30. “Così dice il Signore, che aprì una strada nel mare e un sentiero in mezzo ad acque possenti, che fece uscire carri e cavalli, esercito ed eroi a un tempo; essi giacciono morti, mai più si rialzeranno, si spensero come un lucignolo, sono estinti: “Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa. Mi glorificheranno le bestie selvatiche, sciacalli e struzzi, perché avrò fornito acqua al deserto, fiumi alla steppa, per dissetare il mio popolo, il mio eletto. Il popolo che io ho plasmato per me celebrerà le mie lodi”. Sentiamolo dal libro del profeta Isaìa:
  • 31. Quindi, nel creato, Dio è creatore e per la sua creatura, l’uomo, può fare “cose nuove, aprendo vie e sentieri nel mare e nelle acque impetuose” … se riconosce i propri limiti dell’essere creatura, altrimenti, il contrario significherebbe “estinguersi come l’esercito di eroi”, significherebbe non avere più “la fornitura di acqua nel deserto e fiumi nella steppa” , come è scritto in Isaia! L’uomo che si reputa e si mette al posto di Dio, non è e non sarà mai “creatore” nelle cose che riguardano solo Dio, se non della sua stessa estinzione per aver distrutto, con le sue “creazioni” di morte, “il giardino”, la terra che Dio, il creatore di tutto, gli ha dato in “prestito” e le cose prestate, vanno restituite come sono state date e cioè integre ed originali. Dio ce le ha prestate con l’unico “interesse”, che è quello della preservazione nell’utilizzo! Se distruggiamo…lo paghiamo a caro prezzo. Quello della “Vita” su questo pianeta-terra, chiamato “giardino”, dove l’uomo è stato posto da Dio per “abitarlo e coltivarlo”. Carlo Ambrosio Setti Ischia, 09 Marzo 2019.
  • 32. - Pietro Ciavarella, Genesi Esodo Levitico Numeri Deuteronomio, BE Edizioni, Firenze 2012. - Cantico delle creature: Fonti Francescane ( FF). - Anthologie du soufisme, Paris 1978. - Valerio Giacomini, Perché l'Ecologia, La Scuola, Brescia 1980. - Papa Francesco, Laudato si', Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo srl. - Flavio Cuniberto, Madonna povertà, Vicenza, Neri Pozza editore, 2016. - Tommaso da Celano, Vita prima di San Francesco, XXIX, 81: FF 460. - Tommaso da Celano, Vita seconda di San Francesco, CXXIV, 165: FF 750. - Catechismo della Chiesa Cattolica, 2416. - Romano Guardini, La fine dell’epoca moderna, 57- 58. - Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio (26 marzo 1967). - Gaudium et spes sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, 26. - A. Farina Verso una scienza del paesaggio, Alberto Perdisa Editore, Bologna 2004. Bibliografia: - V. Ingegnoli Bionomia del Paesaggio: l'ecologia del paesaggio biologico-integrata per la formazione di un "medico" dei sistemi ecologici. Springer-Verlag, Milano, 2011. - Marcello Morelli, Storia di Matera, Matera, F.lli Montemurro, 1971. - Francesco Paolo Volpe, Memorie storiche profane e religiose sulla città di Matera, Napoli, Simoniana, 1818. - Raffaele Castagna, Ischia nella tradizione greca e latina, Imagaenaria, 2002. - Giuseppe d'Ascia, Storia dell'Isola d'Ischia, Napoli, 1867. - Daniele Vinci, In giro per Ischia. Boschi, borghi, spiagge, sentieri, Imagaenaria, 2010. - David Abulafia, Il grande mare, Storia del Mediterraneo, traduzione di Luca Vanni, Milano, Mondadori. - Plinio il Vecchio, Naturalis historia - Cap. XVII. - Domenico Nasini, L'olio d'oliva nelle quotidianità delle genti mediterranee, è la Bibbia a ricordarcelo: da Teatro Naturale – 26/10/2018. - Mediterraneo, testo di Mogol e Mango. - Fragmenta, pagg. 308-13. - Sant’Agostino, De vera religione (39, 72-73).