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11.L’analisi e la valutazione dei periodi di recupero e della
variabilità fra compiti
Introduzione
E’ definibile come periodo di recupero quello in cui è presente una sostanziale inattività di uno o più
gruppi mio-tendinei altrimenti coinvolti nello svolgimento di precedenti azioni lavorative.
I periodi di recupero possono essere considerati:
a) le pause di lavoro, ufficiali e non, compresa la pausa per il pasto (laddove esistente ed
indipendentemente dalla sua formale collocazione o meno all’interno dell’orario di lavoro);
b) i periodi di svolgimento di compiti di lavoro che comportano il sostanziale riposo dei gruppi
muscolari impegnati in compiti precedenti (ad es. i compiti di controllo visivo o compiti svolti
alternativamente con uno solo dei due arti);
c) presenza di periodi, all’interno del ciclo, che comportano il completo riposo dei gruppi muscolari
altrimenti impegnati. Tali ultimi periodi (controllo, attesa, tempi passivi…), per essere considerati
significativi, devono essere regolari e protratti consecutivamente per almeno 10 secondi per minuto.
Ne discende che l’analisi dei periodi di recupero deve in primo luogo verificare se essi siano presenti (e
per quale durata e distribuzione) già all’interno del ciclo, per poi esaminare, più macroscopicamente, la
loro presenza, durata e frequenza nell’intero turno di lavoro.
Con la parziale eccezione dei tempi di recupero relativi ad azioni comportanti contrazione statiche
protratte (v. oltre), la descrizione/valutazione dei periodi di recupero dovrebbe basarsi su:
a) descrizione delle effettive sequenze dei compiti ripetitivi, dei lavori non ripetitivi e delle pause nel
turno;
b) frequenza e durata dei periodi di recupero nel ciclo (se esistono) e nel turno, siano essi ufficiali o
comunque rappresentino il comportamento effettivamente adottato da buona parte (“moda”) dei lavoratori.
Per ciò che concerne la valutazione dei periodi di recupero, non esistono in letteratura criteri univoci e
definiti: di grande rilievo in tal senso appare il contributo di Bystrom (1991), in cui si ipotizzano modelli
per il disegno di rapporti ottimali lavoro/riposo, laddove siano coinvolte azioni muscolari statiche
intermittenti (durata attorno ai 3-5 secondi).
Sono ancora carenti al contrario precisi orientamenti, scientificamente validati, relativi ai periodi di
recupero da attivare laddove si sia in presenza di azioni dinamiche ripetitive (cioè nella maggioranza dei
contesti lavorativi).
Una utile indicazione “empirica” al proposito proviene dall’esperienza Australiana rivolta alla
prevenzione delle Repetitive Strain Injuries (RSI). Un apposito draft della Health and Safety Commission
Australiana (Victorian Occ. HSH, 1988), stabilisce anzitutto che non possono essere considerati accettabili
periodi di lavoro con movimenti ripetitivi che si prolunghino, senza periodi di recupero, oltre i 60 minuti.
All’interno di questo ambito viene peraltro fornito un criterio generale per cui il rapporto tra tempo di
lavoro (con movimenti ripetitivi) e tempo di recupero deve risultare almeno di 5:1 (es.: 4:1 va bene, 10:1
non va bene). Un’indicazione del tutto simile è anche fornita in documenti redatti negli USA dall’ACGH
(ACGH, 2000) ove vengono raccomandate interruzioni di circa 10 minuti ogni ora per lavori manualmente
ripetitivi.
2
L’utilizzazione critica di questi due criteri guida, che appaiono del tutto condivisibili allo stato delle
conoscenze attuali e di altre ulteriori indicazioni di letteratura, consente una chiave di interpretazione dei
dati descrittivi raccolti circa la sequenza, durata e frequenza dei periodi di recupero relativi a cicli con
azioni prevalentemente dinamiche.
Valutazione dei tempi di recupero relativi a compiti svolti con azioni dinamiche.
Nel caso di lavori ripetitivi, i compiti le cui azioni tecniche sono per lo più costituite da movimenti (e
non da mantenimenti) sono ovviamente i più frequenti. Partendo dalle indicazioni sopraccitate, in caso di
lavoro ripetitivo, è consigliabile avere un periodo di recupero ogni 60 minuti con un rapporto di 5
(lavoro): 1 (recupero); ne deriva che il rapporto ottimale di distribuzione di lavoro ripetitivo e recupero è
di 50 minuti di lavoro ripetitivo e di 10 minuti di recupero (Tab. 1)
Periodo massimo (periodo di un ora) per un rapporto 5:1
50 min
LAVORO
10 min
rec.
50 min
LAVORO
10 min
rec.
50 min
LAVORO
10 min
rec.
ecc.
Periodo minimo (periodo di un minuto) per un rapporto 5:1
50 sec
LAVORO
10 sec
rec.
50 sec
LAVORO
10 sec
rec.
50 sec
LAVORO
10
secrec.
ecc.
Tab. 1 – Durate massime e minime all’interno del rapporto 5:1 fra tempo di lavoro ripetitivo e
tempo di recupero.
Sulla scorta di questa distribuzione ottimale è possibile costruire criteri per valutare e quindi
classificare secondo “punteggi”, in una situazione concreta, la presenza di rischio da carente o inadeguata
distribuzione dei tempi di recupero. E’ importante rimarcare che con tale procedura non si vuole imporre
l’adozione di tale ripartizione ottimale fra lavoro e recupero in tutte lavorazioni caratterizzate da compiti
ripetitivi: la sua adozione fornisce semplicemente un criterio per ottenere il miglior punteggio di rischio
per questo fattore.
Tale valutazione presuppone innanzitutto una corretta e precisa analisi del lavoro.
Per ricavare il punteggio è stata formulata una semplice procedura di analisi, che si basa sull’osservare,
una ad una, le singole ore che compongono il turno di lavoro e di verificare, per ciascuna di esse, se si
svolgono compiti ripetitivi e se vi sono inseriti adeguati periodi di recupero; si evidenzia che per le ore
precedenti l’eventuale pausa pasto e il fine turno, il periodo di recupero è determinato da questi due eventi.
Sulla base della presenza/assenza di tempi di recupero adeguati, all’interno di ciascuna ora di lavoro
ripetitivo analizzata, ognuna di esse verrà considerata rispettivamente “senza rischio” o “a rischio” (per
carenza di periodi di recupero). Il punteggio, nel metodo OCRA, per questo fattore, è determinato dal
numero totale di ore a rischio (in genere da 0 a 6). Più in particolare se all'interno di ogni ora di lavoro
ripetitivo il rapporto tempo di lavoro/tempo di recupero risulta da 5:1 fino a 6:1, l'ora è considerata senza
rischio (punteggio 0); se il rapporto è compreso fra 7:1 e 11:1 il punteggio è valutabile come 0,5. Per
rapporti lavoro/recupero superiori a 11:1 il fattore di rischio sarà 1 perché il rapporto è giudicato
insufficiente (Tab.2).
3
RAPPORTO FRA LAVORO E RECUPERO PUNTEGGIO DI RISCHIO CORRISPONDENTE
Da 5:1 a 6:1 (8-10 minuti) punteggio di rischio = 0
Fra 7:1 e 11:1 (5-7 minuti) punteggio di rischio = 0,5
Oltre 11:1 (meno di 5 minuti) Punteggio di rischio = 1
Tab. 2 – Punteggi di rischio relativi alla presenza, in un ora, di rapporti differenti fra durata di
lavoro ripetitivo e tempi di recupero.
Alcuni esempi applicativi
Verranno qui a seguito presentati alcuni esempi di diversa distribuzione di tempi di recupero e calcolati
i relativi punteggi.
Esempio.1
In Tab 3 viene riportato un esempio (Esempio 1) di distribuzione dei tempi di recupero in un turno
unico di 8 ore con una pausa mensa e 2 pause di 10 minutI , una al mattino e una nel pomeriggio.
Esempio 11.1
In un turno unico di 8 ore esiste una pausa mensa di 60 minuti (non inclusa nell’orario di lavoro) e due pause
di 10 minuti, con la seguente distribuzione oraria:
ORARIO DURATA IN MINUTI
INIZIO TURNO- FINE TURNO 8-17 480
PAUSA MENSA 12-13 60
PRIMA PAUSA 9,50 10
SECONDA PAUSA 14,50 15
10 min
pausa
pausa
pasto
10 min
pausa
1°h. 2°h 3°h. 4°h. 5°h. 6°h. 7°h. 8°h. 9°h.
A A A A A A A A
Tab.3 - Esempio 1:Orario di lavoro e distribuzione delle pause (le pause fisiologiche sono a fine ora).
ORA PRESENZA PAUSA RAPPORTO LAVORO/
RECUPERO
PUNTEGGIO
1° ORA no No ?1
2° ORA si 5:1 0
3° ORA no No ?1
4° ORA Ha come recupero la pausa pasto 0
5° ORA Si (pausa pasto) 0
6° ORA No ?1
7° ORA Si 5:1 0
8° ORA No No ?1
9° ORA Ha come recupero il fine lavoro 0
4
Tab. 4 - Esempio 1: calcolo del punteggio di carenza di tempi di recupero.
Il valore, nel metodo dell’indice OCRA, che sinteticamente può definire il rischio da carenza di
tempi di recupero, sarà in questo caso pari a 4. Tale valore esprime in quante ore nel turno di lavoro
non compare un sufficiente recupero (Tab. 4).
Qualora in un turno di 8 ore, interrotto da pausa mensa, non fossero presenti in assoluto altre pause,
si avrà un punteggio, massimo, pari a 6; infatti l’ora di lavoro seguita dalla pausa mensa, così come
l’ultima ora di lavoro nel turno, possono essere classificate “non a rischio” perché seguite da un
sufficiente periodo di recupero.
Esempio 2
Nel secondo esempio (Esempio 2) riportato in Tab5 si tratta sempre di un turno unico di 8 ore con
una pausa mensa e 2 pausa di 10 minuti, una al mattino e una nel pomeriggio: le 2 pause di 10 minuti
non cadono però a fine ora ma all’interno dell’ora.
Esempio 11.2
In un turno unico di 8 ore esiste una pausa mensa di 60 minuti (non inclusa nell’orario di lavoro) e due pause di
10 minuti, con la seguente distribuzione oraria:
ORARIO DURATA IN MINUTI
INIZIO TURNO- FINE TURNO 8-17 480
PAUSA MENSA 12-13 60
PRIMA PAUSA 9,40 10
SECONDA PAUSA 14,30 10
10 min
pausa
pausa
pasto
10 min
pausa
1°h. 2°h 3°h. 4°h. 5°h. 6°h. 7°h. 8°h. 9°h.
A A A A A A
Tab. 5 - Esempio 2: Orario di lavoro e distribuzione delle pause (le pause fisiologiche sono centrali
all’ora).
Anche se la pausa non è alla fine dell’ora, il punteggio finale non cambia e rimarrà anche in questo
caso uguale a 4.
La regola generale, indotta dalla necessità di semplificare l’attribuzione del punteggio, è quindi quella
di considerare presente un adeguato recupero, quando vi sia una pausa di lunghezza adeguata all’interno di
un’ora, indipendentemente dal punto in cui cada.
Esempio 3
Nel terzo esempio (Esempio 3) riportato in Tab. 6 si tratta, anche in questo caso, di un turno unico di 8
ore con una pausa mensa e 2 pause di 15 minuti, una al mattino e una nel pomeriggio che cadono
all’interno dell’ora.
Esempio 11.3
In un turno unico di 8 ore esiste una pausa mensa di 60 minuti (non inclusa nell’orario di lavoro) e due pause di
15 minuti, con la seguente distribuzione oraria:
ORARIO DURATA IN MINUTI
INIZIO TURNO- FINE TURNO 8-17 480
PAUSA MENSA 12-13 60
PRIMA PAUSA 9,40 15
5
SECONDA PAUSA 14,30 15
15 min
pausa
pausa
pasto
15 min
pausa
1°h. 2°h 3°h. 4°h. 5°h. 6°h. 7°h. 8°h. 9°h.
A A A A A A
Tab. 6 - Esempio 3: Orario di lavoro e distribuzione delle pause (le pause fisiologiche sono centrali
all’ora e durano 15 minuti).
Anche se le due pause sono di durata maggiore, il punteggio finale non cambia e rimarrà uguale a 4.
Un consiglio generale, per ridurre il rischio è quello di non accumulare i tempi di recupero in poche
pause, ma di distribuirle il più possibile all’interno del turno evitando di porre pause nell’ora prima della
mensa e nell’ultima ora di turno perché già coperte da adeguato recupero.
In questo caso, ben ridistribuendo le 2 pause di 15 minuti ciascuna, in 3 da 10 minuti (il tempo totale
delle pause non cambia), otterremmo una riduzione del punteggio di rischio di un punto e cioè da 4 a 3.
Esempio.4
Nel quarto esempio (Esempio 11.4) riportato in Tab.11.7 si tratta di un turno unico di 8 ore con una
pausa mensa e 2 pause di 20 minuti , una al mattino e una al pomeriggio che cadono a cavallo fra due ore.
Anche se le due pause sono di durata maggiore e sono a cavallo fra 2 ore di turno, il punteggio finale non
cambia e rimarrà anche in questo caso uguale a 4. Trattandosi infatti di pause di 20 minuti consecutivi non
possono essere considerate di adeguato recupero per entrambe le ore di turno a cui sono “a cavallo”, ma
solo per una.
Anche in questo caso, per ridurre il rischio è consigliabile non accumulare i tempi di recupero in poche
e lunghe pause: è invece conveniente distribuirle il più possibile all’interno del turno evitando sempre di
porre pause nell’ora prima della mensa e nell’ultima ora di turno perché già coperte da adeguato recupero.
Ben ridistribuendo le 2 pause di 20 minuti ciascuna, in 4 da 10 minuti (il tempo totale di pausa non
cambia), otterremmo una riduzione del punteggio di rischio di 2 punti e cioè da 4 a 2.
Esempio 11.4
In un turno unico di 8 ore esiste una pausa mensa di 60 minuti (non inclusa nell’orario di lavoro) e due pause
di 20 minuti, con la seguente distribuzione oraria:
ORARIO DURATA IN MINUTI
INIZIO TURNO- FINE TURNO 8-17 480
PAUSA MENSA 12-13 60
PRIMA PAUSA 9,50-10,10 20
SECONDA PAUSA 14,50-15,10 20
20 min pausa pausa
mensa
20 min pausa
1°h. 2°h 3°h. 4°h. 5°h. 6°h. 7°h. 8°h. 9°h.
A A A A
Tab7 - Esempio 4: Orario di lavoro e distribuzione delle pause (le pause fisiologiche sono a cavallo
fra un’ora e l’altra e durano 20 minuti).
6
Anche se le due pause sono di durata maggiore, il punteggio finale non cambia e rimarrà anche in
questo caso uguale a 4.
Esempio.5
Nel quinto esempio (Esempio 11.5) riportato in Tab.11.8 si tratta un turno di 8 ore con una pausa
mensa di 30 minuti inclusa nel turno e 2 pause di 10 minuti, una al mattino attaccata alla pausa mensa e
una nel pomeriggio proprio a fine turno.
Il punteggio di rischio di rischio si eleva da 4 a 6 in quanto la pausa attaccata alla pausa mensa (per
allungare il tempo di quest’ultima) viene di fatto conteggiata come un’unica pausa insieme alla mensa e
così la pausa a fine turno non riduce il punteggio di rischio in quanto l’ultima ora di lavoro è già
considerata “recuperata” dal fine turno.
Esempio 11.5
In un turno di 8 ore esiste una pausa mensa di 30 minuti (inclusa nell’orario di lavoro) e due pause di 10 minuti
una attaccata alla mensa e una a fine turno, con la seguente distribuzione oraria:
ORARIO DURATA IN MINUTI
INIZIO TURNO- FINE TURNO 6-14 480
PAUSA MENSA 10-10,30 30
PRIMA PAUSA 9,50-10 10
SECONDA PAUSA 13,50-14 10
10 min
pausa
pausa
mensa
10 min
pausa
1°h. 2°h 3°h. 4°h. 5°h. 6°h. 7°h. 8°h.
A A A A A A A
Tab. 8 – esempio 5: orario di lavoro e distribuzione delle pause (le pause fisiologiche sono una
attaccata alla mensa e una a fine turno).
Esempio 6
Il sesto esempio (Esempio 6) riportato in Tab9 affronta l’analisi di un compito in cui tempi di recupero
sono all’interno del ciclo.
Si abbia un ciclo di 60 secondi in cui per 50 secondi si svolgono azioni tecniche con movimenti
ripetitivi degli arti superiori (50 azioni tecniche in 50 secondi = 60 azioni/minuto) e per 10 secondi
consecutivi gli arti superiori sono in riposo (ad es.: in attesa della lavorazione effettuata dalla macchina). Il
compito viene eseguito per un turno di 6 ore senza altre pause.
1 CICLO
LAVORO RIPOSO
50 sec 10 sec
Tab. 9 - Esempio 6: esempio di ciclo con adeguata micropausa interna al ciclo stesso.
In questo caso si ha già all’interno del ciclo un rapporto 5:1 fra lavoro e tempo di recupero.
7
Pur in assenza di altre macropause nelle 6 ore di svolgimento del compito, la situazione appare
adeguata (almeno per gli arti superiori) per presenza di micropause (costanti per tutta la durata del turno)
di almeno 10 secondi consecutivi, con frequenza di almeno 1 v. al minuto in rapporto 5:1 tra tempo di
lavoro e tempo di riposo.
Si ricorda che i secondi di micropausa all’interno del ciclo, per essere considerabili come tempi di
recupero, devono essere consecutivi e ripetuti in modo costante per tutta la durata del compito: pertanto le
ore di lavoro caratterizzate da presenza di adeguate micropause saranno conteggiate come ore a rischio 0,
almeno per il fattore di rischio “tempi di recupero”.
Si evidenzia ancora in questo caso come i periodi consecutivi all’interno del ciclo, utilizzati come
periodi di recupero, vadano sottratti al tempo di ciclo totale (cadenza) come già determinato (vedi Cap.5 e
6) al fine di calcolare correttamente sia la frequenza di azione, con riferimento alla sola parte attiva del
ciclo, sia il tempo netto di lavoro ripetitivo.

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  • 1. 1 11.L’analisi e la valutazione dei periodi di recupero e della variabilità fra compiti Introduzione E’ definibile come periodo di recupero quello in cui è presente una sostanziale inattività di uno o più gruppi mio-tendinei altrimenti coinvolti nello svolgimento di precedenti azioni lavorative. I periodi di recupero possono essere considerati: a) le pause di lavoro, ufficiali e non, compresa la pausa per il pasto (laddove esistente ed indipendentemente dalla sua formale collocazione o meno all’interno dell’orario di lavoro); b) i periodi di svolgimento di compiti di lavoro che comportano il sostanziale riposo dei gruppi muscolari impegnati in compiti precedenti (ad es. i compiti di controllo visivo o compiti svolti alternativamente con uno solo dei due arti); c) presenza di periodi, all’interno del ciclo, che comportano il completo riposo dei gruppi muscolari altrimenti impegnati. Tali ultimi periodi (controllo, attesa, tempi passivi…), per essere considerati significativi, devono essere regolari e protratti consecutivamente per almeno 10 secondi per minuto. Ne discende che l’analisi dei periodi di recupero deve in primo luogo verificare se essi siano presenti (e per quale durata e distribuzione) già all’interno del ciclo, per poi esaminare, più macroscopicamente, la loro presenza, durata e frequenza nell’intero turno di lavoro. Con la parziale eccezione dei tempi di recupero relativi ad azioni comportanti contrazione statiche protratte (v. oltre), la descrizione/valutazione dei periodi di recupero dovrebbe basarsi su: a) descrizione delle effettive sequenze dei compiti ripetitivi, dei lavori non ripetitivi e delle pause nel turno; b) frequenza e durata dei periodi di recupero nel ciclo (se esistono) e nel turno, siano essi ufficiali o comunque rappresentino il comportamento effettivamente adottato da buona parte (“moda”) dei lavoratori. Per ciò che concerne la valutazione dei periodi di recupero, non esistono in letteratura criteri univoci e definiti: di grande rilievo in tal senso appare il contributo di Bystrom (1991), in cui si ipotizzano modelli per il disegno di rapporti ottimali lavoro/riposo, laddove siano coinvolte azioni muscolari statiche intermittenti (durata attorno ai 3-5 secondi). Sono ancora carenti al contrario precisi orientamenti, scientificamente validati, relativi ai periodi di recupero da attivare laddove si sia in presenza di azioni dinamiche ripetitive (cioè nella maggioranza dei contesti lavorativi). Una utile indicazione “empirica” al proposito proviene dall’esperienza Australiana rivolta alla prevenzione delle Repetitive Strain Injuries (RSI). Un apposito draft della Health and Safety Commission Australiana (Victorian Occ. HSH, 1988), stabilisce anzitutto che non possono essere considerati accettabili periodi di lavoro con movimenti ripetitivi che si prolunghino, senza periodi di recupero, oltre i 60 minuti. All’interno di questo ambito viene peraltro fornito un criterio generale per cui il rapporto tra tempo di lavoro (con movimenti ripetitivi) e tempo di recupero deve risultare almeno di 5:1 (es.: 4:1 va bene, 10:1 non va bene). Un’indicazione del tutto simile è anche fornita in documenti redatti negli USA dall’ACGH (ACGH, 2000) ove vengono raccomandate interruzioni di circa 10 minuti ogni ora per lavori manualmente ripetitivi.
  • 2. 2 L’utilizzazione critica di questi due criteri guida, che appaiono del tutto condivisibili allo stato delle conoscenze attuali e di altre ulteriori indicazioni di letteratura, consente una chiave di interpretazione dei dati descrittivi raccolti circa la sequenza, durata e frequenza dei periodi di recupero relativi a cicli con azioni prevalentemente dinamiche. Valutazione dei tempi di recupero relativi a compiti svolti con azioni dinamiche. Nel caso di lavori ripetitivi, i compiti le cui azioni tecniche sono per lo più costituite da movimenti (e non da mantenimenti) sono ovviamente i più frequenti. Partendo dalle indicazioni sopraccitate, in caso di lavoro ripetitivo, è consigliabile avere un periodo di recupero ogni 60 minuti con un rapporto di 5 (lavoro): 1 (recupero); ne deriva che il rapporto ottimale di distribuzione di lavoro ripetitivo e recupero è di 50 minuti di lavoro ripetitivo e di 10 minuti di recupero (Tab. 1) Periodo massimo (periodo di un ora) per un rapporto 5:1 50 min LAVORO 10 min rec. 50 min LAVORO 10 min rec. 50 min LAVORO 10 min rec. ecc. Periodo minimo (periodo di un minuto) per un rapporto 5:1 50 sec LAVORO 10 sec rec. 50 sec LAVORO 10 sec rec. 50 sec LAVORO 10 secrec. ecc. Tab. 1 – Durate massime e minime all’interno del rapporto 5:1 fra tempo di lavoro ripetitivo e tempo di recupero. Sulla scorta di questa distribuzione ottimale è possibile costruire criteri per valutare e quindi classificare secondo “punteggi”, in una situazione concreta, la presenza di rischio da carente o inadeguata distribuzione dei tempi di recupero. E’ importante rimarcare che con tale procedura non si vuole imporre l’adozione di tale ripartizione ottimale fra lavoro e recupero in tutte lavorazioni caratterizzate da compiti ripetitivi: la sua adozione fornisce semplicemente un criterio per ottenere il miglior punteggio di rischio per questo fattore. Tale valutazione presuppone innanzitutto una corretta e precisa analisi del lavoro. Per ricavare il punteggio è stata formulata una semplice procedura di analisi, che si basa sull’osservare, una ad una, le singole ore che compongono il turno di lavoro e di verificare, per ciascuna di esse, se si svolgono compiti ripetitivi e se vi sono inseriti adeguati periodi di recupero; si evidenzia che per le ore precedenti l’eventuale pausa pasto e il fine turno, il periodo di recupero è determinato da questi due eventi. Sulla base della presenza/assenza di tempi di recupero adeguati, all’interno di ciascuna ora di lavoro ripetitivo analizzata, ognuna di esse verrà considerata rispettivamente “senza rischio” o “a rischio” (per carenza di periodi di recupero). Il punteggio, nel metodo OCRA, per questo fattore, è determinato dal numero totale di ore a rischio (in genere da 0 a 6). Più in particolare se all'interno di ogni ora di lavoro ripetitivo il rapporto tempo di lavoro/tempo di recupero risulta da 5:1 fino a 6:1, l'ora è considerata senza rischio (punteggio 0); se il rapporto è compreso fra 7:1 e 11:1 il punteggio è valutabile come 0,5. Per rapporti lavoro/recupero superiori a 11:1 il fattore di rischio sarà 1 perché il rapporto è giudicato insufficiente (Tab.2).
  • 3. 3 RAPPORTO FRA LAVORO E RECUPERO PUNTEGGIO DI RISCHIO CORRISPONDENTE Da 5:1 a 6:1 (8-10 minuti) punteggio di rischio = 0 Fra 7:1 e 11:1 (5-7 minuti) punteggio di rischio = 0,5 Oltre 11:1 (meno di 5 minuti) Punteggio di rischio = 1 Tab. 2 – Punteggi di rischio relativi alla presenza, in un ora, di rapporti differenti fra durata di lavoro ripetitivo e tempi di recupero. Alcuni esempi applicativi Verranno qui a seguito presentati alcuni esempi di diversa distribuzione di tempi di recupero e calcolati i relativi punteggi. Esempio.1 In Tab 3 viene riportato un esempio (Esempio 1) di distribuzione dei tempi di recupero in un turno unico di 8 ore con una pausa mensa e 2 pause di 10 minutI , una al mattino e una nel pomeriggio. Esempio 11.1 In un turno unico di 8 ore esiste una pausa mensa di 60 minuti (non inclusa nell’orario di lavoro) e due pause di 10 minuti, con la seguente distribuzione oraria: ORARIO DURATA IN MINUTI INIZIO TURNO- FINE TURNO 8-17 480 PAUSA MENSA 12-13 60 PRIMA PAUSA 9,50 10 SECONDA PAUSA 14,50 15 10 min pausa pausa pasto 10 min pausa 1°h. 2°h 3°h. 4°h. 5°h. 6°h. 7°h. 8°h. 9°h. A A A A A A A A Tab.3 - Esempio 1:Orario di lavoro e distribuzione delle pause (le pause fisiologiche sono a fine ora). ORA PRESENZA PAUSA RAPPORTO LAVORO/ RECUPERO PUNTEGGIO 1° ORA no No ?1 2° ORA si 5:1 0 3° ORA no No ?1 4° ORA Ha come recupero la pausa pasto 0 5° ORA Si (pausa pasto) 0 6° ORA No ?1 7° ORA Si 5:1 0 8° ORA No No ?1 9° ORA Ha come recupero il fine lavoro 0
  • 4. 4 Tab. 4 - Esempio 1: calcolo del punteggio di carenza di tempi di recupero. Il valore, nel metodo dell’indice OCRA, che sinteticamente può definire il rischio da carenza di tempi di recupero, sarà in questo caso pari a 4. Tale valore esprime in quante ore nel turno di lavoro non compare un sufficiente recupero (Tab. 4). Qualora in un turno di 8 ore, interrotto da pausa mensa, non fossero presenti in assoluto altre pause, si avrà un punteggio, massimo, pari a 6; infatti l’ora di lavoro seguita dalla pausa mensa, così come l’ultima ora di lavoro nel turno, possono essere classificate “non a rischio” perché seguite da un sufficiente periodo di recupero. Esempio 2 Nel secondo esempio (Esempio 2) riportato in Tab5 si tratta sempre di un turno unico di 8 ore con una pausa mensa e 2 pausa di 10 minuti, una al mattino e una nel pomeriggio: le 2 pause di 10 minuti non cadono però a fine ora ma all’interno dell’ora. Esempio 11.2 In un turno unico di 8 ore esiste una pausa mensa di 60 minuti (non inclusa nell’orario di lavoro) e due pause di 10 minuti, con la seguente distribuzione oraria: ORARIO DURATA IN MINUTI INIZIO TURNO- FINE TURNO 8-17 480 PAUSA MENSA 12-13 60 PRIMA PAUSA 9,40 10 SECONDA PAUSA 14,30 10 10 min pausa pausa pasto 10 min pausa 1°h. 2°h 3°h. 4°h. 5°h. 6°h. 7°h. 8°h. 9°h. A A A A A A Tab. 5 - Esempio 2: Orario di lavoro e distribuzione delle pause (le pause fisiologiche sono centrali all’ora). Anche se la pausa non è alla fine dell’ora, il punteggio finale non cambia e rimarrà anche in questo caso uguale a 4. La regola generale, indotta dalla necessità di semplificare l’attribuzione del punteggio, è quindi quella di considerare presente un adeguato recupero, quando vi sia una pausa di lunghezza adeguata all’interno di un’ora, indipendentemente dal punto in cui cada. Esempio 3 Nel terzo esempio (Esempio 3) riportato in Tab. 6 si tratta, anche in questo caso, di un turno unico di 8 ore con una pausa mensa e 2 pause di 15 minuti, una al mattino e una nel pomeriggio che cadono all’interno dell’ora. Esempio 11.3 In un turno unico di 8 ore esiste una pausa mensa di 60 minuti (non inclusa nell’orario di lavoro) e due pause di 15 minuti, con la seguente distribuzione oraria: ORARIO DURATA IN MINUTI INIZIO TURNO- FINE TURNO 8-17 480 PAUSA MENSA 12-13 60 PRIMA PAUSA 9,40 15
  • 5. 5 SECONDA PAUSA 14,30 15 15 min pausa pausa pasto 15 min pausa 1°h. 2°h 3°h. 4°h. 5°h. 6°h. 7°h. 8°h. 9°h. A A A A A A Tab. 6 - Esempio 3: Orario di lavoro e distribuzione delle pause (le pause fisiologiche sono centrali all’ora e durano 15 minuti). Anche se le due pause sono di durata maggiore, il punteggio finale non cambia e rimarrà uguale a 4. Un consiglio generale, per ridurre il rischio è quello di non accumulare i tempi di recupero in poche pause, ma di distribuirle il più possibile all’interno del turno evitando di porre pause nell’ora prima della mensa e nell’ultima ora di turno perché già coperte da adeguato recupero. In questo caso, ben ridistribuendo le 2 pause di 15 minuti ciascuna, in 3 da 10 minuti (il tempo totale delle pause non cambia), otterremmo una riduzione del punteggio di rischio di un punto e cioè da 4 a 3. Esempio.4 Nel quarto esempio (Esempio 11.4) riportato in Tab.11.7 si tratta di un turno unico di 8 ore con una pausa mensa e 2 pause di 20 minuti , una al mattino e una al pomeriggio che cadono a cavallo fra due ore. Anche se le due pause sono di durata maggiore e sono a cavallo fra 2 ore di turno, il punteggio finale non cambia e rimarrà anche in questo caso uguale a 4. Trattandosi infatti di pause di 20 minuti consecutivi non possono essere considerate di adeguato recupero per entrambe le ore di turno a cui sono “a cavallo”, ma solo per una. Anche in questo caso, per ridurre il rischio è consigliabile non accumulare i tempi di recupero in poche e lunghe pause: è invece conveniente distribuirle il più possibile all’interno del turno evitando sempre di porre pause nell’ora prima della mensa e nell’ultima ora di turno perché già coperte da adeguato recupero. Ben ridistribuendo le 2 pause di 20 minuti ciascuna, in 4 da 10 minuti (il tempo totale di pausa non cambia), otterremmo una riduzione del punteggio di rischio di 2 punti e cioè da 4 a 2. Esempio 11.4 In un turno unico di 8 ore esiste una pausa mensa di 60 minuti (non inclusa nell’orario di lavoro) e due pause di 20 minuti, con la seguente distribuzione oraria: ORARIO DURATA IN MINUTI INIZIO TURNO- FINE TURNO 8-17 480 PAUSA MENSA 12-13 60 PRIMA PAUSA 9,50-10,10 20 SECONDA PAUSA 14,50-15,10 20 20 min pausa pausa mensa 20 min pausa 1°h. 2°h 3°h. 4°h. 5°h. 6°h. 7°h. 8°h. 9°h. A A A A Tab7 - Esempio 4: Orario di lavoro e distribuzione delle pause (le pause fisiologiche sono a cavallo fra un’ora e l’altra e durano 20 minuti).
  • 6. 6 Anche se le due pause sono di durata maggiore, il punteggio finale non cambia e rimarrà anche in questo caso uguale a 4. Esempio.5 Nel quinto esempio (Esempio 11.5) riportato in Tab.11.8 si tratta un turno di 8 ore con una pausa mensa di 30 minuti inclusa nel turno e 2 pause di 10 minuti, una al mattino attaccata alla pausa mensa e una nel pomeriggio proprio a fine turno. Il punteggio di rischio di rischio si eleva da 4 a 6 in quanto la pausa attaccata alla pausa mensa (per allungare il tempo di quest’ultima) viene di fatto conteggiata come un’unica pausa insieme alla mensa e così la pausa a fine turno non riduce il punteggio di rischio in quanto l’ultima ora di lavoro è già considerata “recuperata” dal fine turno. Esempio 11.5 In un turno di 8 ore esiste una pausa mensa di 30 minuti (inclusa nell’orario di lavoro) e due pause di 10 minuti una attaccata alla mensa e una a fine turno, con la seguente distribuzione oraria: ORARIO DURATA IN MINUTI INIZIO TURNO- FINE TURNO 6-14 480 PAUSA MENSA 10-10,30 30 PRIMA PAUSA 9,50-10 10 SECONDA PAUSA 13,50-14 10 10 min pausa pausa mensa 10 min pausa 1°h. 2°h 3°h. 4°h. 5°h. 6°h. 7°h. 8°h. A A A A A A A Tab. 8 – esempio 5: orario di lavoro e distribuzione delle pause (le pause fisiologiche sono una attaccata alla mensa e una a fine turno). Esempio 6 Il sesto esempio (Esempio 6) riportato in Tab9 affronta l’analisi di un compito in cui tempi di recupero sono all’interno del ciclo. Si abbia un ciclo di 60 secondi in cui per 50 secondi si svolgono azioni tecniche con movimenti ripetitivi degli arti superiori (50 azioni tecniche in 50 secondi = 60 azioni/minuto) e per 10 secondi consecutivi gli arti superiori sono in riposo (ad es.: in attesa della lavorazione effettuata dalla macchina). Il compito viene eseguito per un turno di 6 ore senza altre pause. 1 CICLO LAVORO RIPOSO 50 sec 10 sec Tab. 9 - Esempio 6: esempio di ciclo con adeguata micropausa interna al ciclo stesso. In questo caso si ha già all’interno del ciclo un rapporto 5:1 fra lavoro e tempo di recupero.
  • 7. 7 Pur in assenza di altre macropause nelle 6 ore di svolgimento del compito, la situazione appare adeguata (almeno per gli arti superiori) per presenza di micropause (costanti per tutta la durata del turno) di almeno 10 secondi consecutivi, con frequenza di almeno 1 v. al minuto in rapporto 5:1 tra tempo di lavoro e tempo di riposo. Si ricorda che i secondi di micropausa all’interno del ciclo, per essere considerabili come tempi di recupero, devono essere consecutivi e ripetuti in modo costante per tutta la durata del compito: pertanto le ore di lavoro caratterizzate da presenza di adeguate micropause saranno conteggiate come ore a rischio 0, almeno per il fattore di rischio “tempi di recupero”. Si evidenzia ancora in questo caso come i periodi consecutivi all’interno del ciclo, utilizzati come periodi di recupero, vadano sottratti al tempo di ciclo totale (cadenza) come già determinato (vedi Cap.5 e 6) al fine di calcolare correttamente sia la frequenza di azione, con riferimento alla sola parte attiva del ciclo, sia il tempo netto di lavoro ripetitivo.