Questo paper prende in analisi gli ultimi dati ufficiali disponibili e forniti dall’Agenzia delle Entrate, relativamente alle dichiarazioni dei redditi dell’anno 2012, concentrandosi sulle potenzialità ancora inespresse di questo strumento che, seppur contingentato nella cifra indicata di 400 milioni di euro (Legge di Stabilità 2014), è considerato fonte insostituibile di income per i potenziali destinatari. Inoltre, il paper propone una modalità di processo progettuale finalizzato a evitare, da un lato, aggressività nella sensibilizzazione e dall’altro, efficacia nel coinvolgimento.
Dal Fundraising alla Democrazia Partecipata. Il 5x1000 tra enti e territorio
1. DAL FUNDRAISING ALLA DEMOCRAZIA PARTECIPATA.
IL 5X1000 TRA ENTI E TERRITORIO
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DAL FUNDRAISING ALLA DEMOCRAZIA
PARTECIPATA.
IL 5X1000 TRA ENTI E TERRITORIO1
Premessa
Lavorando nel non profit e nel mondo della ricerca di base e applicata, abbiamo acquisito una certa
sensibilità nell’analizzare un tema cruciale per il funzionamento di questi due settori. Comprendere
il modo in cui funziona una raccolta fondi è determinante per assicurare sostenibilità e continuità
nel tempo a un progetto sociale o di ricerca. In questo paper, vorremmo fare alcune considerazioni
su una delle leve di fundraising più importanti, soprattutto per la portata della raccolta che può
produrre: il 5 per mille.
Il contributo si basa sull’analisi degli ultimi dati resi disponibili dall’Agenzia delle Entrate, cioè
quelli sull’anno fiscale 2012. Le riflessioni che proporremo sono riferite alle implicazioni strategiche
e comunicative derivanti dall’uso del 5 per mille per il fundraising di progetti di utilità sociale. Dopo
una disamina generale dei dati disponibili, ci concentriamo su un target preciso di beneficiari: i
comuni. Per quale motivo gli enti locali di primo livello non riescono a raccogliere in modo efficace
i fondi del 5 per mille? Nel rispondere a questa domanda, in chiusura del paper, proponiamo anche
una strategia per il coinvolgimento degli stakeholder territoriali, strategia che, se ben applicata,
potrebbe produrre un miglioramento delle capacità di raccolta dei comuni.
Il 5 per mille: è un bene che se ne parli una volta all’anno?
Alla data del 30 settembre 2014, secondo gli elenchi dell’Agenzia delle Entrate, sono 50.062 gli enti
registrati come potenziali destinatari del contributo. A riguardo, bisogna ricordare che la Legge di
stabilità 2014 fissa in un massimo di 400 milioni di euro il contributo complessivo erogabile. Un
grande numero di enti concorre, quindi, per un montepremi fisso, come in una specie di lotteria. Le
analogie con i concorsi a premi finiscono qui perché tra i soggetti beneficiari ci sono delle differenze
macroscopiche in termini di prestigio, strategie di comunicazione e quindi capacità di raccolta.
Sul fronte dei cittadini che usano il 5 per mille, invece, cosa sappiamo? Poco. Purtroppo non
esistono indagini estese sui contribuenti che scelgono di destinare la quota Irpef.
1 Il paper è il risultato della collaborazione tra Alfredo Borrelli
(Estrogeni), Daniela Girfatti (Estrogeni), Olivier La Rocca
(Europartners), Simone Arnaldi (Europartners), Gaetano Fasano
(Europartners), Gianfranco Zucca (Europartners).
Per informazioni:
a.borrelli@estrogeni.net
o.larocca@europartnersnetwork.eu
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Qualche informazione utile si può però ottenere consultando Google Trend, il principale sistema di
monitoraggio delle ricerche online. Questo strumento difatti permette di sapere il peso relativo di un
termine sul totale delle ricerche effettuate in un determinato periodo, in altre parole offre una
misura dell’interesse che gli utenti di internet hanno per uno specifico tema.
Se s’interroga Google Trend rispetto all’interesse per il 5 per mille, si nota un andamento ciclico che
ha i suoi picchi nel mese di maggio di ogni anno, ossia in corrispondenza del periodo appena
precedente la dichiarazione dei redditi (Figura 1).
FIGURA 1 – Andamento dell’interesse per il 5 per mille (2006-2014)2
Fonte: Google Trend
Questo andamento dipende dal fatto che le organizzazioni beneficiarie concentrano le proprie
campagne di sensibilizzazione nel periodo primaverile, mettendo in moto l’interesse del
contribuente in corrispondenza del momento in cui dovrà decidere a chi destinare la propria quota
di Irpef. È una strategia corretta perché si basa sull’idea della vicinanza temporale tra stimolo e
risposta. Le strategie sono molto differenziate e tendono a penetrare con tutti i mezzi possibili, in
buona dose diretti (mailing, email, sms, quando non attraverso lo stesso commercialista),
l’immaginario dell’utente.
Chiunque si occupi di comunicazione sociale e social marketing sa benissimo che oggi si è arrivati a
un livello di complessità e differenziazione notevole. Esistono strumenti tradizionali e non, esistono
cronologie ormai standardizzate, esistono posizionamenti ben precisi. Sempre per rimanere
nell’ambito del 5 per mille, grandi ong come Emergency e Medici Senza Frontiere hanno una
capacità di fundraising che dipende in larga parte dalle scelte di promozione e comunicazione.
Eppure esiste un momento dell’anno in cui almeno il campo di gioco è uguale per tutti e anche il
target potenziale. Paradossalmente, è il momento della non donazione. Ovvero il periodo dell’anno
in cui il contribuente può decidere di sostenere una causa, un’associazione, la comunità in cui vive
senza essere condizionato. Per cui la risposta alla domanda posta in apertura è no.
2. La figura rapporta il numero di ricerche web eseguite con un
termine specifico rispetto al numero totale di ricerche eseguite su
Google nel tempo. Non rappresentano valori assoluti di volume di
ricerca, perché i dati sono normalizzati e presentati su una scala
da 0 a 100. Ciascun punto sul grafico è diviso per il punto più alto
e moltiplicato per 100.
3. 3.211 2.876 2.457 2.047 1.870 1.452 1.416 1.395 1.381 1.281 993 755 595 351 266
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È un bene che si parli del 5 per mille una volta all’anno? Non è un bene, soprattutto per le
organizzazioni che non possono disporre di un’immagine forte e consolidata. Se ci si deve fare
spazio tra i big della raccolta fondi, non ci si può muovere in primavera ma occorre farlo prima.
Un fenomeno frammentato: enti pigliatutto e concentrazioni territoriali
Dall’analisi degli ultimi dati disponibili e relativi alle dichiarazioni dei redditi del 2012, circa il 46%
dei contribuenti italiani decide di indicare un ente a cui destinare il 5 per mille. L’ammontare
complessivo del contributo è stato pari a 393.191.234,61€, per un totale di 49.189 enti destinatari, a
questi vanno aggiunti poco meno di 2.000 enti che non hanno ricevuto alcuna indicazione. I primi
10 enti destinatari, di cui 5 appartenenti alla categoria Volontariato e 5 alla categoria Ricerca
(sanitaria e scientifica), sono stati scelti da 3.357.176 contribuenti (pari al 25% su un totale di
13.386.021) e hanno raccolto da soli 111.440.051€, pari al 28,3% del totale. Facendo una semplice
operazione aritmetica si nota che, esclusi i primi dieci enti, il contributo medio ricevuto è
decisamente esiguo: 5.729 euro. Questi dati evidenziano un elemento rilevante: un ristretto numero
di enti drena una quota significativa delle risorse disponibili mentre gli altri si dividono il resto,
frammentando estremamente le risorse.
Un altro elemento di frammentazione si riscontra considerando il territorio. Dal punto di vista
geografico, è la Lombardia la regione che esprime il maggior numero di enti destinatari. (grafico 1),
con quasi 10mila organizzazioni che hanno ricevuto un qualche contributo. Ci sono poi quattro
regioni che hanno più o meno lo stesso numero di enti beneficiari, circa 4mila: si tratta di Piemonte,
Emilia Romagna, Veneto e Lazio. È interessante notare come la prima regione abbia quasi il doppio
di enti della seconda. Poi ci sono Toscana, Sicilia e Campania con un numero di beneficiari
compreso tra 3.200 e 2.400. Con valori decrescenti si trovano tutte le altre regioni.
GRAFICO 1 – Enti destinatari del 5x1000 per regione
9.562
4.746 4.277 4.267 3.991
10.500
9.000
7.500
6.000
4.500
3.000
1.500
0
Fonte: elaborazione Estrogeni/Europartners su dati Agenzia delle Entrate
È evidente che il numero di enti, soprattutto se si considera la componente volontariato e onlus,
dipenda anche dal numero di abitanti. Se si mettono in correlazione queste due variabili (Grafico 2)
si nota che ci sono delle regioni in cui la correlazione è lineare: Lombardia, Toscana e Veneto sono i
principali esempi di una situazione nella quale all’aumentare della popolazione aumentano anche gli
enti beneficiari. Dal momento che il coefficiente di correlazione generale è molto elevato (0,84),
questa situazione riguarda la maggior parte delle regioni. Fatta eccezione per tre regioni meridionali
(evidenziate nel grafico con una linea tratteggiata): Puglia, Sicilia e soprattutto Campania, nelle quali
il numero di residenti non è correlato in modo netto con il numero di enti beneficiari.
4. Lombardia
R² = 0,84143
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
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GRAFICO 2 – Numero di residenti per enti beneficiari
Lazio Veneto
Emilia Romagna
Campania
Sicilia
Toscana
Puglia
Calabria
Marche
Sardegna
Abruzzo
Umbria Basilicata
Liguria Trentino Alto Adige
Friuli Venezia Giulia
Molise
Valle d'Aosta
11
10
9
8
7
6
5
4
3
2
1
0
Popolazione residente (Mln)
Enti beneficiari (x 1.000)
Fonte: elaborazione Estrogeni/Europartners su dati Agenzia delle Entrate
Piemonte
La tendenza dei dati è dunque chiara: la raccolta del 5 per mille finisce soprattutto in alcune regioni
e particolarmente in quelle che sono dotate di una rete di enti più densa. L’effetto popolazione è
valido per buona parte delle regioni, mentre si mitiga in alcune grandi regioni del Meridione.
Esiste una relazione tra capacità di raccolta e brand?
Il 5 per mille non è una donazione perché il contribuente destina una parte delle tasse, comunque
dovute all’erario, a un soggetto sociale che ritiene meritevole: se volessimo parafrasare pratiche
ormai tipiche del mondo anglosassone, questa modalità di allocazione fiscale potremmo definirla
revenue giving o social tax fee. Trattandosi, appunto, di una non donazione e quindi di una scelta
incondizionata e probabilmente eseguita per sincera condivisione di un progetto sociale, abbiamo
ritenuto utile misurare la social awareness dei primi 10 enti destinatari premiati dalle scelte degli
italiani del 2012. A riguardo è utile analizzare un primo indicatore, ossia il numero di fan su
Facebook (tabella 1).
TABELLA 1 – Primi 10 enti per entità della raccolta e fan su Facebook
Ente beneficiario Raccolta Fan FACEBOOK Euro*FAN
AIRC € 55.771.052,42 465.226 € 119,88
EMERGENCY € 10.360.132,05 814.123 € 12,73
FONDAZIONE PIEMONTESE RICERCA SUL CANCRO € 8.232.176,61 6.927 € 1.188,42
MEDICI SENZA FRONTIERE € 8.187.963,90 663.322 € 12,34
UNICEF € 5.364.214,54 226.756 € 23,66
AIL € 5.196.772,34 97.128 € 53,50
OSPEDALE SAN RAFFAELE € 5.189.526,28 11.605 € 447,18
FONDAZIONE UMBERTO VERONESI € 4.634.398,94 227.024 € 20,41
AISM € 4.629.573,94 61.299 € 75,52
ACLI € 3.874.240,06 3.138 € 1.234,62
Fonte: elaborazioni Estrogeni/Europartners su dati Agenzia delle Entrate e Facebook al 18 novembre 2014
Se si considerano i primi dieci enti per portata della raccolta fondi, si riscontrano situazioni molto
diverse. Da una parte ci sono organizzazioni come Emergency e Medici Senza Frontiere che hanno
un numero elevatissimo di fan (rispettivamente 814mila e 663mila), dall’altra ci sono invece
5. R2= 0,95
EMERGENCY
MEDICI SENZA
FRONTIERE
0 100 200 300 400 500 600 700 800 900
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organizzazioni che hanno pochissimi fan come le Acli (3mila) e la Fondazione Piemontese per la
ricerca sul cancro (quasi 7mila fan).
Rapportando il numero di fan all’entità della raccolta, si ottiene una stima della donazione media. I
fan su Facebook sono soggetti che seguono da vicino le attività dell’organizzazione e rappresentano
dei potenziali donatori, per cui non appare improprio stimare l’entità della donazione in questo
modo. Innanzitutto, si nota che per alcuni enti questo ragionamento conduce a risultati abbastanza
credibili: i fan di Emergency e Medici Senza Frontiere donerebbero circa 12 euro, quelli di Unicef 23
euro. Diverso è il discorso per le organizzazioni poco presenti su Facebook, come Acli e Fondazione
piemontese per la ricerca sul Cancro, le quali fanno registrare valori completamente fuori norma,
perché superiori ai mille euro. Questo semplice esercizio aritmetico evidenzia diverse strategie di
fundraising: ci sono organizzazioni che per la creazione di un legame con il potenziale donatore
puntano molto sui social e enti che, invece, usano altre strategie (ad esempio, nel caso delle Acli,
non è ininfluente nel determinare l’entità della raccolta il fatto che l’associazione disponga di un
CAF).
La correlazione tra presenza sui social ed entità della raccolta fondi è statisticamente molto forte:
0,95 (grafico 4). Per Emergency e Medici Senza Frontiere, il nesso è particolarmente solido mentre
per le altre organizzazioni considerate, fatta eccezione per UNICEF, il legame con i fan di Facebook
non influisce in modo significativo sulla capacità di attrarre il 5 per mille. A riguardo, è interessante
notare che Emergency, MSF e UNICEF sono organizzazioni che investono molto nella
comunicazione sociale: ad esempio, dedicando al 5 per mille un web site specifico all’interno del
quale gli utenti possono reperire tutte le informazioni relative alle modalità di impiego dei fondi.
GRAFICO 4 – Primi 10 enti per entità della raccolta e fan su Facebook×
UNICEF
OSPEDALE
SAN RAFFAELE
AIL
Fondazione
UMBERTO
VERONESI
AISM
$ 12
$ 10
$ 8
$ 6
$ 4
$ 2
$ 0
Raccollta fondi (Mln)
Fan su FACEBOOK (x1.000)
Fonte: elaborazioni Estrogeni/Europartners su dati Agenzia delle Entrate e Facebook al 18 novembre 2014,
× Sono stati esclusi AIRC, FONDAZIONE PIEMONTESE RICERCA SUL CANCRO e ACLI
Il grande assente: perché i comuni raccolgono solo una piccola parte dei fondi 5 per
mille?
Nonostante i tempi di spending review, le esigenze della comunità più prossima non vengono
sostenute dai contribuenti. Analizzando i dati del 2012, risulta che i Comuni hanno ricevuto solo il
16% delle scelte di destinazione del 5 per mille (614.370 scelte su 13.386.021). Se si analizzano i dati
relativi alla raccolta dei comuni (tabella 2), si nota che nel complesso la somma loro destinata è di
poco superiore ai 13 milioni di euro, con il picco ottenuto dai comuni lombardi che hanno
beneficiato di oltre 3 milioni di euro.
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TABELLA 2 – Indicatori raccolta 5 per mille comuni italiani
Regione Scelte Comuni Numero medio di
scelte per comune
Raccolta per scelte
espresse
Importo medio del
contributo
N N N euro euro
ABRUZZO 10697 305 35 188,982.56 619.6
BASILICATA 3601 131 27 53,259.98 406.6
BOLZANO 4672 116 40 138,275.49 1,192.0
CALABRIA 8557 409 21 136,336.59 333.3
CAMPANIA 33455 551 61 605,435.25 1,098.8
EMILIA
ROMAGNA 55831 348 160 1,202,216.37 3,454.6
FRIULI VENEZIA
GIULIA 31063 218 142 610,779.84 2,801.7
LAZIO 29721 378 79 810,749.64 2,144.8
LIGURIA 10955 235 47 265,747.15 1,130.8
LOMBARDIA 119698 1544 78 3,046,740.75 1,973.3
MARCHE 15739 239 66 280,636.94 1,174.2
MOLISE 2359 136 17 39,319.67 289.1
PIEMONTE 70416 1206 58 1,464,222.79 1,214.1
PUGLIA 20071 258 78 339,327.41 1,315.2
SARDEGNA 17265 377 46 334,924.60 888.4
SICILIA 24880 390 64 410,983.68 1,053.8
TOSCANA 23708 287 83 546,078.59 1,902.7
TRENTO 6223 217 29 136,754.62 630.2
UMBRIA 7656 92 83 144,870.95 1,574.7
VALLE D'AOSTA 2041 74 28 48,282.58 652.5
VENETO 115762 581 199 2,270,164.80 3,907.3
Totale 614370 8092 - 13,074,090.25 -
Fonte: elaborazioni Estrogeni/Europartners su dati Agenzia delle Entrate
Rapportando il contributo ricevuto al numero dei comuni si ottiene un importo medio decisamente
basso, con cifre che oscillano tra le poche centinaia di euro dei comuni meridionali e i 2.800 euro
della Lombardia o i 2.100 euro dei comuni laziali. Anche il numero medio di scelte per comune è
esiguo, si va dalle poche decine ad alcune centinaia. In generale, la capacità dei comuni di attrarre il
5 per mille appare molto limitata.
La tabella 3 aggiunge altri dettagli. I primi 10 comuni raccolgono in totale 1.329.610,54 euro, circa il
10% del totale destinato dai contribuenti; sono invece appena 39.725 i contribuenti che hanno deciso
di destinare il 5 per mille a un ente locale. Se si scorre la graduatoria, si nota che a prevalere sono le
aree metropolitane. Si sta sempre parlando di importi limitati: per una città come Roma, 371mila
euro non sono poi molti.
TABELLA 3 – Primi dieci comuni per importo della raccolta 5 per mille
Comune Importo della raccolta (euro)
1 ROMA 371.620,41
2 MILANO 295.515,30
3 TORINO 165.937,18
4 GENOVA 77.977,37
5 BOLOGNA 75.869,88
6 VENEZIA 74.415,58
7 SALERNO 70.186,55
8 NAPOLI 69.986,01
9 VERONA 65.762,64
10 FIRENZE 62.339,62
Fonte: elaborazioni Estrogeni/Europartners su dati Agenzia delle Entrate
A questa classifica, occorre aggiungere che il 65,5% dei comuni italiani ha raccolto tramite il 5 per
mille meno di 1.000 euro. Guardando i dati nel complesso, si delinea uno scenario nel quale i
comuni non sono in grado di realizzare una raccolta fondi efficace: anche nel caso dei grandi centri,
la capacità di attrazione risulta limitata.
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L’ente pubblico più vicino al cittadino, quindi, non riesce a presentarsi con la sufficiente credibilità
quale destinatario di risorse e forse, al di là delle relazioni e posizioni di carattere personale,
raramente è in grado di costruire politiche di marketing sociale finalizzate alla condivisione
trasparente di fabbisogni, azioni e rendicontazioni.
È molto probabile che questa difficoltà nasca da fattori quali la mancanza di fiducia da parte dei
cittadini. C’è un modo per invertire questa tendenza? I comuni possono innalzare la loro quota di
raccolta fondi, trovando risorse da destinare a progetti di utilità sociale?
Se si chiedesse ai cittadini anche di fare, oltre che dare?
In sempre più comuni, in Italia, è possibile vedere iniziative di progettazione partecipata, organizzate
da enti e associazioni del territorio in grado di avviare un percorso virtuoso di riavvicinamento tra
ente pubblico e cittadino. La progettazione partecipata è un metodo flessibile di presa e condivisione
di decisioni che riguardano un determinato territorio, utile alla comprensione di un processo in atto
ed efficace nell’indirizzare le prese di decisione, lo sviluppo di piani d’intervento e la soluzione dei
problemi. Si tratta di un servizio volto a rifondare un nuovo patto sociale in cui gli amministratori (i
decisori), i tecnici (i progettisti) e i cittadini (i destinatari) si fanno carico insieme delle sfide che
investono il proprio territorio.
L’obiettivo primario è quello di superare i consueti orientamenti assistenzialistici, ridurre la delega
alle istituzioni e accrescere l’iniziativa e la responsabilità dei cittadini.
Risultato non secondario è quindi la responsabilizzazione dei cittadini che genera senso di
appropriazione degli interventi ed empowerment.
La gestione dei processi partecipativi è molto spesso affidata a un facilitatore, il cui compito è quello
di stimolare il confronto e la collaborazione tra i diversi attori. L’estraneità del facilitatore è un
elemento fondamentale per produrre tra i partecipanti un senso di fiducia circa la sua imparzialità
nella direzione dei lavori e così creare ponti tra stakeholder, portatori di linguaggi e interessi
diversi3.
La presenza del facilitatore consente l’uso di tecniche di ascolto, ossia metodi che aiutano a capire
come i problemi sono percepiti dagli stakeholder e dai comuni cittadini (come ad esempio focus
group e brainstorming) e tecniche per l’interazione costruttiva, ossia metodi che aiutano i
partecipanti a interagire tra di loro e a produrre conclusioni utili (workshop tematici, laboratori di
quartiere, open space technology, animazioni creative PAPSA, goal oriented project planning,
laboratori progettuali, metaplan, analisi SWOT).
Molto spesso più che una pianificazione errata è la comunicazione sporadica o del tutto assente tra
gli attori e la difficoltà a percepirsi come parte comune di un progetto, a far fallire le iniziative degli
enti sul territorio. La sfida è nel rafforzare le relazioni e la cooperazione tra cittadini. Sotto questo
profilo, la progettazione partecipata è una strategia che, se sviluppata lungo tutto l’anno, potrebbe
portare dei risultati significativi, spingendo i cittadini a destinare la propria quota Irpef al comune di
appartenenza. Si tratterebbe di un conferimento di risorse il cui impiego è già definito poiché
durante tutto l’anno si è partecipato al percorso di progettazione degli interventi.
Motivare i cittadini a dare passa per la partecipazione ai processi e alle decisioni: non si può chiedere
un assegno in bianco, anche perché gli enti locali, come abbiamo visto, non hanno la credibilità e la
3. Questa figura ha le competenze per accompagnare i partecipanti
da una condizione di relativa passività alla presenza attiva ma
anche di gestire e valorizzare eventuali critiche,
monopolizzazioni, resistenze o prevaricazioni. Il facilitatore può
rispondere con competenza e abilità anche nella sfera del
sociale, della salute, dell’educazione degli adulti, della
formazione alla nuova cittadinanza; e ancora, dell’educazione
ambientale, dell’orientamento e delle diverse forme di peer
education; vale a dire nel community care.
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social awareness dei grandi enti non profit. Se si vogliono reperire risorse da destinare al territorio,
bisogna coinvolgere le persone, dare loro spazi di confronto e margini decisionali.
Volendo portare la proposta alle estreme conseguenze, esiste anche una via ancor più radicale. Cosa
accadrebbe se enti locali, organizzazioni non profit del territorio e cittadinanza formassero una
coalizione sociale che focalizza la propria attività su un progetto comune? Si può creare una
convergenza di interessi su una issue condivisa, sulla quale lavorare assieme?
Questa strada sarebbe premiante anche per la miriade di piccole organizzazioni della società civile
che scontano la stessa difficoltà dei comuni, ossia non hanno visibilità e capacità di comunicazione e
nella fase calda della raccolta fondi vengono sopravanzate dai big del fundraising.
Il 5 per mille, pur toccando il punto nodale delle risorse per il sociale, è allo stesso tempo un punto
di partenza per ragionamenti più ampi. La proposta di legare la destinazione del 5 per mille a
percorsi partecipativi chiama in causa l’idea di comunità che abbiamo. Oggi più di ieri, non si può
pensare al sociale come a una competenza di un ristretto novero di addetti ai lavori: comunità e
territorio sono sostantivi plurali che necessitano del contributo di tutti. I cittadini danno, i cittadini
fanno. Questo è più di uno slogan.