1. from ideation to business value
July
2017
InnoVision
Paper
Number
03
Le politiche per
l'innovazione
2. Indice
1. Introduzione
1.1 Un tema complesso
1.2 Un tema banalizzato e distorto
1.2.1 Le tecnologie come pietra filosofale
1.2.2 L’innovazione e le tecnologie come commodity
1.2.3 Lo story telling
1.2.4 Le startup
1.3 Un tema vitale e ineludibile
2. Gli snodi da affrontare
2.1 La velocità
2.2 Le competenze e l’organizzazione
2.2 La massa critica
2.4 Ecosistemi e alleanze
2.5 Il rapporto ricerca-impresa
2.6 Il senso dell’innovazione
3. Quali politiche per l’innovazione
3.1 La scuola come leva strategica
3.2 Lo sviluppo dimensionale delle imprese
3.3 Inversione dei prezzi relativi
3.4 Domanda e offerta di innovazione
3.4.1 La domanda pubblica
3.4.2 La domanda privata
3.4.3 La qualificazione dell’offerta
3.5 Finanziamenti in ricerca, vera
4. Una breve considerazione finale
3. Le politiche per l’innovazione
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1. Introduzione
Innovazione:unodiqueiterminidicuisicontinuaadiscutereinuncomplessointreccio
di speranze, aspettative, illusioni, retorica e anche interessi di parte. Ciò nonostante
l’innovazione è vitale e non possiamo farne a meno. Dobbiamo quindi parlarne
cercando di affrontare gli snodi critici in modo rigoroso, critico e intellettualmente
onesto, sviluppando un ragionamento su tre passaggi:
1. Una analisi critica della situazione.
2. L’identificazione degli snodi chiave da affrontare.
3. La formulazione di linee strategiche e proposte operative che definiscano nel
loro complesso convincenti politiche per l’innovazione.
1.1 Un tema complesso
Molti parlano di innovazione: chi la fa, chi la studia, chi la vende, chi la sfrutta, chi ne
beneficia e chi la comunica, ovviamente. Peraltro, se dovessimo qualitativamente
e quantitativamente correlare lo sforzo retorico e comunicativo dedicato
all’innovazione con gli effetti concreti sul paese, non potremmo non constatare un
impatto sostanzialmente insufficiente o comunque non corrispondente al livello di
aspettative, bisogni e speranze.
Perchè?
Tra le possibili cause, ne vedo due che mi paiono predominanti. La prima è una visione
distorta, carente e spesso nominalistica e ad effetto di cosa debba essere e in realtà
sia l’innovazione. La seconda è una percezione del tutto insufficiente della criticità
del tema e della sua rilevanza per lo sviluppo del paese. In altre parole, l’innovazione
è vissuta ad un estremo come un fenomeno superficiale e di moda e, dall’altro, come
irrilevante o comunque marginale rispetto ai destini della nostra società.
4. Le politiche per l’innovazione
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Èuntemacomplessoecometuttiitemicomplessièfontedicriticità
siaquandolosibanalizza,siaquandolosiignoraosenesminuiscono
valore e rilevanza.
1.2 Un tema banalizzato e distorto
L’innovazione è spesso banalizzata o discussa in modo distorto. In particolare, troppo
spesso ne abbiamo una visione unilaterale e parziale.
1.2.1 Le tecnologie come pietra filosofale
Per molti, troppi, innovare vuol dire adottare o sviluppare tecnologie. Indubbiamente,
ci sono innovazioni che sono technology-driven, cioè abilitate o costituite da
cambiamenti tecnologici, ma sono solo una parte del tutto. Per esempio, è indubbio
che il passaggio dal 4G al 5G sia un “push tecnologico” che costituisce di per se stesso
una innovazione significativa. Ma è assolutamente limitante – e lo dico da tecnologo–
immaginare che si innovi solo perché si sviluppa e/o adotta una nuova tecnologia.
Innovare vuol dire avere un impatto sulla società: creare e/o
migliorare una nuova tecnologia non produce automaticamente e
necessariamente un impatto.
1.2.2 L’innovazione e le tecnologie come commodity
Per altri, simmetricamente, le tecnologie sono commodity, un bene indifferenziato e
standardizzatochepuòessereadottatocomeunqualunquealtroprodottodiconsumo
quali, ad esempio, la corrente elettrica o un frigorifero.
Certamente,cisonotecnologieeinnovazionicherientranonelcampodellecommodity.
Due casi significativi:
L’elettronica di consumo e gran parte del mercato dei PC e dei dispositivi digitali
(per esempio, le memorie quali dischi e memorie USB).
La banda larga.
In generale, tuttavia, le tecnologie (specialmente molte tra quelle digitali) non sono
commodity in quanto a) sono complesse e b) per valorizzarle pienamente bisogna
capire come declinarle di volta in volta nei prodotti, processi e servizi di ciascuno
specifico settore della nostra società.
Non è un processo automatizzabile o meccanicistico.
5. Le politiche per l’innovazione
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Altrimenti perché mai le nostre “performance” come paese non sono comparabili
con quelle di altri? Se per incrementare ricavi e competitività bastasse “dotarsi” di
tecnologie evolute, quale irresponsabile non lo farebbe “right away”?
1.2.3 Lo story telling
È indubbio che per far crescere la consapevolezza dell’importanza dell’innovazione
sia necessario farne comprendere la valenza e le potenzialità a tutte le fasce della
popolazione. Per fare ciò, non basta limitarsi ad una enunciazione tecnico-economica:
è vitale che i benefici dell’innovazione siano visibili e percepibili da tutti. Ciò richiede
da un lato che le innovazioni siano utili e rilevanti per le persone e, dall’altro, che tutti
le conoscano e percepiscano come tali. Per questo è certamente utile ed importante
avere uno storytelling di qualità.
Tuttavia, se lo storytelling non è sostanziato da “vere” innovazioni
che abbiano un impatto concreto e benefico, sul medio-lungo
periodo esso non fa altro che incrementare delusione, disincanto e
anche avversione.
1.2.4 Le startup
Non c’è discussione, evento, convegno, articolo sull’innovazione che non metta al
centro il tema startup. Il tema è indubbiamente importante per una serie di motivi:
1. Le startup sono uno degli strumenti per generare e sviluppare innovazione.
Il nostro paese ha sempre sottovalutato o ignorato il tema e ciò costituisce
indubbiamente un freno alla crescita.
2. Esse sono anche un modo per valorizzare i nostri giovani e creare nuova
imprenditoria.
3. Infine, sono anche uno strumento per attrarre investimenti esteri e quindi
favorire in generale la crescita.
Tuttavia, per superficialità e anche per interessi di parte, il tema startup è stato
trasformato in una sorta di totem che ha monopolizzato e condizionato l’intero
dibattito sull’innovazione nel nostro paese.
Le startup non possono svilupparsi in assenza di una domanda di innovazione.
I primi clienti delle startup dovrebbero essere gli utenti e le imprese italiane.
Se mancano, tutto è più difficile. Le aziende italiane sono aperte all’innovazione
e alle startup?
Le startup devono divenire aziende vere, o perché riescono a svilupparsi come
entità autonome, oppure perché vengono acquisite. Questo secondo passaggio è
vitale, ed è vitale che avvenga grazie ad aziende italiane: qual è il vantaggio per
il paese se le migliori startup fossero sempre acquisite da aziende straniere o
comunque che non operano sul nostro territorio?
6. Le politiche per l’innovazione
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Lestartupnonrisolvonodasoleiproblemidisviluppodelpaese,négarantiscono
i posti di lavoro che devono essere creati per garantire adeguati livelli di vita a
tutti i nostri concittadini. Anzi, esse per prime hanno bisogno di imprese medio-
grandicheinnovanoechecreanol’humuspercrescere.Abbiamobisognoditante
startup, ma anche e soprattutto di aziende che abbiano le dimensioni, la cultura e
le risorse per innovare.
1.3 Un tema vitale e ineludibile
Se è indubbio che tante sono le distorsioni, aberrazioni e esagerazioni in tema di
innovazione, è altrettanto vero che non possiamo fare a meno di innovare, per due
principali motivazioni.
Il nostro paese non può competere se non innovando, anche nei settori più
tradizionali come la moda, il turismo, l’agroalimentare, negli anni abbiamo subito
diverse battute di arresto e arretramenti, illudendoci che il brand “Italia” potesse
da solo sostenerci nel confronto con gli altri paesi. Non è così: bisogna innovare
sia nell’offerta che nei processi che la sostengono.
Non è solo un bisogno dettato dall’economia. È grazie all’innovazione che si
migliora la qualità della vita delle persone e delle comunità.
Non esistono quindi scorciatoie o posizioni di comodo:
Dobbiamo innovare e dobbiamo farlo bene. Non farlo ci condanna
ad un inevitabile declino.
Quali sono quindi gli snodi da affrontare? E quali le politiche da mettere in campo?
7. Le politiche per l’innovazione
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2. Gli snodi da affrontare
Per spingere il paese sulla strada dell’innovazione è necessario considerare
una molteplicità di fattori e di temi. Nel seguito ne discuto alcuni che reputo
particolarmente importanti.
2.1 La velocità
Se è indubbio che operare in modo avventato e frettoloso di certo produce errori
anche tragici, è altrettanto certo che le “costanti di tempo” secondo le quali opera la
nostra società richiedono che si riscopra il senso dell’urgenza e della velocità. Non è
più pensabile essere solo dei follower, per di più lenti. Nella stragrande maggioranza
dei casi, se non si è attori veloci e agili dei processi economici e di innovazione non solo
si arretra, ma si perde anche la possibilità di essere follower efficaci.
2.2 Le competenze e l’organizzazione
I processi di innovazione sono complessi, sia per la loro natura intrinseca, sia perché
devono essere eseguiti in modo veloce e agile. La macchina aziendale deve quindi
svilupparsi di conseguenza, sia sul fronte delle strutture operative e dei processi, sia
per quanto riguarda le competenze. Se è vero che le tecnologie non sono commodity,
che i processi innovativi sono complessi, che la competizione è globale, allora servono
le migliori competenze che in modo multidisciplinare e coordinato sappiano garantire
l’anima e la spinta adeguata ai processi di innovazione.
2.3 La massa critica
Per anni ci siamo illusi del fatto che “piccolo è bello”. Abbiamo immaginato che l’essere
piccoli fosse sinonimo esclusivo di agilità e innovazione. Ora invece scopriamo che
per innovare servono competenze, capitali e risorse che spesso i piccoli non hanno.
Per di più, l’agilità non è più prerogativa esclusiva delle aziende medio-piccole: anche
8. Le politiche per l’innovazione
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imprese di dimensioni più grandi stanno abbracciando modelli e strumenti di lavoro
agili e quindi si comportano e operano sempre più come le nostre PMI. Anzi, spesso
l’essere piccoli rende difficile acquisire ed adottare metodi e tecniche che richiedono
investimenti iniziale significativi in capitale umano, formazione e tecnologie.
Il nostro tessuto economico è fatto da troppe aziende piccole
e micro. O le aziende italiane crescono, o imparano a mettersi
realmente in rete, oppure non saranno in grado di reggere la
competizione internazionale.
2.4 Ecosistemi e alleanze
Nessuna azienda può oggi crescere e svilupparsi da sola. In alcuni casi, l’impresa
è troppo piccola e ha bisogno di alleanze e sinergie. Ma il bisogno di connessioni e
alleanze si manifesta anche per le imprese più grandi. Nessuna azienda è in grado di
coprire in modo autonomo l’intera catena del valore nel proprio settore di mercato.
La cooperazione è essenziale. Ecco quindi che è vitale sviluppare ecosistemi e
alleanze. Si tratta di riscoprire e rinnovare i concetti di coopetition (cooperazione +
competizione), filiera e distretto che tanto hanno contribuito nel passato alla crescita
del nostro paese.
2.5 Il rapporto ricerca-impresa
Nessuna azienda ha al proprio interno le competenze e le capacità per innovare in
modo totalmente autonomo. Anche i giganti si alleano con università, centri di ricerca,
startup innovative.
È questo il senso vero di open innovation: non si tratta di andare alla
ricerca di innovazioni “open” nel senso di “gratuite e già pronte”; si
tratta di aprirsi al mondo esterno, assimilarne novità e conoscenze,
stabilire partnership e alleanze, sfruttare sinergie e ricchezze del
territorio.
Purtroppo, il successo di tanti imprenditori “familiari” ci ha illuso che si potesse
continuareadaveresuccessoeinnovare“incasa”,grazieall’intuizioneealleconoscenze
del singolo.
Non è più così.
9. Le politiche per l’innovazione
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2.6 Il senso dell’innovazione
Innovare non vuol dire semplicemente “fare cose nuove e sfiziose”; non vuole
nemmeno dire ascoltare i clienti o ottimizzare i propri processi. Nessuno chiese a
Steve Jobs l’iPhone. È stata la sua intuizione che lo ha portato a costruire la rivoluzione
degli smartphone.
Gli imprenditori italiani, gli uomini di marketing e dell’innovazione devono insieme
aggiornare e ripensare il concetto di innovazione. Devono imparare a conoscere
il cliente e non solo ad ascoltarlo; devono ripensare il senso e significato dei propri
prodotti e non semplicemente introdurre miglioramenti incrementali o di facciata;
devono interpretare i cambiamenti del mercato e della società e non semplicemente
produrre di più a costi più bassi; devono cogliere i bisogni latenti e i settori di mercato
negletti per innovare e attaccare i leader di mercato (come suggerisce Clayton
Christensen con la sua disruptive innovation).
Il tessuto imprenditoriale deve crescere anche e soprattutto dal
punto di vista culturale e di visione di lungo termine.
3. Quali politiche per l’innovazione
Alla luce di queste riflessioni, quali possono essere delle linee di politica per
l’innovazione sulle quali riflettere e operare? Provo a proporre alcuni stimoli che mi
auguro possano contribuire al dibattito sul tema.
3.1 La scuola come leva strategica
Per innovare servono persone curiose, competenti, di cultura. Queste virtù sono in
parte innate, ma in larga misura si acquisiscono nella famiglia e nelle scuole, a partire
dall’infanzia. Per questo è vitale investire in formazione, educazione, capitale umano.
10. Le politiche per l’innovazione
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Purtroppo, non è questo il percorso che si è seguito negli ultimi anni. È indubbio che,
come in altri settori della spesa pubblica, nella scuola italiana ci siano stati sprechi
e abusi, ma pensare di risolvere i problemi del paese semplicemente tagliando gli
investimenti in formazione (non sono solo spese!) non fa che farci avvitare sempre più
in una spirale suicida.
3.2 Lo sviluppo dimensionale delle imprese
Le imprese sono mediamente troppo piccole. È vero che la crescita dimensionale non
porta automaticamente alcun vantaggio, ma è indubbio che molte imprese piccole non
abbiano le risorse per innovare. Serve da un lato che ci siano incentivi all’aggregazione
e, dall’altro che si creino nuove forme di cooperazione tra imprese che superino i
distretti industriali di un tempo e puntino alla creazione di veri ecosistemi digitali,
centrati su processi operativi che sfruttino al meglio l’Information & Communication
Technology.
3.3 Inversione dei prezzi relativi
Come suggerisce da tempo1
Carlo Alberto Carnevale Maffè, più che puntare ad
una innovazione “definita e determinata” dall’alto o dalla politica, è necessario
creare le condizioni per cui sia conveniente innovare e costoso non farlo. Il tema è
particolarmente importante e critico nel campo dell’innovazione digitale, dove molti
sono gli alibi, i freni e le resistenze ad un reale cambiamento diffuso nelle imprese e
nella società in generale.
Per contrastare le resistenze e facilitare il cambiamento, Carnevale Maffè propone
una “inversione dei prezzi relativi per via fiscale”: l’analogico deve costare più del
digitale, ovunque, in tutti i processi. È indubbio che questa posizione, molto forte e
provocatoria, possa suscitare polemiche e anche legittime preoccupazioni: chi aiuterà
i piccoli nel passaggio al digitale? Chi li proteggerà dai grandi che sono già digitalizzati?
Certamente, sono temi complessi da affrontare e studiare in modo approfondito e
meditato, ma unicamente nell’ambito di un processo strategico deciso e convinto di
conversione al digitale. Altrimenti saremo sempre vincolati dal passato e incapaci di (o
troppo lenti nel) muoverci verso il futuro.
3.4 Domanda e offerta di innovazione
L’innovazione (digitale ma non solo) si può sviluppare solo in presenza di un mercato
evoluto e consapevole. Dovremmo usare il termine “maturo”, stando peraltro attenti a
non interpretarlo nel senso di “invecchiato”.
Quali fattori e elementi definiscono un mercato maturo, consapevole, evoluto?
Ovviamente due sono i corni del problema: la domanda e l’offerta di innovazione.
Inoltre, la domanda va ulteriormente analizzata da due punti di vista: la domanda
pubblica e quella privata.
1
Si veda per esempio qui: http://
nova.ilsole24ore.com/frontiere/
per-una-costituzione-economica-
digitale/
11. Le politiche per l’innovazione
InnoVision Paper - July 2017 10
3.4.1 La domanda pubblica
Benché la spesa in innovazione nel nostro paese non sia certamente in cima alle
classifiche internazionali, è superficiale e riduttivo ricondurre i problemi della scarsa
innovazione nelle nostre amministrazioni pubbliche ad un puro fatto economico.
Non basta aumentare la spesa: è vitale riqualificarla.
Per perseguire questo obiettivo è necessario agire su più direzioni che in questa sede
possono essere solo brevemente identificate:
1. Visione politica e commitment di medio-lungo periodo.
2. Riequilibrio dei poteri tra centro e periferia che garantisca coerenza e
convergenza degli investimenti.
3. Modelli di riferimento per l’innovazione (si pensi al piano triennale per
l’informatica nella pubblica amministrazione) che definiscano quadro di azione,
linee di sviluppo, stantard e strumenti di convergenza e integrazione.
4. Strumenti e processi di governance che consolidino i modelli di riferimento
e definiscano incentivi alla convergenza (e corrispondenti disincentivi alla
frammentazione e all’anarchia).
5. Competenze adeguate, sia a livello periferico che centrale, accompagnate da
corrispondenti strumenti di incentivazione e premialità.
6. Una revisione sostanziale degli strumenti di procurement in tema di innovazione
(codice degli appalti, CONSIP, centrali di acquisto) che punti a rendere
possibile e semplice acquisire nuove tecnologie e servizi (che spesso utilizzano
modelli di business e costo diversi da quelli tradizionali). A tale revisione deve
accompagnarsi anche un cambiamento nei criteri di aggiudicazione e gestione
delle gare: dobbiamo puntare alla qualità e non solo all’acquisizione al massimo
ribasso di prodotti considerati commodities.
7. Una revisione sostanziale del numero, ruolo e struttura delle società pubbliche
che si occupano di ICT e innovazione digitale.
3.4.2 La domanda privata
La domanda privata di innovazione è in crescita, ma nella esperienza quotidiana dello
scrivente risulta ancora inadeguata alle sfide poste dalla concorrenza internazionale.
Peraffrontareiltema,oltreaquantodiscussoinprecedenza,ènecessariofornirequegli
strumenti che invoglino e anzi spingano gli imprenditori a investire. In particolare, vi
sono alcune linee di azione da considerare:
Aumento della concorrenza e apertura dei mercati. Nulla incide sullo sviluppo
delle imprese più di una aperta e sana competizione.
12. Le politiche per l’innovazione
InnoVision Paper - July 2017 11
Incentivi automatici per stimolare ricerca e innovazione. Su questo tipo
di strumenti si è molto discusso in quanto secondo alcuni non sarebbero
particolarmente efficaci. Ma in un paese come il nostro, piagato da processi di
valutazione lunghi e incerti, l’unico modo per iniettare risorse e velocizzare i
processi è quello dei meccanismi automatici, come per l’appunto il credito di
imposta per gli investimenti in ricerca e innovazione.
Accelerazionedeiprocessidiinfrastrutturazione.Benchémoltosistiafacendoe
lasituazionesiainmiglioramento,ancoraoggiabbiamounritardoinfrastrutturale
per quanto riguarda la banda larga fissa e le reti di nuova generazione. Le aziende
non devono avere più alibi o vincoli nell’adottare le tecnologie della rete e del
web.
Rafforzamento degli strumenti per accelerare i processi di formazione nelle
imprese come ad esempio i master in alto apprendistato.
3.4.3 La qualificazione dell’offerta
L’offerta di innovazione deve anch’essa operare per facilitare e sostenere la crescita
del mercato. Troppo spesso sono le aziende dell’offerta che non sono in grado (o non
intendono) offrire e proporre innovazione, preferendo adattarsi a quanto richiesto dal
mercato o ad una pedissequa riproposizione di quanto concepito negli headquarters
delle multinazionali. È indubbio che non è possibile costringere la domanda ad
acquistare specifici prodotti e servizi. Ma è anche vero che, quando trova soluzioni
realmente convenienti, ritagliate sulla propria realtà, la domanda non è certo restia ad
investire. Si tratta di declinare sempre meglio l’offerta senza limitarsi a offrire “quel
che chiede il cliente”, ma proponendo innovazioni mirate che si basano sulla propria
“conoscenza del cliente” e del contesto specifico del mercato italiano.
3.5 Finanziamenti in ricerca, vera
La ricerca è essenziale, ma non in quanto produce risultati immediatamente riusabili
nelle imprese e nelle amministrazioni pubbliche. Al contrario, compito della ricerca è
duplice:
Creare il know-how che alimenta i processi di innovazione.
Creare il capitale umano che dovrà innervare tali processi.
Certamente, gli investimenti in ricerca sono di medio-lungo periodo e quindi gli
effetti non sono immediatamente visibili. Tuttavia, in assenza di questi investimenti
inevitabilmente si riduce sempre più la linfa vitale che alimenta tutta la macchina
dell’innovazione del paese.
Certamente, la ricerca italiana ha limiti e problemi che devono essere affrontati.
Peraltro, continua a fornire risultati di valore a dispetto di tanti interventi legislativi
che ne hanno ridotto i finanziamenti e complicato la gestione. È necessario ripensare
il ruolo della ricerca e dell’università non come luogo di spreco e spesa, ma come
investimento vitale per lo sviluppo culturale e sociale del paese.
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4. Una breve considerazione finale
Il tema dell’innovazione è vitale per il paese e richiede un impegno costante,
coerente, lungimirante e convinto di tutte le sue componenti, pubbliche e private.
Peraltro, tale impegno deve basarsi innanzi tutto su una chiara e matura visione del
tema dell’innovazione: promuoverla non è e non può essere una moda sostenuta da
una ristretta cerchia di addetti ai lavori. L’innovazione deve essere una dimensione
permanente e irrinunciabile di un paese moderno che voglia veramente migliorare e
arricchire la vita e il benessere di tutti i propri cittadini e delle realtà economiche e
sociali che essi animano.